Enrico Cernuschi
La biografia di Enrico Cernuschi scritta da Nino Del Bianco, e publicata alcuni anni or sono dall'editore Franco Angeli, mi consente di ricordare un uomo straordinario.
Non mi è possibile riassumere, nemmeno a grandi linee, le vicende che condussero Enrico Cernuschi dal collegio dei Barnabiti di Monza al Consiglio di guerra delle Cinque giornate di Milano, dalla Commissione delle Barricate della Republica Romana alla prigionia nel carcere di Civitavecchia, dal lavoro impiegatizio presso il Crédit Mobilier alla fondazione della Banque de Paris, dai 100.000 franchi donati per finanziare l'opposizione republicana contro il plebiscito del 1870 al viaggio intorno al mondo che lo condusse in India, a Giava, in Giappone e anche in Mongolia, paesi dove acquistò alcuni degli oggetti più belli oggi raccolti nel Museo da lui donato alla città di Parigi.
Per dare un saggio dell'opera di Nino Del Bianco e nel contempo mostrare un aspetto del razionalismo dell'uomo Cernuschi mi limiterò a trascrivere ed annotare brevemente il capitolo dedicato al fallimento della società cooperativa creata da Cernuschi nel 1858 a Parigi.
Si è detto che Cernuschi non aveva ancora approfondito in modo solido, e in particolare con validi supporti culturali, le proprie opinioni in campo sociale. Ma era vivissima in lui, fin dal tempo di Milano, la componente populistica oscillante tra un vago avvicinamento protettivo verso i ceti più deboli e una aspirazione, questa si profondamente radicata, per una società giusta dove non potessero albergare le sopraffazioni. Trovò ora l'occasione per mettere in pratica i suoi propositi.
Un decreto del 24 febbraio 1858 aveva liberalizzato il commercio delle carni e tutta Parigi parlava degli enormi guadagni dei macellai. Dopo aver considerato il problema anche da un punto di vista teorico Cernuschi ritenne fosse il tempo per entrare nel settore cooperativo; ed entrare voleva dire per lui buttarvisi a capofitto. Il suo proposito era di calmierare il mercato e nello stesso tempo di far guadagnare i consumatori. Il mezzo più idoneo era evidentemente quello di aprire un negozio di vendita diretta al pubblico per saggiare la concorrenza e battere gli speculatori. Di macellerie lui ne volle addirittura tre. Il denaro occorrente, 100.000 franchi venne prestato in gran parte 90.000 franchi dall'amico milanese Filippo Ala Ponzoni, che fu associato all'impresa come mandante. Ma, generosa clausola da questi accettata, fu concordato che, ove l'iniziativa avesse avuto esito negativo, soltanto il finanziatore avrebbe sopportato la perdita del denaro. E pensabile che i residui 10.000 franchi del capitale siano stati immessi dallo stesso Cernuschi, probabilmente con il poco denaro in suo possesso.
Egli stesso poi ricordò tutta l'operazione [29].
Era il novembre 1858; da poco s'era stabilito il libero esercizio della macelleria, avevo in mente le esperienze fatte a Rochdale, a Grenoble e altrove dalle società alimentari. Conoscevo gli attacchi diretti contro il commercio della carne macellata... Dissi tra me: aprirò spacci di carne in Parigi e venderò a'prezzi degli altri macellai; soltanto pubblicherò il mio bilancio ogni mese e distribuirò la metà de' lucri raccolti nel mese a miei avventori a un tanto per franco in ragione degli acquisti fatti da ognuno di loro. Non ci saranno azioni per evitare ogni idea di speculazione finanziaria... Mi posi all'opera con tutto l'ardore di cui è capace l'uomo quando è animato da quella passione tanto più forte e trascinante dell'egoismo, la passione del pubblico bene. M'indirizzai ai giornali, ma naturalmente si stentava a credere al mio disinteresse... Strinsi i contratti e scelsi il personale...; in tre mesi tutto era pronto. Nel giorno stesso, il 6 marzo 1859 aprii tre botteghe... Si lessero i miei manifesti e vennero i compratori a torme.
Bisogna notare che se il tempo di preparazione dell'affare è stato di tre mesi, cui dobbiamo aggiungere un periodo ragionevole per le trattative con il Ponzoni, egli aveva già preso la decisione durante negli ultimi tempi della sua permanenza al Crédit, probabilmente già nell'autunno del 1858. Le dimissioni dalla Banca quindi, oltre che previste da tempo, erano divenute a fine anno inevitabili.
Il primo rilievo da farsi è che Cernuschi era uscito dal Crédit senza capitali suoi. Cadono perciò le ipotesi di speculazione borsistica in proprio mentre si trovava ancora nell'interno dell'Istituto. Non si spiegherebbe altrimenti la richiesta di denaro al Ponzoni come contributo indispensabile per poter iniziare l'attività. Non fu mai di Cernuschi infatti affidare ad altri responsabilità, e in particolare quelle finanziarie, quando poteva farsene carico in proprio. Lo stesso Monti, biografo di Ferrari concorda sul fatto che Cernuschifino al 1860 vegeta, non arricchisce[30].
Il secondo è il singolare statuto della società costituita. Poiché egli voleva creare una società cooperativa ne spinse le regole a limiti fino ad allora affatto sconosciuti.
Cernuschi si dedicò all'impresa anima e corpo, lavorando incessantemente a tempo pieno, dedicandovi, come gli stesso poi affermò, dodici ore al giorno. A nome della "impresa delle Nuove Macellerie" passava tutte le mattine ai macelli per fare gli acquisti; durante il giorno badava alla sorveglianza dei negozi; la sera faceva i conti e si applicava a studiare i problemi del settore.
Ma l'iniziativa, dalle caratteristiche tanto bizzarre, non poteva evidentemente avere un futuro. Il primo trimestre, forse per un afflusso notevole di acquirenti attirati dalla novità, forse anche per una ottimistica valutazione dei dati di bilancio, si chiuse in utile. Cernuschi fa una curiosa annotazione in merito al denaro distribuito.Tutti vennero a riscuoterlo con premura, ma anche con dispetto. Il dividendo pareva troppo scarso. Particolare quest'ultimo che la dice lunga sulla disposizione d'animo di chi riceve un beneficio gratuito.
Tutto sembrava così procedere secondo le regole prefissate. Ma ben presto cominciarono i guai e i conti segnarono una perdita costante tanto che al termine di tre anni il capitale iniziale risultava del tutto azzerato. L'azienda per evitare guai peggiori fu costretta alla chiusura. Sembra comunque che fino all'ultimo lui non fosse del tutto pessimista. In una lettera del 16 marzo 1860 - la gestione cioè contava ormai un anno di vita e le perdite erano già ben evidenti - scriveva a Cattaneola mia industria va benino.
Cernuschi non si lasciò sconfortare dall'insuccesso. Con l'abituale suo modo di cogliere i lati positivi in ogni vicenda che lo riguardava, si dichiarò anzi lieto di aver potuto completamente impadronirsi del mestiere, di aver conosciuto de visu il problema della cooperazione e sentenziò:Una spesa fatta per la ricerca della verità è una spesa ben fatta[31]
Non mancò poi di dare alla propria infelice esperienza una valenza universale e volle far partecipi gli altri delle sue convinzioni raggiunte, il fatto cioè che la cooperazione in sé era un metodo economico errato. Qualche anno dopo infatti, nel 1866, scrisse un libro [32] nel quale raccontava quanto gli era capitato, per concludere con la bocciatura senza appello dell'intero sistema. E anzi, con l'abituale precisione descriveva nei dettagli le ragioni che lo avevano convinto e spinto all'azione. I vari aspetti venivano così elencati: attenzione agli studi preventivi di mercato; attenzione alla statistica; entusiasmo per una iniziativa che protegge i consumatori contro prezzi ingiusti e qualità cattive; importanza della pubblicità come fattore di successo; scelta accurata dei collaboratori; capacità di accorgersi a tempo dei punti deboli dell'impresa. La conclusione era tuttavia negativa e decretava il rigetto dell'intero programma cooperativo. Ne da ultimo ebbe a soffrire della perdita il Ponzoni perché in seguito, non appena gli fu possibile, Cernuschi gli restituì con gli interessi l'intera somma a suo tempo versata.
Il risultato ultimo dell'esperimento fu che Cernuschi, negli anni '50 vagamente proudonista, passò alla piena accettazione delle regole del mercato, fino a divenire un liberista convinto.
Bibliografia
- Nino Del Bianco
- - Enrico Cernuschi. Uno straordinario protagonista del nostro Risorgimento, FrancoAngeli, Milano, 2006
- Enrico Grazzini
- - Enrico Cernuschi uomo ritrovato, La Famiglia Meneghina, Milano, 1994
- Giuseppe Leti
- - Henry Cernuschi Patriot, Financier, Philantrophe, Apotre du bimetallisme, PUF, Paris, 1936 [ediz. ital.: E. C. La vita, la dottrina, le opere, Roma 1939]
- Giuseppe Monsagrati
- - Federalismo e unità nell'azione di Enrico Cernuschi, Nistri Lischi, Pisa, 1976
- Perego e Lavelli
- - I misteri repubblicani, Ferrero e Franco, Torino, 1852
- Michel Maucuer et Gilles Béguin
- - Henri Cernuschi (1821-1896). Voyageur et collectionneur, Paris-Musées, Paris, 1998
- Franco Della Peruta
- - Cernuschi Enrico, Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 23, 1979
- Giuseppe Bognetti, Angelo Moioli (ed.)
- - Enrico Cernuschi (1821-1896). Milanese e cosmopolita. Politica, economia e collezionismo in un protagonista del Risorgimento, contributi di Ettore A. Albertoni, Roberto Baranzini, Luigino Bruni, Silvia A. Conca Messina, Francesca Dal Degan, Robertino Ghiringhelli, Carlo G. Lacaita, Michel Maucuer, Pier Luigi Porta, Mariacristina Scalcinati; FrancoAngeli, Milano, 2004
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