Il paradiso postmoderno

Robert Kagan
Paradiso e potere
Mondadori, 2003

Scritto dopo l'11 settembre, ma prima dell'invasione dell'Iraq, Paradiso e potere di Robert Kagan si propone di mettere a confronto il pacifismo europeo e la volontà di potenza americana. Lo fa in modo diretto e chiaro, senza perifrasi e senza nascondimenti.

È ora di smettere di far finta di credere che gli europei e gli americani vedano lo stesso mondo. Dirò di più: che vivano nello stesso mondo. Su una questione essenziale, quella del potere — l'efficacia del potere, la moralità del potere, la desiderabilità del potere — le prospettive americane e quelle europee divergono. L'Europa sta voltando le spalle al potere, o, se si preferisce, sta andando oltre il potere verso un mondo autonomo di leggi e regole, di negoziati e cooperazione transnazionale. Sta entrando in un paradiso poststorico di pace e relativo benessere: la realizzazione della «pace perpetua» di Kant. Gli Stati Uniti invece restano impigliati nella storia a esercitare il potere in un mondo anarchico, hobbesiano, nel quale le leggi e le regole internazionali sono inaffidabili e la vera sicurezza, la difesa e l'affermazione dell'ordine liberale dipendono ancora dal possesso e dall'uso della forza.

E non si tratta di un fenomeno passeggero, della conseguenza di un'elezione americana o di un evento catastrofico. La divisione ha radici profonde, lontane, e durerà probabilmente a lungo. Le strade dell'Europa e degli Stati Uniti si biforcano ogni volta che si tratta di stabilire le priorità nazionali, determinare le minacce, identificare le sfide, ideare e attuare la politica estera e militare.

Per di più il crollo dell'impero sovietico ha accresciuto enormemente la forza dell'America in termini relativi. Il formidabile arsenale militare statunitense, che un tempo era a malapena sufficiente a controbilanciare la potenza di Mosca, ora non aveva più rivali degni di questo nome. La nuova «fase unipolare» ha avuto conseguenze del tutto naturali e prevedibili: ha reso gli Stati Uniti più propensi a usare la forza al di fuori dei loro confini. Scomparso il deterrente sovietico, Washington si è trovata libera di agire dove e quando voleva, e ha moltiplicato gli interventi militari d'oltremare. Ha cominciato Bush padre con l'invasione di Panama nel 1989, cui sono seguite la guerra del Golfo nel 1991 e l'intervento umanitario in Somalia nel 1992, e ha continuato Clinton con Haiti, la Bosnia e il Kosovo

La domanda è la seguente: come mai l'Europa non ha mantenuto la promessa dell'Unione in politica estera e militare e non ha raccolto l'invito di alcuni dei suoi leader a costruire una forza sufficiente a sottrarsi, almeno in parte, allo strapotere americano? Il paradiso postmoderno La risposta all'interrogativo di cui sopra ha a che vedere con l'ideologia, con l'atteggiamento che gli europei hanno non soltanto nei confronti delle spese per gli armamenti, ma anche nei confronti della forza militare in sé.

Nei circoli strategici americani si dice con cinismo che gli europei si godono da sessant'anni «un viaggio gratis» sotto l'ombrello difensivo degli Stati Uniti. Dato che l'America è disposta a spendere tanto per proteggerli, loro preferiscono investire in programmi di benessere sociale, in lunghe vacanze e in settimane lavorative più corte. [..] L'Europa odierna non ha l'ambizione del potere, e certamente non di quello militare.

Questa visione contiene un rifiuto della politica di potenza che tanta infelicità ha causato nel Novecento e nei secoli precedenti. È un'ottica che gli americani non condividono e non possono condividere, perché provengono da esperienze storiche diverse. Riconsideriamo le caratteristiche della cultura strategica europea. Essa privilegia i negoziati, la diplomazia, i legami commerciali e il diritto internazionale rispetto alla forza [..]

È a questa visione che si ispira in genere la critica europea all'approccio americano verso gli «stati canaglia». L'Iraq, la Corea del Nord, l'Iran, la Libia saranno anche nazioni pericolose, detestabili e, se proprio quei sempliciotti degli americani insistono, malvage. Ma non era forse «malvagia» un tempo la Germania? «L'approccio indiretto» non potrebbe funzionare di nuovo, come è accaduto in Europa? Non si potrebbe ancora una volta passare dallo scontro al riavvicinamento, cominciando con la cooperazione economica per poi passare all'integrazione pacifica? La formula che ha avuto successo in Europa non potrebbe valere anche per l'Iran? O addirittura per l'Iraq? Moltissimi europei continuano a insistere che sarebbe possibile, e con minori costi e rischi della guerra. L'Europa vorrebbe applicare la sua ricetta anche agli israeliani e ai palestinesi, perché, come sostiene il commissario dell'UE Chris Patten, «l'integrazione europea dimostra che la riconciliazione e il compromesso sono possibili dopo generazioni di pregiudizi, guerre e sofferenze». *

Siamo cosi giunti a quella che è, probabilmente, la ragione principale delle divergenze fra l'Europa e l'America. La potenza militare degli Stati Uniti e la volontà di esercitarla - se necessario, anche unilateralmente - costituiscono una minaccia per il nuovo spirito missionario europeo. Forse la minaccia peggiore. Anche se i politici americani stentano a crederlo, il modo in cui gli Stati Uniti tratteranno, o mal-tratteranno, il problema dell'Iraq (intraprendendo un'azione militare unilaterale ed extralegale) preoccupa i leader europei più dell'Iraq stesso e delle sue armi di distruzione di massa. Temono, naturalmente, che l'azione militare possa destabilizzare il Medio Oriente [..]

L'intenzione originaria di Franklin Delano Roosevelt era di rendere l'Europa irrilevante sul piano strategico. Voleva, ha affermato lo storico John Lamberton Harper, «ridurre drasticamente il peso dell'Europa», costringendola così a «ritirarsi dalla politica mondiale».*

Se la potenza degli Stati Uniti non diminuirà in termini relativi, è assai poco probabile che gli americani cambino idea su come impiegarla. In effetti, nonostante i grandi sommovimenti che si sono verificati in geopolitica dal 1941 in poi, gli Stati Uniti hanno dimostrato una notevole coerenza nel modo di concepire la natura degli affari del mondo e il loro ruolo nel plasmarlo per renderlo corrispondente ai loro interessi e ideali.

Gli americani sono idealisti. In alcuni casi lo sono più degli europei. Solo che non conoscono altro modo per promuovere gli ideali se non con la forza.

Così come lo ha descritto Robert Kagan, il paradiso post-moderno e post-storico assomiglia molto a qualcosa di déjà-vu : l'età della pietra.

Kojève dixit

MP

Bibliografia

Robert Kagan
- Paradiso e potere. America ed Europa nel nuovo ordine mondiale, tr. Carla Lazzari, Mondadori, 2003