Politica e spirito di servizio

Proposta di legge

1.01Nella situazione di crisi del paese occorre che chi vive, o ha vissuto, di politica dia un segno di buona volontà, di altruismo, di disinteresse. A questo scopo si propone quanto segue.

1.02Viene istituita una sovrimposta sui redditi a carico delle persone che hanno svolto dal 1946 ad oggi funzioni nelle seguenti cariche elettive: Senatori e parlamentari, consiglieri regionali, sindaci e assessori comunali, presidenti di provincia e assessori provinciali, presidenti di regione e assessori regionali, presidenti della republica, presidenti del consiglio, ministri e sottosegretari.

1.03La sovrimposta sui redditi delle persone che hanno svolto funzioni nelle cariche elettive elencate al punto 1.02 è pari all'uno per cento del reddito imponibile complessivo moltiplicato per la durata della carica elettiva espressa in mesi.

1.04Quattro ragioni giustificano l'applicazione di una sovrimposta sui redditi delle persone che hanno servito lo Stato in una carica elettiva.

1.05La prima è ideale. L'assunzione di cariche elettive deve essere intesa con spirito di servizio. Un tempo esse erano a titolo gratuito, poiché la gratuità del servizio opera una discriminazione è logico che vi sia una remunerazione, ma questa va intesa nei limiti più consoni all'idea di servizio.

1.06La seconda è sociologica. Si può facilmente constatare che statisticamente la carriera politica consente una vita attiva e gratificante fino ad età avanzata, con un corrispondente maggior onere per la collettività.

1.07La terza è economica. La carriera politica consente di avere una serie di relazioni e di conoscenze che permettono di ottenere un maggior reddito, sia durante che al termine del mandato

1.08La quarta è retributiva. Per la cattiva qualità della produzione legislativa e per il suo operato complessivo, la classe politica che ha governato l'Italia nel dopoguerra deve ritenersi la principale responsabile della crisi sociale ed economica del paese.

1.09Per questi motivi il legislatore conviene che la presente legge non violi gli articoli 3 e 53 della Costituzione.

MP

Addenda alla proposta di legge

Occorrerebbe perciò introdurre forme di incompatibilità tra cariche di partito e cariche elettive istituzionali, sicché i dirigenti di partito avrebbero l'onere di dimettersi all'atto dell'assunzione di pubbliche funzioni. Si porrebbe così fine all'odierna occupazione delle istituzioni da parte dei partiti, i quali dovrebbero essere investiti di funzioni soltanto di indirizzo politico, e non anche direttamente di pubblici poteri. Solo una simile, radicale riforma può oggi porre rimedio alla crisi profonda di rappresentatività e credibilità dei partiti, peraltro essenziali al funzionamento della democrazia rappresentativa. Solo il venir meno degli attuali conflitti di interesse, che si manifestano nell'autoelezione o nella cooptazione di fatto da parte dei capi dei partiti dell'intero personale rappresentativo, varrebbe a restaurare il rapporto di rappresentanza tra istituzioni elettive ed elettorato, a radicare i partiti nella società, a ridurre il loro discredito odierno e a restituire loro autorevolezza e capacità di attrazione e aggregazione sociale, nonché di controllo e responsabilizzazione degli eletti [10]. In ogni caso, e soprattutto se questa separazione non fosse attuata, si richiede la drastica riduzione degli attuali privilegi e degli altissimi stipendi degli eletti, i quali creano un interesse economico personale all'elezione e quindi un'impropria subalternità ai dirigenti di partito che formulano o comunque sostengono le candidature. Affinché i rappresentanti non abbiano un interesse personale di tipo economico all'elezione, e al tempo stesso condividano e comprendano le condizioni di vita dei rappresentati, le loro retribuzioni non dovrebbero superare le retribuzioni medie dei lavoratori dipendenti. Non dimentichiamo la distinzione di Max Weber tra chi "vive per' la politica" e chi "vive 'di' politica " [11] e la necessità che, pur essendo dovuta la garanzia che possa vivere di politica chi dà un senso alla propria vita vivendo per la politica, è altrettanto dovuta la garanzia che non sia questo il principale scopo della professione politica. Infine, altre misure che dovrebbero introdursi a garanzia della rappresentanza sono: l'imposizione per legge alle forze politiche, quali condizioni del loro accesso alle elezioni o quanto meno al finanziamento pubblico, di statuti che garantiscano la democrazia interna, escludendo ogni forma di discriminazione del dissenso o peggio di mandato imperativo nei confronti degli eletti; la totale incompatibilità tra le funzioni politiche pubbliche e qualunque altro tipo di attività professionale o commerciale e con qualunque altro ufficio pubblico o privato, come le consulenze o la partecipazione a consigli di amministrazione di banche o grandi imprese; la previsione della non rieleggibilità alle cariche elettive per più, poniamo, di due mandati consecutivi [..]