Agli uomini...

Agli uomini che in qualche modo mi importano auguro sofferenza, abbandono, malattia, maltrattamento, perdita di dignità, auguro che non restino loro sconosciuti il disprezzo di sè, i tormenti della sfiducia in sè, la miseria dei vinti: nessuna compassione di loro, perchè io auguro loro la sola cosa che può oggi provare se qualcuno ha valore o no - che egli tenga duro... Non ho conosciuto finora nessun idealista, bensì molti mentitori.

I

1.01 Oggi leggere Nietzsche mi fa paura. Significa condividere una angoscia. Credo che non si possa capire Nietzsche senza aver paura quando lo si legge.

1.02 Ho cominciato a leggere Nietzsche, in una vecchia edizione publicata dall'editore Casini. Avevo sedici anni ed ero in collegio. Un giorno nel confessarmi dissi che stavo leggendo Nietzsche. Forse cercavo un confronto. Il buon frate mi ordinò di non farlo più. Risposi che non potevo rinunciare a leggere, se sentivo che quello che leggevo era vero. Così il frate mi negò l'assoluzione. Quella è stata l'ultima volta che sono entrato in chiesa da cattolico. Oggi penso che quel frate non sapesse neppure di cosa io parlassi. Obbediva senza chiedersi ragione di quello che faceva. Come il soldato non si chiede perchè deve uccidere (ma questo non lo giustifica). Non voglio accusarlo, nè scagionarlo. Nè voglio chiedermi se chi aveva dato l'ordine avesse titolo per giudicare. Forse neppure chi aveva dato l'ordine aveva letto. Leggere non è facile. Comprendere quello che si legge ancora meno. Sono passati cento anni dalla morte di Nietzsche e sono state date molte letture diverse delle sue opere. Molti ne parlano e ne scrivono come se lo avessero letto. Ma non mi ritrovo in queste letture, non ritrovo la paura che mi prende quando leggo.

II

2.01 D'altronde non si può leggere Nietzsche senza aderire in qualche modo a quello che scrive. Non si può leggere Nietzsche senza sapere già tutto. Scrive Georges Bataille commentando questo stesso frammento:

Tutto ciò che riguarda l'umano esige la continuità di coloro che lo vogliono. Ciò che vuole andar lontano esige sforzi congiunti, o almeno susseguentisi l'un l'altro, che non si fermino al possibile di uno solo. La solitudine di un uomo è un errore, anche se egli avesse voluto troncare i legami intorno a sè. Una vita è soltanto l'anello di una catena. Voglio che gli altri continuino l'esperienza che prima di me altri hanno cominciata, che altri si votino come me, come altri prima di me, alla mia stessa prova: andare fino ai limiti del possibile.
Ogni frase è destinata al museo nella misura nella quale vi persista un vuoto letterario.
È orgoglio degli uomini attuali il fatto che nulla di loro si possa intendere se prima non è stato deformato e svuotato di contenuto da questo o da questo o da quel meccanismo: la propaganda, la letteratura !
Come una donna, il possibile ha le sue esigenze: vuole che si vada con esso fino in fondo.
Girando da amatori per le gallerie, sui pavimenti tirati a cera di un museo dei possibili, alla lunga uccidiamo in noi ciò che non è brutalmente politico, limitandolo allo stato di lussuosi miraggi (etichettati, datati).
Nessuno se ne rende cosciente senza che la vergogna tosto lo disarmi.
Vivere un possibile fino in fondo richiede uno scambio fra molti, che l'assumano come un fatto a loro esterno e non dipendente più da alcun singolo tra loro.
Nietzsche non dubitò che l'esistenza del possibile da lui proposto esigesse una comunanza.
Il desiderio di una comunanza lo agitava senza posa.

III

3.01 In che modo interpretare questo frammento? Ha senso leggere una singola frase come se avesse un senso compiuto? Come dare senso ad una sola frase al di fuori di tutti i rimandi e le connessioni che ne formano il contesto?

IV

4.01 Giorgio Colli e Mazzino Montinari lo danno come composto durante l'ultimo soggiorno di Nietzsche a Nizza, tra l'autunno del 1887 e il marzo del 1888, e rielaborato nell'estate del 1888. Numerato da Nietzsche (n° 221 dei quaderni WII 1 e 2) e titolato Tipo dei miei "discepoli" nell'indice che si trova nel quaderno WII 4. Doveva forse essere incluso nel libro IV de La volontà di potenza. Tentativo di una trasvalutazione di tutti i valori. Il frammento appare sia nell'edizione della Volontà di potenza che fu publicata postuma come volume XV della "Grossoktav- Ausgabe", Leipzig, Naumann, 1901 della quale furono editori Peter Gast , Ernst e August Horneffer, sia nell'edizione definitiva publicata nei volumi XV e XVI della "Grossoktav - Ausgabe", a Leipzig, presso Kroner, nel 1911 di cui fu editore Otto Weiss. Questo testo corrisponde, con lievi modifiche, a quello publicato nel 1906 da Peter Gast e Elisabeth Förster-Nietzsche.

V

5.01 Il frammento è rivolto ai discepoli. Nietzsche non ha avuto discepoli, li desiderava, li ha cercati, forse ingenuamente, avendo comunque coscienza di essere sterile.

5.02 Essere discepoli di Nietzsche è affermazione insostenibile. Cosa significa, quindi, essere discepoli di Nietzsche? Cosa significa comprendere quello che egli scrive? Come è noto sono state definite due letture possibili di un testo. Una, la lettura accademica, prende il discorso alla lettera, e lo espone in modo chiaro e razionale, ma non comprende nulla. L'altra, la lettura del discepolo, stravolge il testo, affinché il discorso del maestro non appaia più lo stesso, ma, in questo modo c'è sempre dentro.

5.03 Nietzsche augura ai suoi discepoli di essere messi alla prova. La prova che egli augura loro è il fallimento.

VI

6.01 Quando dice agli uomini che in qualche modo mi importano..., Nietzsche non si rivolge ai contemporanei, ma ai posteri. Che senso ha dire ai posteri, al lettore che leggerà dopo cento anni, ci sono degli uomini che "mi importano"? Come può importargli/mi di qualcuno che non conosco e che lo/mi conoscerà attraverso le parole? Come può importarmi di qualcuno di cui leggo solo delle parole? Che potere hanno su di me le parole di quest'uomo che non conosco al punto che io possa pensare che egli parli di me, ed io creda di comprendere che cosa egli dice? Che cosa è questa proiezione che ci unisce attraverso delle parole? Tutto questo mi sembrerebbe ridicolo, se non sentissi qualcosa, che penso sia la stessa cosa che sentiva un uomo cento anni fa.

6.02 Certo su un ragazzino di sedici anni certe parole possono avere l'effetto di una rivelazione. Aprire nuovi orizzonti di pensiero. Ma oggi io non ho più sedici anni ed ho letto tutto quello che gli uomini hanno scritto. Perchè quelle parole, e non altre, mi fanno ancora, e sempre di più, paura; come se fossero troppo vicine alla Verità?

6.03 Ho sempre avuto la sensazione che Nietzsche sia arrivato più lontano di tutti gli altri uomini nell' esprimere quello che non può essere detto. Ma ho sempre avuto anche la sensazione che ci sia in lui, da qualche parte, un errore. Un errore che gli permette di andare oltre, e di superare tutti gli altri nell'avvicinarsi alla Verità. E' una Verità che ha necessità di questo errore per poter essere avvicinata. La Verità acceca. Solo chi non vede può avvicinarsi alla Verità senza esserne accecato. Poi, quando la si raggiunge, la si può solo toccare, senza vederla. E avanzando a tentoni, tastandola senza occhi, si può anche non riconoscerla.

VII

7.01 Egli non augura il bene, la felicità, agli uomini che in qualche modo gli importano, ma augura loro la sofferenza, l'umiliazione, il disprezzo di sè. Non sentiamo, cattiveria in questo augurio, ma una necessità intrinseca alla cosa. E' la descrizione di una condizione di fatto, ineliminabile, inevitabile, per chi vuole raggiungere la Verità.

7.02 Che "egli" tenga duro. Chi è questo "egli", che non è nè l'io nè il tu. Il "discepolo". Egli deve tenere duro. per dimostrare il suo valore. Egli ha perduto tutto, anche la stima di se stesso, ma deve tenere duro.

7.03 La scrittura di Nietzsche è al fondo di tutto una trappola. E' una scrittura autosufficiente, immobile, che non ha nè un prima nè un dopo.

7.04 Il frammento è di grande impatto sul lettore. Viene descritta una situazione disperata in cui viene esaltata la sconfitta, la degradazione fino al grado più infimo, non c'è compassione, nè conforto possibile.

VIII

8.01 Oggi ho 43 anni dietro di me e sono solo esattamente come lo fui da bambino. Lettera a Erwin Rohde. 11 novembre 1887.

MP

Bibliografia

Friedrich Nietzsche
- [1971] Opere, Ed. Colli - Montinari, Frammenti postumi 1887-1888, Volume VIII, Tomo **, numero 10 [103 ]. Versione italiana di Sossio Giametta. Milano, Adelphi, 1971
Georges Bataille
- [1994] Sur Nietzsche, Paris, Éditions Gallimard, 1973. Tr. it. di Andrea Zanzotto, Milano, SE srl. 1994