Agnostos theos
Omero Proietti apre l'introduzione all'edizione del carteggio Spinoza-Oldenburg, publicata da Quodlibet, con un rimando alla mirabile analisi
del Discorso areopagitico dell'apostolo Paolo, condotta da Eduard Norden nel libro Agnostos theos. Untersuchungen zur Formengeschicte religiöser Rede (1913).
Quasi ad aprire la sua analisi, Norden citava un brano del carteggio Spinoza-Oldenburg che implicava una radicale distinzione tra lostoicismodi Paolo e lostoicismodi Spinoza:
In lui infatti viviamo e ci muoviamo ed abbiamo il nostro essere(Atti, 17,28).Postulo Dio come causa immanente di tutte le cose; e, con Paolo, affermo che tutte le cose sono in Dio e si muovono in Dio, scriveva Spinoza (Ep. 21); egli dunque percepì l'influsso stoico, benché la conclusione panteistica, sicuramente estranea a Paolo, sia una sua aggiunta.
Attraverso una doppia paremphasis
il discorso paolino assorbirà il panteismo stoico e attraverso esso
penetrerà nei centri cittadini e nel cuore del potere romano dando luogo ad uno strano paradosso: l'imperatore romano che firmerànuovi decretidi persecuzione dei cristiani, sarà lo stesso che citerà -a se stesso- epistole paoline. Questo paradosso illustra però il modo, grandioso e complicato, attraverso il quale la theologia cristiana si è liberata, a poco a poco, della philosophia pagana.
Proietti si propone, invece, attraverso una puntuale analisi delle criptocitazioni stoiche celate nel carteggio Spinoza-Oldenburg, di seguire il percorso inverso, cioè mostrare:
il modo in cui, secoli più tardi, Spinoza partirà dal panteismo stoico di Paolo, per liberare la filosofia dalla teologia cristiana.
Il capovolgimento di prospettiva operato da Spinoza è così riassunto
Spinoza riprende ildio ignotodi Paolo per espungerne il nucleo cristiano. Il panteismo stoico, la predestinazione, il volontarismo che Spinoza aveva assunto con le sue ripetute citazioni paoline si manifestano ora, apertamente, come fatalis necessitas, concatenatio causarum, fatum: conoscibilità integrale della realtà che esclude il supra rationem, il mistero, il nucleo centrale della predicazione cristiana. Dichiarando allegorico ciò che gli apostoli intendevano come letterale, il filosofo invade il terreno della teologia, abbandona quella interpretazione ex ipsa scriptura, che avrebbe significato l'accoglimento del contra rationem.
Ma, i testi dello stoicismo latino
sono adoperati da Spinoza anche in funzione di un obiettivo più alto: trarre dalle mitologiche narrazioni della Scrittura una ragione.
Quasi ad ogni pagina del Tractatus theologico-politicus sono operanti formule sospensive del materiale mitico-religioso della Scrittura (unusquisque de iis, quicquid velit, sentire potest;perinde est, quicquid de his unusquisque statuerit;[de iis] prorsus non loqui, neque ea negare). Formule che Spinoza, per sua stessa ammissione [TTP VI, G III, 96] desume dalle Antiquitates di Flavio Giuseppe, ben sapendo che questa prassidemitizzanteè stata codificata nel Quomodo historia sit scribenda di Luciano di Samosata.
Applicando queste formule, Spinoza può ricavare dai duetestamentiilmessaggio centraledella Scrittura: i precetti di giustizia e carità. Dunque un'ortoprassi scritturalmente fondata, grazie alla quale il sapiens e l'ignarus possono convivere e riconoscersi reciprocamente.
Qui mi fermo, poiché non sono in grado di tenere il passo della felice erudizione dell'autore.
Bibliografia
- Omero Proietti
- - Agnostos theos. Il carteggio Spinoza-Oldenburg (1675-1676). Testo originale, traduzione italiana, commento storico-filologico del carteggio, seguito da Gottfried Wilhelm Leibniz Note al carteggio Spinoza-Oldenburg, Quodlibet, Macerata, 2006
- Eduard Norden
- - Dio Ignoto. Ricerche sulla storia della forma del discorso religioso, tr. Chiara Ombretta Tommasi Moreschini, Morcelliana, Brescia, 2002