Sottoporre se stessi a "trattamento crudele e degradante"

In un breve saggio, publicato da Meltemi nella raccolta Antropologia della violenza a cura di Fabio Dei, Talal Asad, professore di Antropologia alla City University of New York,

tratta del concetto moderno di crudeltà, con particolare riferimento all'articolo 5 della Dichiarazione universale dei diritti umani

In particolare Talal Asad si concentra sul

contrasto tra la condanna della crudeltà e la sua legittimazione in alcuni ambiti della modernità: da un lato quello della guerra [..] dall'altro l'ambito delle pratiche sadomasochiste [..] Ciò mostrerebbe, a suo parere, in che misura la proibizione di crudeltà e tortura sia sottodeterminata da una certa concezione (politica ed epistemica al tenpo stesso) di individuo e di civiltà, rispetto alla quale si definisce lo stesso significato della percezione del dolore, e se ne stabiliscono le quantità ammissibili.

Il discorso sulle quantità ammissibili di dolore, innescato dal recente dibattito sulla tortura nell'ambito filosofico e politico americano, si intreccia, nel saggio di Talal Asad, con l'inquietante esperienza del sadomasochismo.

Mentre la categoria di tortura è stata recentemente ampliata fino a includere i casi di inflizione di sofferenza di natura interamente o principalmente psicologica, essa è stata anche ristretta in modo da escludere alcuni casi in cui si infligge del dolore fisico in modo calcolato. Ciò conduce a contraddizioni, ma esiste un altro tipo di contraddizione nella moderna vita sociale: i moderni sono consapevoli che ci sono situazioni in cui l'esperienza negativa del dolore e quella positiva del piacere sono inseparabili.

Non esiste una definizione semplice e convenzionale di sadomasochismo consensuale, quella di Townsend, ripresa da Talal Asad, ha il pregio di essere molto generica:

Siccome penso che ogni tentativo di definire SM in un'unica frase sia in definitiva futile (o masochista), rinuncerò ad aggiungere una versione ulteriore al grande mucchio dell'inutile e inadeguata immondizia verbale. Invece propongo una breve lista di caratteristiche che mi sembrano presenti nella gran parte delle scene che classificherei come SM:
  1. Una relazione dominante-sottomesso;
  2. Dare e ricevere dolore come fatto piacevole per entrambe le parti;
  3. Fantasia e/o recita di ruoli da parte di uno od entrambi i partner;
  4. Una consapevole sottomissione di un partner all'altro (umiliazione);
  5. Alcune forme di coinvolgimento feticista;
  6. La rappresentazione di una o più interazioni ritualizzate (bondage, flagellazione, etc.).
Si noti che questo testo non parla di espressioni di dolore e tanto meno di giochi di ruolo convenzionali, ma di dolore patito e inflitto, in cui entrambi i partner, l'attivo e il passivo, agiscono di comune accordo. Perché il masochismo non è rifiutato da tutti i moderni che condannano il dolore come un'esperienza negativa?
Una possibile risposta è che non tutti confondono la distinzione tra il sadismo sfrenato e la subcultura sociale del feticismo consensuale. Pensare che nel sadomasochismo consensuale il "dominante" ha il potere e lo schiavo no, è come non riuscire a capire la differenza tra il teatro e la vita reale (McClintock, 1993, p.87)

L'idea di sadomasochismo consensuale introduce una contraddizione nella formulazione che è stata data dei diritti umani nella Dichiarazione universale del 1948

I criteri elencato nel testo sadomasochista riportato sopra sono interessanti perché si pongono in antitesi al quinto articolo della Dichiarazione universale dei diritti umani: Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizioni crudeli, inumane o degradanti. In questa norma non compare la precisazione a meno che le parti in questione non siano adulti consenzienti. Allo stesso modo e per la stessa ragione, un individuo non può consentire a essere venduto come schiavo, anche se per un periodo limitato, neanche se le parti coinvolte ritengono che la relazione di schiavitù abbia un interesse erotico.

Il principio liberale del consenso, e quindi della libera determinazione dell'individuo, come unico metro di valutazione dell'azione umana, relativizza inevitabilmente il giudizio etico.

Uno dei modi in cui i moderni tentano di risolvere questa contraddizione è quello di definire la crudeltà in relazione al principio dell'autonomia individuale che rappresenta la base necessaria della libera scelta. Ma se la nozione di trattamento crudele, inumano e degradante non può essere definita coerentemente senza far riferimento al principio di libertà individuale, essa si relativizza.
MP

Bibliografia

Talal Asad
- [2005] Tortura e trattamenti crudeli, inumani e degradanti, in Antropologia della violenza a cura di Fabio Dei, Roma, Meltemi, 2005
Larry Townsend
- [1989] The Leatherman's Handbook II, New York, Carlyle Communications, 1989
Anne McClintock
- [1993] Maid to Order: Commercial Fetishism and Gender Power , in Social Text, 11 (4), 1993