La grande fuga

Angus Deaton
La grande fuga. Salute, ricchezza e origini della disuguaglianza
il Mulino, Bologna, 2015
la disuguaglianza di reddito non è un problema che abbia bisogno di un rimedio

Il progresso causa della disuguaglianza

Tra gli effetti del progresso c'è - incontestabilmente - l'aumento della diseguaglianza. La disuguaglianza è uno dei doni della civiltà

Lo stesso processo che forgia il motore della civiltà annuncia anche simultaneamente che è improbabile che esso sia posto al servizio dell'eguale benessere di tutti i cittadini

Se è così, perché - sembra chiedersi Deaton, citando Marshall Sahlins attraverso le parole di Ian Morris - l'uomo persegue tanto tenacemente la diseguaglianza attraverso il progresso, ovvero quello che ritiene tale?

Sintetizzando la tesi di Sahlins, Morris scrive: Perché mai la coltivazione della terra ha sostituito la caccia e la raccolta se la contropartita di questa sostituzione sono stati il lavoro, la disuguaglianza e la guerra?

La risposta a questa domanda può essere malthusiana: l'aumento della popolazione... con quel che segue.

Ma si può immaginare la disuguaglianza anche come effetto di competenze specializzate di alcuni individui, più intelligenti o più dotati fisicamente (quando non semplicemente più scaltri) che si costituiscono in gruppi separati (distinti) all'interno della comunità come, ad esempio, i sacerdoti e la nobiltà guerriera. La distinzione come fonte di disuguaglianza è empiricamente verificabile solo in epoca piuttosto tarda.

Il demografo e storico inglese Anthony Wrigley e i suoi colleghi hanno ricostruito la storia della speranza di vita in Inghilterra sulla base dei registri parrocchiali delle nascite, dei matrimoni e delle morti. Non si tratta di fonti attendibili quanto le anagrafi [..] tuttavia questi dati sono in assoluto i migliori disponibili per qualunque paese prima del 1750. [..] T.H. Hollingsworth a partire dai registri delle nascite e delle morti compilati dalla nobiltà britannica ha ricostruito la speranza di vita dell'aristocrazia inglese. [..] L'idea di sovrapporre i dati relativi all'aristocrazia a quelli riguardanti il popolo è dello storico sociale Bernard Harris.

Dal 1550 al 1750 circa l'aspettativa di vita dei nobili è stata simile a quella della gente comune, se non persino leggermente inferiore. [..] Dopo il 1750 la speranza di vita dei nobili inizia a staccare quella della gente comune, aprendo un divario che un secolo dopo sarebbe stato di quasi vent'anni.

La statura misura la disuguaglianza

Si può ipotizzare vi sia una forte correlazione tra ricchezza, sviluppo corporeo e intelligenza. Ne segue che: se gli individui più poveri sono meno intelligenti, avranno meno capacità competitive e di conseguenza tenderanno a rimanere poveri, ad avere condizioni di vita peggiori ed a riprodurre situazioni di povertà.

In sé la statura non può essere considerata un indicatore di benessere. A parità di altre condizioni, non vi è alcuna ragione per supporre che le persone più alte di 1,80 m siano più felici, ricche o sane di quelle di quindici centimetri più basse. Né si può vedere nell'altezza una componente del benessere nel senso in cui lo sono il reddito e la salute. Tuttavia, se ad essere di bassa statura è una popolazione, allora si può dire che i suoi membri nell'infanzia o nell'adolescenza hanno sofferto di carenze alimentari, nel senso che non hanno avuto abbastanza da mangiare [e questo è si correlato al reddito ed alla salute] o che hanno vissuto in un ambiente insalubre dove la malattia, pur non portandoli alla morte, ha tuttavia interrotto per sempre il loro processo di crescita.

Stiamo ora iniziando a capire che vivere in povertà nell'infanzia può avere conseguenza gravi e durature. Le persone basse guadagnano meno di quelle alte, non soltanto nelle società agricole, dove ad essere apprezzate sono tra l'altro la forza e la corporatura, ma anche tra i professionisti dei paesi ricchi [..] Una delle ragioni per cui questo accade è che le capacità cognitive si sviluppano assieme al resto del corpo, cosicché le persone basse sono anche, in media, meno intelligenti di quelle alte. Questa affermazione - lo so bene - tende in genere a suscitare indignazione. Due mie colleghe di Princeton che hanno studiato questa relazione * sono state stigmatizzate ...

La spiegazione è che, a parità di corredo genetico, la privazione alimentare nell'infanzia produce un deficit nelle strutture cerebrali e quindi un deficit intellettivo. Se la privazione alimentare viene ripetuta per secoli su una popolazione abbastanza ampia l'organismo metterà naturalmente in funzione strumenti protettivi della specie quali la riduzione genetica della statura. Viceversa è osservazione comune come il miglioramente diffuso delle condizioni di vita produca un aumento della statura della popolazione nel suo complesso.

Aiuti allo sviluppo

La classe politica dei paesi che ricevono aiuti per lo sviluppo utilizza il miglioramento artificiale delle condizioni di vita della popolazione così ottenuto per sostenere se stessa e per aumentare la disuguaglianza sociale, favorendo deliberatamente gli strati più ricchi della popolazione. In Africa ciò avviene con la sottrazione e l'uso clientelare degli aiuti allo sviluppo ricevuti dai paesi occidentali, in occidente avviene attraverso lo sfruttamento tecnologico.

Helen Epstein scrive che in Uganda si dice esistano due tipi di Aids, l'Aids grasso e l'Aids magro.

Le persone colpite dall'Aids magro diventano giorno dopo giorno sempre più magre e deperite, finché a un certo punto muoiono. L'Aids grasso colpisce i burocrati delle agenzie di cooperazione internazionale, i consulenti stranieri e gli esperti in medicina che prendono parte a conferenze e workshop organizzati in luoghi esotici, guadagnano stipendi generosi e diventano di giorno in giorno sempre più grassi.

Questo è un esempio, credo che le considerazioni finali siano estensibili a tutte le forme di aiuto allo sviluppo in particolare in Africa.

In The Anti-Politics Machine [..] l'antropologo James Ferguson descrive un grande progetto di sviluppo finanziato dal Canada e realizzato nel corso degli anni Ottanta nel Lesotho, interamente basato su un profondo fraintendimento del funzionamento dell'economia della regione: quella che era in realtà una grande riserva di manodopera per le miniere del Sudafrica venne scambiata per una tipica economia agricola di sussistenza. [..] Alla fine non si ebbe alcuno sviluppo e nessuna riduzione della povertà. Aumentò invece la capacità di controllo politico dello stato; la macchina degli aiuti, trascurando la politica, consentì a un'élite profittatrice di sottrarsi ulteriormente al giudizio del popolo.

Se è vero che la povertà e il sottosviluppo sono conseguenze principalmente dell'inadeguatezza delle istituzioni, indebolendo queste istituzioni o bloccandone lo sviluppo l'afflusso massiccio di fondi agisce nel modo esattamente opposto a quello desiderabile.

A preoccupare, in merito agli aiuti all'estero, non è l'effetto che essi possono produrre sui poveri del mondo - che in effetti raramente riescono a raggiungere - bensì l'impatto che esercitano sui governi dei paesi poveri. L'accusa rivolta agli aiuti all'estero di peggiorare, in alcuni casi, le condizioni di vita dei poveri sostiene che questi aiuti sollevano i governi dalla necessità di rispondere alle esigenze dei cittadini in miseria, che quindi patiscono un danno.

Da questo ragionamento consegue che:

il compito più urgente è disfare quanto fatto da chi vorrebbe più aiuti e persuadere i cittadini del mondo ricco che erogare risorse ingenti è nocivo: che aumentandole non faremmo altro che peggiorare ulteriormente le cose e che il modo migliore di aiutare i poveri del mondo è non donare fondi abbondanti.

L'estrazione di rendite nell'attività politica

Anche in Occidente, intendendo con Occidente essenzialmente gli Stati Uniti, la ricerca dell'utile in attività improduttive, come la politica, ha assunto una sempre maggiore importanza.

Anche il governo ha contribuito al rapido incremento dei redditi al vertice della distribuzione. La promessa contenuta nello slogan Troppo grande per fallire e l'erogazione di centinaia di milioni di dollari in retribuzioni da essa resa possibile rappresentano un grave insuccesso dell'attività regolatrice dello Stato. Secondo uno studio degli economisti Thomas Philippon e Ariell Reshef, i compensi del settore finanziario, elevati negli anni Venti del Novecento, si sarebbero ridotti in conseguenza degli interventi regolativi dell'epoca successiva alla Grande depressione, e in seguito sarebbero cresciuti di nuovo, specie dopo il 1980 *. In particolare a incidere su questi andamento sarebbero state le politiche di regolazione o viceversa di deregulation adottate contemporaneamente su quattro aspetti dell'ordinamento del settore finanziario: la diversificazione dell'attività bancaria in rami distinti, la separazione tra banche commerciali e banche d'affari, la fissazione di tetti al tasso di interesse e la separazione tra banche e compagnie assicurative. Aprirebbero e chiuderebbero la saga rispettivamente il varo nel 1932 del Glass Steagall Act e la sua abrogazione nel 1999.

Il Congresso non adotta o revoca a caso questi tipi di leggi. [..] Secondo gli scienziati politici Jacob Hacker e Paul Pierson, le pressioni sulla politica avrebbero giocato un ruolo cruciale nel determinare l'aumento dei redditi più alti *.

Considero questi resoconti complessivamente attendibili, a se anche fossero corretti soltanto in parte, ci troveremmo comunque di fronte a un rischio grave, e cioè che il rapido incremento dei redditi più elevati finisca con l'autorafforzarsi grazie all'accesso alla politica consentito dal denaro. Anziché nell'interesse di tutti, si stabilirebbero regole ad esclusivo beneficio dei ricchi, i quali sfrutterebbero poi queste norme per diventare ancora più ricchi e influenti.

Mancur Olson aveva previsto che i paesi ricchi sarebbero entrati in una fase di declino, insidiati dalla ricerca delle rendite da parte di un numero crescente di gruppi di interesse ristretti, intenti a perseguire esclusivamente i propri affari a spese di maggioranze non organizzate. Poiché l'avanzamento degli uni può avvenire soltanto a spese degli altri, il rallentamento della crescita rende inevitabili i conflitti distributivi.

Il governo delle istituzioni è il collo di bottiglia attraverso il quale si vanifica l'uguaglianza. Le classi con maggiore disponibilità sono in grado di alterare le norme che regolano la distribuzione politica della ricchezza.

A fronte dei benefici che generano, i favori politici sono in effetti estremamente a buon mercato.

Il processo di causazione cumulativa - attraverso il denaro e poi la politica - che ho descritto è tutt'altro che adeguatamente documentato tanto dagli scienziati politici, quanto dagli economisti. Quel che ancora senz'altro ci manca è un'idea precisa delle dimensioni dei vari effetti individuati - quale quota dell'aumento dei supercompensi sia stata assicurata dal lavoro di lobbyng o da altre iniziative politiche, quale debba essere attribuita invece all'elevata produttività di questi privilegiatissimi lavoratori e quanto dell'attività legislativa di questi anni sia da imputare alle pressioni di questi interessi o viceversa a quelli di altri gruppi organizzati, come ad esempio le organizzazioni sindacali, anch'esse ben rappresentate a Washington. E neppure siamo capaci di capire, per il momento, in virtù di cosa la capacità di influenza di questi gruppi sia aumentata nel tempo così fortemente, se è vero che lo hanno fatto. Rispondere a queste domande può aiutarci a capire sia quanto l'aumento dei redditi più elevati dovrebbe inquietarci, sia perché preoccuparsi della capacità dei già ricchi di diventarlo ancora di più non sia una questione di invidia.

Se la democrazia si trasforma in plutocrazia i non ricchi sono di fatto privati del diritto di voto.

Non vi è nulla di sbagliato nel principio di Pareto: non c'è ragione di preoccuparsi della fortuna altrui se questa non ci danneggia in alcun modo. L'errore consiste piuttosto nell'applicare questo principio a un'unica dimensione del benessere - il reddito - ignorando le altre, per esempio la libertà di partecipare alla vita politica di una società democratica, e la possibilità di ricevere un'istruzione adeguata, di mantenersi in salute e di non cadere vittime delle abizioni di arricchimento altrui. Se un aumento dei redditi più alti non compromette il reddito degli altri ma nuoce comunque ad aspetti del loro benessere diversi da quello monetario, non è possibile invocare in sua difesa il principio di Pareto. Denaro e benessere non sono la stessa cosa!

Ciò che consente un duraturo sviluppo economico è la presenza di istituzioni che non si fanno corrompere dal denaro e mantengono la loro imparzialità verso i cittadini.

gli storici dell'economia Stanley Engerman e Kenneth Sokoloff si sono occupati della relazione tra disuguaglianza e crescita (o assenza di crescita) [..] Mancare di un sistema politico aperto alla partecipazione di tutti e di un sistema di istruzione di base significa mancare delle istituzioni necessarie a una crescita economica diffusa.

La ricerca della rendita può arrivare a sostituire alla crescita economica una guerra intestina, una lotta di tutti contro tutti sempre più brutale per quote di una torta sempre più piccola. I gruppi di interesse possono creare un mondo per pochi a spese dei molti, ciascuno dei quali perde tuttavia così poco che organizzarsi per impedire il saccheggio non appare loro conveniente: l'effetto cumulativo della presenza di molti di questi gruppi può erodere un sistema economico dall'interno e soffocare la crescita. [Mancur Olson, Ascesa e declino delle nazioni, il Mulino, 1984] Le élite potenti e ricche hanno già strangolato la crescita in passato e possono farlo di nuovo, se sarà loro consentito di compromettere il funzionamento delle istituzioni dalle quali la crescita diffusa dipende.

La soglia della felicità

Esiste una soglia oltre la quale il denaro e più in generale la ricchezza non procura un aumento del benessere o della felicità percepita. Deaton ha stabilito questa soglia in 75 mila dollari nel 2009

Per quanto si possa impegnare, Bill Gates non riuscirà mai a mangiare più di tre volte al giorno o a navigare su due yacht contemporaneamente.

MP

Bibliografia

Angus Deaton
- La grande fuga. Salute, ricchezza e origini della disuguaglianza, tr. Paola Palminiello, il Mulino, Bologna, 2015