Divenire una benedizione

Ho davanti ai miei occhi - per citare le parole di Agamben a pagina 144 del volume collettaneo a cura di Belpoliti e Manera dedicato a Furio Jesi -

una traduzione della Haggada che viene letta dagli ebrei durante il Séder, il pasto rituale che si celebra nelle prime due sere della festa di Pessach. Ogni gesto e ogni parola dei partecipanti, come ogni elemento del pasto - dalle Matzot, le azzime che ricordano la fuga precipitosa, che non lasciò a pani il tempo di lievitare, al Mazor, l'erba amara, simbolo della schiavitù - rievocano in qualche modo un aspetto, un particolare, un evento del giorno scelto da Jahvé per liberare il popolo eletto dall'Egitto il 14 di Nissan, esattamente quattrocento anni dopo la nascita di Isacco. Ma la festa di Pessach non è soltanto rivolta al passato.

Ho davanti ai miei occhi il testo di Furio Jesi che inizia con le parole del tradizionale augurio ebraico: Oggi qui, domani a Gerusalemme!, e dove la Haggadah è presa a misura della verità del sionismo.

La Haggadah precisa con assoluta chiarezza che Dio promise la terra di Israele al popolo di Abramo a una condizione: a condizione che esso divenisse una benedizione. Divenire una benedizione non significa rendere coltivabile il deserto: significa la perfezione spirituale. La terra di Israele è stata tolta agli ebrei divenuti infedeli, e gli ebrei non la riconquisteranno con l'attivismo colonizzatore, bensì divenendo una benedizione. Il domani a Gerusalemme! ripetuto dal principio della diaspora non è quasi soltanto una preghiera, quasi soltanto una speranza messianica, bensì è una grande speranza, fulcro dell'esperienza religiosa ebraica: preghiera e speranza di divenire una benedizione e quindi tornare a Sion.

In che modo il sionismo può divenire una benedizione?

Esiste un profondo equivoco nel pensiero della maggior parte degli osservatori non ebrei, e anche di alcuni ebrei: equivoco ampiamente sfruttato dalla propaganda. La parola sionismo viene comunemente usata per designare due cose che non solo sono diverse ma si escludono a vicenda. Secondo le parole di Martin Buber [..] vi sono un sionismo politico e un sionismo spirituale: per il sionismo politico lo Stato è la meta e Sion un 'mito' che infiamma le masse; per gli amanti di Sion - nel senso di Achad-Haam - lo Stato è la via verso la meta che si chiama Sion. Per il sionismo politico, dunque, Sion non è un'idea religiosa, ma un mito tecnicizzato, uno strumento di propaganda usato come insegnava Sorel. Per il sionismo spirituale la fondazione dello Stato d'Israele non rappresenta il compimento del sacro ritorno [..] Anche ammettendo, in via d'ipotesi, che lo Stato d'Israele per sussistere debba ricorrere alle guerre [..] ciò significa che esso non rappresenta una via verso il divenire una benedizione imposto dalla promessa divina al popolo ebraico.

Il senso ultimo del ragionamento che Furio Jesi ci propone mi sembra questo: finché Medinàt Israel non diverrà una benedizione, anche per i palestinesi, non esisterà nessuna Erez Israel.

MP

Bibliografia

Marco Belpoliti e Enrico Manera (a cura di)
- Furio Jesi, marcos y marcos, Milano, 2010

Divagazioni

La gnosi segreta dei «maestri spirituali» del nazismo

Il nazismo presenta un enorme apparato mitologico che è stato studiato soltanto in minima parte nei suoi contenuti esoterici, anche se questi sono evidenti nell’iconologia, nella simbologia, nelle celebrazioni e nei rituali del regime e soprattutto di quell’ordine di élite che furono le SS Su questa materia, che è oltre tutto oggetto di una letteratura di scarso valore scientifico, vi è però un illuminante saggio del germanista Furio Jesi che la storiografia contemporanea non ha mai preso in considerazione: si tratta di Cultura di destra e religione della morte apparso nel 1978 sulla rivista «Comunità», e poi riprodotto l’anno successivo nel volume Cultura di destra

In questo studio Jesi, prematuramente scomparso nel 1980, sviluppava un’analisi della cultura della «destra» mitteleuropea che si trasformava ben presto in un’indagine sul fondo mitologico del nazismo. In un passo del diario dello storico delle religioni Mircea Eliade egli scopriva l’accenno a una concezione misterico-religiosa assai particolare. Scrive Eliade: i miti e le “religioni”, in tutta la loro varietà, sono il risultato del vuoto lasciato nel mondo per essersi Dio ritirato, trasformato in deus otiosus e scomparso dall’attualità religiosa.
Ora, osservava Jesi, una concezione simile si trova nel misticismo eretico ebraico legato alle figure di Shabbetài Zevì e Jakob Frank, vissuti rispettivamente nel secolo XVII e nel XVIII. Secondo la loro dottrina Dio si sarebbe ritirato in se stesso per dare origine al mondo lasciando l’uomo orfano sulla terra senza possibilità di aiuto; ma colui che conosce il mistero del ritrarsi di Dio può ricongiungersi a lui e inaugurare una nuova opera cosmica attraverso l’infrazione rituale della Torà, che nella tradizione rabbinica costituisce la legge sacra che incarna la creazione divina.

Seguendo questo esile indizio Jesi individuava nella cultura della «destra» mitteleuropea, incentrata sul mito ariano, alcuni elementi che fanno pensare a una ripresa del misticismo eretico ebraico in una forma banalizzata e strumentalizzata in senso antisemitico.

Questa

Il testo di List consiste quasi interamente in un dilettantesco esercizio etimologico che ne scoraggerebbe decisamente la lettura, se non fosse che nelle ultime pagine contiene un passo molto significativo.

Il punto fondamentale dell'antica concezione del mondo ario-germanico depositato nelle rune [..] è costituito dal chiaro riconoscimento di un essere spirituale più alto - Dio - che ha creato consapevolmente, e con la forza della sua volontà, la materia da se stesso, rinchiudendosi inseparabilmente in essa (materializzandosi) fino alla propria morte, e continuando a dominarla e a formarla, affinché essa compia il proprio fine determinato e si disintegri di nuovo, e l'essere supremo - Dio! - dopo essersi smaterializzato, ritorni ad essere di nuovo l'origine (Ur) che fu prima della creazione del mondo.

Le fantasie di List circolarono anche nella società teosofica viennese e in ambienti esoterici in Germania, finché nel 1905 alcuni esponenti della "destra" dettero vita a Vienna alla Guido-von-List-Gesellschaft.

Bibliografia

Mircea Eliade
- Fragments d’un journal. I (1945-1969), Paris, Gallimard, 1973, p.213, trad. it. di L. Aurigemma con il titolo Giornale, Torino, Boringhieri,1976, p. 230.
Nicholas Goodrick-Clarke
- Le radici occulte del nazismo, Sugarco Edizioni, pp58–59
Furio Jesi
- Cultura di destra e religione della morte, «Comunità», n. 179,1978, pp. 1-42, poi raccolto in Cultura di destra, Milano, Garzanti, 1979,pp. 11-66
Giancluca Nesi
- La gnosi segreta dei «maestri spirituali» del nazismo, Rivista di Filosofia, XCIII (2002), pp. 403-427