Nuove politiche per il welfare state

Il libro di Giulio Prosperetti, Nuove politiche per il welfare state publicato per i tipi dell'editore Giappichelli di Torino, contiene spunti meritevoli di nota. In primo luogo merita menzione il rilievo dato alla necessità, anche giuridica, che a partire dall'art. 3 Cost. si abbia un'attuazione effettiva dello stesso art. 3 Cost.

Anche se le grandi riforme di struttura, che il secondo comma dell'art. 3 Cost. sembrava promettere, non hanno portato a quella liberazione dal bisogno che lo Stato ha tentato con il modello dell'economia mista, nell'attuale logica di libera concorrenza questo indirizzo potrebbe ancora ben essere perseguito nonostante i limiti derivanti dall'Unione europea secondo un'interpretazione sistematica delle norme della costituzione economica, sulla base di quella sovranità fiscale che appartiene allo Stato e che ben potrebbe essere utilizzata a fini redistributivi.
Certamente la rivoluzione post-industriale e l'economia globalizzata hanno mutato l'orizzonte dei problemi sociali imponendo una rilettura delle norme costituzionali in una chiave diversa, cosicché possiamo accorgerci che gli stessi principi possono vestire un diverso assetto sociale e ordinamentale capace di inverare gli stessi valori nel nuovo contesto degli odierni problemi economico-sociali.
Dalla originaria concezione metagiuridica della Costituzione si è arrivati a ritenere che proprio ai sensi dell'art. 3 Cost. si ponga un principio di effettività, cioè di doverosa azione dello Stato nella realtà sociale per l'attuazione dei principi costituzionali.
Il rischio è infatti quello di un ordinamento la cui perfetta coerenza formale non trovi riscontro nella realtà sociale, come troppo spesso avviene in tanti Paesi del mondo.

In questa luce, ed anche in conseguenza dell'evoluzione del mercato del lavoro a seguito della globalizzazione, si è resa evidente l'insostenibilità e la contraddittorietà, anche costituzionale, dell'art. 38 Cost.

Invero, risultando tradita la promessa del pieno impiego, implicita nel diritto dovere di lavorare, il sistema di protezione sociale ha visto aprirsi una falla cui per troppo tempo si è cercato di rimediare distorcendo gli istituti esistenti quali, ad esempio, la pensione di invalidità. Bisogna, allora, fare un'operazione di onestà intellettuale e rivedere l'interpretazione anche della Carta costituzionale alla luce, sia dei cambiamenti fino ad ora illustrati sia anche del nuovo sentire che si è sviluppato in relazione ai diritti sociali e, in primis, al diritto al reddito. L'analisi strettamente letterale dell'art. 38 Cost. sembra sancire l'ostacolo legale al riconoscimento di un diritto generale al reddito; l'articolo contiene un riferimento esclusivo ai lavoratori e non ai cittadini ai quali viene garantito un sostentamento da parte dello Stato soltanto se inabili al lavoro.
Tutti coloro che sono rimasti fuori dal mercato non avrebbero, quindi, secondo l'interpretazione letterale classica della disposizione costituzionale, né mezzi per tutelare il proprio diritto ad avere garantito un livello minimo esistenziale né potrebbero pretendere un lavoro, perché considerato un diritto non immediatamente azionabile.
Non appare possibile basare l'intero sistema di protezione sulla sola interpretazione (per giunta restrittiva) dell'art. 38 [..]

La soluzione proposta dal Prosperetti, sulla quale concordo, consiste, almeno inizialmente, nella riduzione del costo del lavoro attraverso una progressiva fiscalizzazione degli oneri sociali.

Il problema è allora quello di recuperare produzioni industriali, artigianali ed agricole, ma anche servizi di natura culturale (si pensi ai conservatori di musica che sopravvivono solo grazie agli studenti stranieri), ipotizzando un mix tra reddito di scambio e reddito assistenziale; si realizzerebbe, così, il principio costituzionale del salario sufficiente, basandolo su una integrazione tra salario corrisposto dall 'impresa e salario sociale corrisposto dallo Stato.
E questa la nostra proposta, intesa a devolvere risorse finanziarie direttamente ai singoli, ad integrazione del loro salario, concentrando in tali prestazioni assistenziali anche tutto ciò che, in via diretta o indiretta, è già corrisposto dallo Stato con gli ammortizzatori sociali e con incentivi ed interventi a sostegno dell'economia.
Un primo step in tale prospettiva può essere rappresentato dalla graduale fiscalizzazione degli oneri sociali.

La riduzione del costo del lavoro, poiché di questo si tratta in sostanza, deve però avvenire nel rispetto del principio di uguaglianza e cioè non limitandosi alla fiscalizzazione pura e semplice degli oneri sociali, il cui costo alla fin fine ricadrebbe sulle classi più povere e marginalizzate, ma anche riformando il sistema pensionistico garantito dallo Stato in senso egualitario e introducendo un reddito minimo universale.

MP

Bibliografia

Giulio Prosperetti
- Nuove politiche per il welfare state, Giappichelli, Torino, 2013
- Verso nn nuovo welfare: la fiscalizzazione degli oneri sociali e l'introduzione del salario minimo garantito, in AA. VV., Il problema della previdenza nella società postindustriale, Atti del Convegno 14 aprile 2011, Roma, 2012