Friedrich Nietzsche

Lettera del 5 novembre 1865

486. An Franziska und Elisabeth Nietzsche in Naumburg

(Lipsia,) domenica 5 novembre 1865

Mie care mamma e Lisbeth

in verità avevo atteso l'arrivo della cassa, e sono stato molto felice quando ieri, sabato, è finalmente arrivata. In fondo non fa nulla che sia arrivata un pò in ritardo, Potrebbero esserci circostanze in cui l'invio esatto e puntuale di una cassa fosse più essenziale e importante che per questa spedizione. Biancheria ne avevo ancora a sufficienza e avevo veramente bisogno soltanto di forchetta e coltello, ma questi ultimi mi mancano ancora.

In fondo sono tutte cose senza importanza. Mi rallegra invece sentire che dite bene del mio amico. Quella domenica siamo stati benissimo a Naumburg e siamo grati per la vostra cordialissima accoglienza.

Sicché ora staremmo un bel pò di tempo senza rivederci? Spero bene che veniate a trovarmi, quando passerete per Lipsia. Sono reperibile nel mio alloggio fino alle dieci e tre quarti della mattina. Qualora arrivaste a mezzogiorno e voleste ripartire magari con il postale delle cinque, speditemi una cartolina per mezzo di un fattorino alla «Gute Quelle» nel Brül.

Forse si può fare in modo che veniate alla rappresentazione della stupenda Passione secondo San Giovanni di Bach: avrà luogo nel giorno della Penitenza.

Siamo ricaduti nel binario dei soliti lavori, soliti pensieri, seccature e svaghi; che importanza ha ora per me la giornata, quante cose si decidono, o debbono venir decise in questo angusto cranio? È davvero tanto semplice per voi tirare avanti tutta questa esistenza piena di contraddizioni, dove l'unica cosa chiara è che la medesima chiara non è? Ho sempre l'impressione che ve la caviate prendendola in scherzo. O mi sbaglio? Come dovete essere felici, se almeno vedo giusto!

Oppure mi pare di sentirvi scherzare anche su questo: è la valigia, è soltanto la valigia che lo mette tanto di cattivo umore. Quale ingenuità! Inimitabile davvero! Ma quanto poco dovremmo capirci!

Fa il tuo dovere!. Bene, mie carissime, lo faccio e mi ingegno a farlo, ma dove finisce? Come posso sapere tutto ciò che è mio dovere portare a compimento? Poniamo il caso che la mia vita sia sufficientemente dedita al dovere: è migliore dell'uomo l'animale da soma, se questi esegue con maggiore esattezza ciò che si esige da lui? Si è fatto abbastanza per la propria umanità, quando si sono soddisfatte tutte le esigenze posteci dalla situazione nella quale la nascita ci ha introdotto? Chi ci ordina dunque di lasciarci determinare da una situazione?

Ma se noi non volessimo ciò, se fossimo decisi a badare soltanto a noi stessi e a costringere gli uomini ad accettarci per quello che siamo, che accadrebbe allora? Che cosa vogliamo infine? Dobbiamo fabbricarci un'esistenza il più possibile sopportabile? Ci sono due vie, mie care: o ci si sforza e ci si abitua a essere il più possibile limitati, e si cerca di abbassare il più possibile la fiammella dello spirito, e allora si va in cerca di ricchezza e si vive con i piaceri del mondo. Oppure si sa che la vita è miserabile, si sa che siamo schiavi della vita quanto più vogliamo goderla; ci si priva insomma dei beni della vita, ci si esercita nell'astinenza, si è avari con se stessi e amorevoli con gli altri - per il fatto che siamo compassionevoli verso i nostri compagni di miseria - in breve, si vive secondo i severi dettami del cristianesimo originario, non di quello attuale, edulcorato, sbiadito. Il cristianesimo non permette di essere vissuto a metà, così en passant, oppure perché è di moda.

E la vita allora è sopportabile? Certamente, giacché il suo peso diventa sempre più lieve e nessun legame ci tiene stretti a lei. Essa è sopportabile, perché possiamo liberarcene senza dolore.

MP

Bibliografia

Friedrich Nietzsche
- Briefe, in Nietzsche Source - Digitale Kritische Gesamtausgabe (eKGWB)
- Epistolario 1850-1869, tr. Maria Ludovica Pampaloni Fama, Adelphi, Milano, 1976