Marco Tullio Cicerone

De re publica

Dal De re publica di Marco Tullio Cicerone libro secondo i capitoli relativi agli eventi che hanno portato alla nomina dei tribuni della plebe. Evidenziati i passaggi rilevanti.

XXXII - A quei tempi dunque la nostra repubblica era governata in modo che il popolo, pur essendo libero, non aveva in effetti alcuna facoltà di decidere, poiché su tutto, per statuto e per consuetudine, deliberava il senato. I consoli poi, per quanto durassero soltanto un anno, esercitavano in realtà un potere regale per forma e diritti. Era rigorosamente osservata quella norma davvero importante per cui le deliberazioni dei comizi popolari non erano valide, se non erano approvate dall'autorità del senato. In quegli stessi tempi, circa dieci anni dopo l'istituzione del consolato, fu eletto anche il primo dittatore, Tito Larcio, i cui poteri erano molto simili a quelli di un re. L'autorità massima tuttavia, senza che il popolo si opponesse, era esercitata dagli aristocratici, ed a quel tempo uomini fortissimi e investiti dei poteri militari, dittatori e consoli, compirono in guerra mirabili imprese

XXXIII - Ma quello che doveva quasi naturalmente accadere, che il popolo liberato dai re rivendicasse per sé maggiori diritti, accadde poi sotto il consolato di Postumo Cominio e di Spurio Cassio, sedici anni dopo la fondazione della repubblica. Tale mutamento costituzionale rivela forse mancanza di saggezza politica, ma spesso l'elemento razionale è travolto dal corso naturale degli avvenimenti. Dovete sempre ricordare quanto vi dissi all'inizio: se in uno stato non v'è perfetto equilibrio tra diritti, doveri e funzioni, per cui potere, autorità e libertà siano in misura equa e suficiente affidati ai magistrati, al senato e al popolo, non si può conservare questo genere di costituzione mista, di per sé immutabile. Ed infatti, quando la città era turbata per la questione dei debiti, la plebe occupò prima il monte Sacro e poi l'Aventino. Del resto, neppure la dura disciplina di Licurgo potè tenere a freno gli Spartani. Là infatti, sotto il regno di Teopompo, compaiono quei cinque magistrati chiamati efori, mentre a Creta vi erano dieci regolatori, chiamati cosmoi: e come quelli erano stati creati per limitare il potere dei re, così, presso di noi, i tribuni della plebe avevano il compito di controllare il potere dei consoli.

XXXIV - Forse i nostri antenati avrebbero potuto trovare un rimedio alla questione dei debiti, la cui gravità non era certo sfuggita tempo prima all'ateniese Solone, come non sfuggì poi al nostro senato, quando, per l'intemperanza di un creditore, furono liberati gli schiavi per debiti e si impedì al creditore di ridurre in servitù il debitore insolvente. Sempre, quando la plebe era afflitta da pubbliche calamità o spossata da debiti, si cercò nell'interesse di tutti un qualche sollievo e rimedio ai mali. Per avere allora trascurato questa saggia norma, quando si ottenne con una sedizione che fossero eletti due tribuni della plebe, si offri al popolo il motivo di limitare la potenza e l'autorità del senato. Ma essa si manteneva tuttavia grande e forte, poiché proteggevano lo stato con la saggezza e con le armi uomini avveduti ed energici, che godevano presso tutti di altissimo prestigio per il fatto che, pur primeggiando sugli altri per onori, non si abbandonavano ai piaceri, né disponevano di maggiore ricchezza. E proprio perché nella vita privata tutelavano diligentemente gli interessi dei singoli con opere, consiglio e denaro, tanto più gradita nella vita politica era la virtù di ciascuno.

Cicerone, che non amava il popolo, rimprovera i maggiori di aver mancato di saggezza politica per non aver sollevato la plebe dai debiti perché questo ha portato alla diminuzione del potere e dell'autorità del senato come conseguenza della creazione del tribunato.

MP

Bibliografia

Marco Tullio Cicerone
- Dello Stato, tr. Anna Resta Barile, Zanichelli, Bologna, 1981
- Ciceronis, De re publica librorum sex quae supersunt, recensuit L. Castiglioni, Paravia, 1947