La società del rancore

La parola ressentiment compare la prima volta nell'opera Dialogue du Français et du Savoysien del 1593, associato al malcontento della nobiltà ereditaria nei confronti della nuova nobiltà (pecuniaria) di origine borghese.

Le ressentiment de la douleur qu'ils (les princes) avoyent de se voir ainsi mesprisez (par le roi) pour donner lustre à l'agrandissement de ces nouveaux venus

Quindi, storicamente, l'origine del concetto di risentimento, è utile notarlo, proviene dalla parte di chi ha e (venendo declassato) si sente privato di qualcosa che possedeva. In un dizionario ottocentesco trovo uno slittamento di senso:

Ressentiment, faible renouvellement d'un mal ou d'une douleur qu'on a eue. Lorsqu'on l'emploie absolument, il signifie toujours souvenir des injures, et désir de vengeance.

In italiano ressentiment viene tradotto, ricalcando il francese, con risentimento. Quando sia inteso nell'accezione di sentimento, si può usare anche la parola rancore.

Con la Genealogia della morale il ressentiment diventa un sentimento costitutivo della soggettività.

la genesi e le implicazioni di questo sentimento sono state esplorate per la prima volta, con chiarezza per molti versi ineguagliata, nel 1887 dal grande filosofo tedesco Friedrich Nietzsche. [..] fino ad allora il termine costituiva un semplice sinonimo di 'sentimento' o si limitava a indicare una modalità rinforzata del sentire. Da Nietzsche in poi la parola ha aquisito il significato che siamo soliti attribuirle oggi: un desiderio di vendetta inappagato che si radica negli strati più profondi della personalità.

Il risentimento sociale

Il libro Identità e gerarchia Stefano Tomelleri offre numerosi spunti di interesse sull'argomento. Cercherò di evidenziarne uno.

All'origine del risentimento negli individui così come nei gruppi sociali si trova sempre una ferita, una violenza subita, un affronto, un trauma. Colui che si sente vittima non può reagire per impotenza. Egli rumina la sua vendetta che non può eseguire e che lo tormenta senza tregua. Fino a esplodere.

Il risentimento è la condizione sentimentale di chi ha per lungo tempo desiderato, ma che non ha potuto realizzare, e sente che non potrà mai realizzare, quanto aveva immaginato. Lo si ritrova nei volti di tanti poveri, che vivono ai margini della ricchezza e vorrebbero partecipare al banchetto del benessere. Negli uomini mediocri e opportunisti, sempre pronti a puntare il dito contro qualche ingiustizia subita, a incolpare gli altri delle loro impotenze e dei loro limiti. Ma si trova soprattutto nello sguardo degli individui più ambiziosi e più competitivi. In coloro che avrebbero voluto onori e potere a qualunque costo, ma che si devono accontentare di essere come gli altri uomini.

L'idea che il risentimento sia la traccia emotiva sottostante a una crisi avanzata e radicale di relazioni sociali individualistiche e ultracompetitive, che porta con sé differenti possibilità di autoregolazione sociale, è forse l'assi di ricerca principale di questo studio

Risentimento equiparato a frustrazione

Alla base della ricerca sta una considerazione sociologica di ordine generale, già formulata da Max Scheler e un seguito ripresa da Ulrich Beck, Zygmunt Bauman, Anthony Giddens, per cui la società tardo-moderna è egualitaria sul piano dei valori proclamati, ma fortemente disuguale, non solo sul piano delle differenze di potere e di accesso alle risorse materiali. L'ipotesi è che la genesi del risentimento sia dovuta al divario sempre maggiore tra desideri egualitari, tra loro fittamente concorrenziali, e disuguaglianze sociali strutturali crescenti; ovvero a un sentimento diffuso di frustrazione al quale i dispositivi tradizionali e moderni di regolazione non riescono a far fronte efficacemente.

è la crisi che produce il risentimento o la crisi non esiste ed è frutto della mancata regolazione del risentimento

L'ipotesi di questo libro è che la ragione profonda dell'attuale sentimento di crisi endemica sia da ricercare nell'inefficacia dei dispositivi moderni di autoregolazione del risentimento.

diffusione di desideri senza limiti??

Il dilagare tardo-moderno della concorrenza in ogni ambito e la concomitante perdita delle rassicuranti tutele sociali del passato hanno causato un'accelerazione delle spinte disgreganti del risentimento. Le condizioni dell'agire sociale, strutturale e culturale, acuiscono gli effetti della disgregazione operata dalla diffusione di desideri senza limiti, che si scontrano con le crescenti disuguaglianze di opportunità, alimentando un sentimento di generale incertezza.

Interessante antitesi tra competizione e gerarchia. La competizione è essenzialmente una competizione per la posizione gerarchica.

La diffusione della competizione induce una perdita della gerarchia, intesa come senso del limite tra ciò che è socialmente lecito aspettarsi, fare o pretendere, e ciò che non lo è.

si diffondono relazioni sociali simultaneamente concorrenziali e disuguali, dove nessuno può avere la garanzia futura di riuscire ad appagare i propri desideri e dove, sebbene tutti concorrano, non tutti lo fanno allo stesso modo e con le stesse opportunità. [..] In questo quadro sempre più individui, a torto o a ragione, si sentono impediti o paralizzati nelle loro aspirazioni, ostacolati nel realizzare i loro obiettivi più consueti. La competizione esasperata, in un contesto di forti disparità, aumenta le incertezze nella valutazione di ogni opzione

Possiederà la massima carica del risentimento una società in cui i diritti politici e di altro genere pressoché uguali unitamente ad una parità sociale formale publicamente riconosciuta vadano di pari passo con grandi differenze di potere di fatto, di possesso effettivo di beni e di effettiva formazione culturale.

Il risentimento, figlio dell'egualitarismo da un lato e della libera concorrenza dall'altro, è dunque inseparabile dall'insieme di valori e principi che chiamiamo democratici.

Anche se alla base delle rivendicazioni di giustizia sociale esiste l'insidia del risentimento, ciò non significa automaticamente che ogni richiesta di giustizia sociale perda di legittimità.
MP

Bibliografia

Stefano Tomelleri
- Identità e gerarchia. Per una sociologia del risentimento, Carocci, Roma, 2009
- La società del risentimento, Edizioni Homeless Book, Faenza, 2013