L'unica cosa chiara

Il 17 ottobre 1865 Nietzsche arriva a Lipsia per proseguire gli studi universitari e seguire i corsi di Friedrich Ritschl.

A quel periodo risale anche la scoperta, probabilmente casuale, e l'immediato acquisto, dell'opera Die Welte als Wille und Worstellung di Schopenhauer.

Il 5 novembre scrive alla madre una lettera dalla quale ho tratto una citazione che merita attenzione e sulla quale mi soffermerò brevemente. La citazione è questa:

è davvero tanto semplice per voi tirare avanti tutta questa esistenza piena di contraddizioni, dove l'unica cosa chiara è che la medesima chiara non è?

Nietzsche è un giovane studente lontano da casa e la lettera ha un'evidente nota di tristezza, alla quale la madre Franziska nella risposta del 12 novembre cerca di dare consolazione secondo le convenzioni della classe sociale e dell'epoca.

e contro l'intima scontentezza, che crede di aver avvertito nell'ultima lettera del figlio, lo esorta ad affidarsi senza riserve a una vita cristiana

Horst Althaus dedica alla lettera un commento molto dettagliato, di cui, per comodità del lettore, riporto un ampio stralcio.

le considerazioni che trovano posto in una sua lettera del novembre 1865 presuppongono i tradizionali valori cristiani e borghesi, che nella Germania luterana si erano fusi in indiscussa unità. Si tratta delle massime: «Fa' il tuo dovere!» e «Pratica l'astinenza!», con una prassi la cui evoluzione durava da millenovecento anni. Chi avrà il coraggio di metterle in dubbio? L'interrogativo che ora Nietzsche pone alla madre e alla sorella è in verità di una semplicità insuperabile: fa parte, come sempre in lui, degli interrogativi fondamentali dell'esistenza. Esso suona affettuoso e schiettamente familiare: Nietzsche chiede ai suoi familiari più stretti come riescono a sopportare la vita: «È davvero tanto semplice per voi tirare avanti tutta questa esistenza piena di contraddizioni, dove l'unica cosa chiara è che la medesima chiara non è?». E comunica subito la sua impressione: «Ho sempre l'impressione che ve la caviate prendendola in scherzo».

C'è dello scetticismo, anzi qualcosa di più: l'oscuro presentimento di una miseria esistenziale per superare la quale la dottrina religiosa dello Stato e la dottrina statale della religione allora dominante non offrono ricette. Qui c'è qualcosa che non quadra. Compiere il proprio dovere non deve essere l'unico elemento costitutivo dell'uomo: la «bestia da soma» può più dell'uomo adempiere il dovere che da lei si esige.

E l'astinenza? Qui Nietzsche non muove un attacco decisivo alla verità cristiana. «Il cristianesimo non permette di essere 'vissuto a metà', così en passant, oppure perché è di moda», afferma quasi a mo' di rimprovero. Però: «Si sa che la vita è miserabile, si sa che siamo gli schiavi della vita quanto più vogliamo goderla; ci si priva insomma dei beni della vita, ci si esercita nell'astinenza [...]». Tutto qui rientra nella voce «miseria», il motto del nuovo consigliere filosofico di Nietzsche. E anche negli «schiavi della vita»: nel concetto della privazione come una specie di rassegnazione liberatrice troviamo Schopenhauer che si appresta a mettere in dubbio la concezione nietzschiana del «cristianesimo».

Con queste nuove esperienze intellettuali, Nietzsche nella sua lettera si ritiene in grado di dare alle destinatarie una risposta precisa. «E la vita allora è sopportabile? Certamente, giacché - in accordo con l'esortazione schopenhaueriana a negare la volontà - il suo peso diventa sempre più lieve e nessun legame ci tiene più stretti a lei. Essa è sopportabile, perché possiamo liberarcene senza provare dolore».

Nella risposta della madre risuona tutto il suo disagio per le considerazioni profonde ma anche un po' stravaganti del figlio, nelle quali essa ravvisa la sua «intima lacerazione». Così facendo lo inquadra - senza saperlo - in un ben noto cliché. Giacché il «lacerato» era una figura ben nota fin dagli anni '30 del secolo, con una diffusione europea. «Lacerati» erano i privi di speranze, gli «eroi» del dolore del mondo, coloro che soffrivano della vita; che, come l'Eugenio Onieghin di Pushkin, si precipitavano nella notte fuori dai saloni illuminati a festa o che, come il Manfredi di Byron, cercavano asilo tra le aquile e gli sparvieri sulle cime rocciose dei monti. Della stessa razza era l'Olandese volante di Wagner, l'«ebreo errante dell'oceano». Ma noi ricordiamo: anche il padre di Nietzsche, il pastore di Röcken, che soffriva di mal di stomaco, di nervosi ed era morto precocemente per una malattia del cervello, poteva considerarsi, nella sua vita ritirata, appartenente al movimento del «dolore del mondo». Il movimento era passato di moda, ma il suo ricordo, e quello delle sue infelici figure, si era conservato. Se ci affidiamo al giudizio della madre, Nietzsche apparteneva ai suoi seguaci.

Il commento di Althaus si chiude, con una bella intuizione, che mette al centro della lettera la figura del padre di Nietzsche: il pastore di Röcken, che soffriva di mal di stomaco, di nervosi ed era morto precocemente per una malattia del cervello

Ed appunto al cervello [Hirnkammern] si riferisce Nietzsche immediatamente prima della citazione che stiamo commentando.

quante cose si decidono, o debbono venir decise in questo engen Hirnkammern?

La traduttrice italiana dell'Epistolario di Nietzsche - Maria Ludovica Pampaloni Fama - opta per un significato figurato del termine Hirnkammern, che rende facilmente comprensibile il senso del discorso. Ma, è possibile che Nietzsche intendesse Hirnkammern nel significato ben più concreto dato alla parola dal vocabolario tedesco dei fratelli Grimm.

Il Grimm definisce hirnkammer semplicemente con il termine ventriculi cerebri che identifica il cervello in senso anatomico [..] per cui il senso inteso da Nietzsche è certamente questo. Non in senso figurato.

La facoltà cogitativa ha, secondo Aristotele, un organo determinato (instrumentum terminatum), il ventricolo medio del cervello.

Et hoc est manifestum de ea, cum habet instrumentum terminatum, scilicet medium ventriculum cerebri.

Il termine Hirnkammern, inteso in senso anatomico, si riferisce quindi al padre di Nietzsche, morto di una malattia cerebrale, poiché non ha una giustificazione semantica nella frase.

È la morte del padre che non ha spiegazione.

MP

Bibliografia

Horst Althaus
- Nietzsche. Una tragedia borghese, tr. di Mario Carpitella, Roma ; Bari : Laterza, 1993
- Friedrich Nietzsche. Eine büergerliche Tragöedie, Nymphenburger, München, 1985
Otto F. Scheuer
- Friedrich Nietzsche als Student, Albert Ahn, Bonn, 1923