La massima morale

1. Massime, proverbi, sentenze, aforismi

Il libro di Corrado Rosso, da cui trarrò alcuni spunti, si occupa di un genere letterario apparentemente desueto: la massima morale

Se l'uso di massime, sentenze, proverbi ecc., è antico quanto il mondo, il significato che noi oggi diamo al termine massima è condizionato dall'opera di François duc de La Rochefoucauld che ha fatto della maxime la massima morale per eccellenza così da rendere incompatibili altri significati, stabilendo inoltre i termini di un genere letterario che avrà grande fortuna.

È nota l'origine giuridica del termine (maxima sententia) implicante l'universalità d'una legge o principio giuridico: in questo senso la massima è un assioma giuridico, e non si può non sottoscrivere quanto osserva Margot Kruse al riguardo, che cioè non v'è rapporto fra questo significato e quello che assume la massima nell'opera dei moralisti.

Definire esattamente la maxime è difficile per i suoi confini poco definiti con tutte le forme di scrittura che riducono il testo ad una sintesi dotata di senso: le sentenze, gli aforismi, gli apoftegmi, gli adagia, i proverbi, le riflessioni, i frammenti, i pensieri. Lo stesso La Rochefoucauld, come intende anche Corrado Rosso, sembra voler attribuire ai lettori la responsabilità della scelta della parola adatta a definire il contenuto del suo libro:

Les Réflexions, ou si vous voulez, les Maximes et les Sentences, comme le monde a nommé celles-ci...

2. La massima tende al nulla

La massima non è il koan, ma, come il koan, tende al nulla.

La massima può anche non contenere nulla

Ciò avviene attraverso la riduzione del testo all'essenziale.

Con ciò non vogliamo alludere soltanto al procedimento stilistico della réduction che si constata nella costruzione delle Maximes di La Rochefoucauld (réduction di un'esperienza profonda o anche solo di un commérage, oppure di precedenti formulazioni delle stesse massime) ma alla coscienza precisa della necessità di tale réduction intesa come ineluttabile movimento verso l'essenziale.

3. Ipotesi sulla genesi delle massime.

Vauvenargues ci dice, con quella che forse è la più citata (e sfruttata) delle sue massime che les grandes pensées vengono dal cœur.

Ciò ci induce a pensare, fin da subito, che l'origine della massima, in apparenza astratta espressione dell'intelletto, non sia del tutto razionale. Corrado Rosso cita a questo proposito un brano del giudizio di Vauvenargues su La Rochefoucauld di cui noi riprendiamo solo la parte che si riallaccia alle saillies.

Cet illustre auteur mérite, d'ailleurs, de grandes louanges, pour avoir été, en quelque sorte, l'inventeur du genre d'écrire qu'il a choisi. J'ose dire que cette manière hardie d'exprimer, brièvement et sans liaison, de grandes pensées, a quelque chose de bien élevé. Les esprit timides ne sont pas capables de passer ainsi, sans gradation et sans milieu, d'une idée à une autre; l'auteur des Maximes les étonne par les grandes démarches de son jugement...

La saillie è definita nei dizionari come un'uscita impetuosa, un trabocco, ma anche una sporgenza; in senso figurato un motto, una boutade. Evidente l'analogia logica con la pointe, l'agudeza, l'arguzia. Vauvenargues ne dà la seguente definizione:

Le mot de saillie vient de sauter, avoir de saillies, c'est passer sans gradation d'une idée à une autre qui peut s'y allier; c'est saisir les rapports des choses les plus éloignées, ce qui demande sans doute de la vivacité et un esprit agile.

Per Vauvenargues

La saillie risulta allora la stessa spontaneità dello spirito, il suo slancio, la sua più alta ed espansiva vitalità in tutte le sue operazioni: cade perciò ogni distinzione fra ragione e sentimento, perché, come vi sono saillies d'immagination, vi sono saillies de réflexion e persino de mémoire.

la creazione delle massime come saillies dipenderebbe da un procedimento analogico e metaforico, che si svolge all'interno della mente dell'autore (e non sappiamo fino a che punto in modo cosciente). La metafora risulterebbe allora l'ordine misterioso e profondo che sottende un insieme di massime, quando si può ricorrere a questo tipo di ordine. [..] Allora non soltanto le massime in sé stesse risultano creazioni spontanee, ma la celata metafora che le sottende s'affonda in un inconscio dove la ragione non giunge.

Dopo aver interrogato Vauvenargues, Corrado Rosso si rivolge ai più recenti studi di F. Schalk, F. H. Mautner, H. U. Asemissen e Margot Kruse sulla natura della scrittura aforistica, per poi concludere semplicemente:

Ai fini della nostra indagine, un risultato parziale e provisorio ma - ci sembra - non trascurabile, potrà essere questo: soltanto una visione superficiale può permettere di trattare (e di denigrare) la massima come un genere astratto, intellettualistico e conservatore: da La Rochefoucauld, a Vauvenargues, agli studiosi d'oggi, il carattere spontaneo, aggressivo, irrazionale, occasionale, della massima è considerato altrettanto essenziale quanto quello logico-riflesso.

4. Come leggere un libro di massime?

Come leggere un libro di massime? Sembra che il discorso articolato in brevi frammenti abbia il vantaggio di essere letto per intero, perché non avviene che il lettore, trascurando l'accessorio, corra all'essenziale
Roland Barthes fa notare che due sono i modi in cui le massime possono venir lette: aprendo il libro a caso, o leggendolo di seguito. La prima lettura non è completa, è saltuaria, ma presenta il vantaggio di adattarsi, come per miracolo, alla nostra disponibilità, e alle nostre esigenze spirituali del momento: è una lettura vissuta, che fa della massima un pour-moi; l'altro tipo di lettura è continuo, ma allora le massime non ci concernono, si allontanano da noi: la massimo diviene un pour-soi
Sugli altri libri, il libro di massime, per la sua struttura libera, sembra aver il vantaggio di non esigere uno sforzo continuato da parte del lettore, che può interrompere la lettura quando crede, e riprenderla senza tener conto d'un nesso di sviluppo.

L'idea che il libro di massime sia più facile da leggere è fallace. Mentre un'argomentazione distesa si può riassumere, elidendo le parti che non sono essenziali al ragionamento, in un libro di massime non si sa dove sia il centro del discorso, forse non lo sa neppure l'autore del libro, certamente non lo sa il lettore e quindi nulla nel discorso può essere tralasciato senza correre il rischio di non capire nulla di ciò che si legge.

5. La Maxime in Proust

Non necessariamente la massima si presenta come un testo isolato, ma può essere inserita, incapsulata si direbbe oggi, in un testo che la contiene.

L'autore più continuo della letteratura francese moderna, Proust, rivela notevoli scansioni aforistiche.
MP

Bibliografia

Corrado Rosso
- «La Maxime». Saggi per una tipologia critica, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1968 [Bologna, Il mulino , 2001]
- Virtù e critica della virtù nei moralisti francesi, La Rochefoucauld, La Bruyère, Vauvenargues, Edizioni di Filosofia, Torino, 1964
- Moralisti del bonheur, Edizioni di Filosofia, Torino, 1954
- Montesquieu moralista, dalle leggi al bonheur, Libreria Goliardica, Pisa, 1965