Contro il non profit

Giovanni Moro
Contro il non profit
Laterza, 2014

Il libro di Giovanni Moro, Contro il non profit, che arriva 15 anni dopo il pionieristico lavoro di Paola Tubaro Critica della ragion Nonprofit, rappresenta un primo importante tentativo di ripensare criticamente e senza pregiudizi buonisti le politiche del terzo settore in Italia.

Questo libro è una critica complessiva e radicale dell'invenzione del non profit

L'invenzione del non profit

Il non luogo dove concettualmente tutto ha inizio - sostiene Giovanni Moro - è la ricerca sul non profit iniziata da Lester M. Salamon e Helmut K. Anheier alla Johns Hopkins University di Baltimora negli anni '90 del secolo scorso.

È qui che avviene l'invenzione del non profit come categoria concettuale, qualcosa di paragonabile all'invenzione delcannocchiale usato da Galileo per studiare le lune di Giove. E, come il cannocchiale, anche questa invenzione ha avuto uno straordinario successo, che si è tradotto nella creazione di un nuovo prodotto: il non profit appunto.

La ricerca della Johns Hopkins, secondo Giovanni Moro, ha un difetto, non è contestualizzata e prende come unico modello di riferimento il welfare statunitense.

Non è necessaria alcuna particolare malizia per notare che l'architettura concettuale su cui si basa la definizione e l'articolazione del settore non profit [così come data nello studio della J. Hopkins] è progettata avendo in mente un modello che non viene esplicitato, però c'è. Si tratta del modello di welfare statunitense.

Come è fatto questo modello? [..] è un sistema nel quale lo Stato ha un ruolo secondario e residuale [..] La comunità finanzia i servizi di welfare e li eroga mentre i cittadini pagano questi servizi, ad esempio attraverso le assicurazioni sanitarie.

L'ideologia del capitale sociale

All'invenzione del non profit si accompagna la diffusione nelle società occidentali, non solo negli Stati Uniti, di una costruzione ideologica complessa e differenziata, che fa del non profit il suo orizzonte di riferimento.

Di questa pervasiva costruzione ideologica nel libro di Giovanni Moro sono indicati alcuni punti di repere che meritano di essere segnalati; mentre mi paiono ingenerose le critiche di Cristina Morini:

Benché analizzi il contesto con occhio acuto e critico, l’autore non si sofferma in modo approfondito sulla funzione di governance che oggi il non-profit ha assunto in presenza delle nuove forme di valorizzazione economica in un contesto di bio-capitalismo cognitivo. Se è semplice individuare l’espansione del settore non-profit come sussidiario dei servizi sociali in conseguenza allo smantellamento del welfare pubblico voluto dal potere finanziario, meno chiaro è il ruolo che lo stesso settore sta assumendo nel processo di valorizzazione, mercificazione e sussunzione capitalistica della stessa vita umana.

Il ruolo del non profit come forma di valorizzazione economica di un settore marginale del mercato nel contesto del bio-capitalistimo merita certamente un approfondimento, ma non mi sembra rientri nel discorso proposto dal libro.

Mi sembrano invece rilevanti le osservazioni dell'autore su alcune criticità interne al non profit. Mi riferisco ad esempio all'ideologia del capitale sociale e dei beni relazionali.

Un'ultima criticità [riguarda] l'ideologia del capitale sociale [nella sua versione volgarizzata] secondo la quale il fatto che le persone si mettano insieme ha un valore in sé.

Moro critica l'idea che le relazioni tra le persone abbiano un valore in sé, tale da annullare le differenze qualitative delle azioni prodotte dalle relazioni stesse.

aggregazioni sportive o ricreative acquistano in sé lo stesso valore sociale di quelle che difendono i diritti umani

La retorica del non profit instaura poi una

narrativa dei buoni sentimenti, ossia un modo di raccontare il settore non profit

per mezzo di concettualizzazioni che riprendono tutti i classici temi della contrapposizione bene-male l'economia "buona", la gratuità, il dono, l'altruismo, la coesione sociale.

Il problema è l'immagine generalizzata di una economia buona perché persegue solo vantaggi sociali contrapposta all'economia cattiva delle imprese private a scopo di lucro.

Un Golem sfuggito al controllo

Penso sia capitato a ciascuno di noi di passare davanti ad un ristorante che nell'insegna dichiara di essere un'associazione e che richiede per l'ingresso la tessera d'iscrizione ad una sconosciuta sigla associativa, pagata la quale i gestori dell'associazione e quindi indirettamente anche i clienti ottengono dei benefici fiscali impensabili per i clienti del bar della porta accanto.

Il problema è che nella categorizzazione del non profit una miriade di organizzazioni e iniziative vengono accorpate in un magma informe tenuto insieme solo da una ragione fiscale

Se non si provvederà, ed è compito non solo del Legislatore ma anche degli intellettuali, a decostruire rapidamente il magma - il non qualcosa - rappresentato dal terzo settore, ben presto ci troveremo di fronte ad un Golem, che inghiottirà gran parte delle risorse destinate ai poveri.

Per questo e qui concordo completamente con il pensiero di Giovanni Moro: la prima idea che occorre farsi sul non profit

e in fondo quella veramente importante, è che è necessario prendere atto che un oggetto come il non profit o terzo settore nella realtà non esiste

Il non profit è una costruzione concettuale che strumentalizza l'idea di beneficenza. Mi fermo qui. Lascio al lettore interessato il piacere di scoprire da solo il contenuto di questo bel libro.

MP

Bibliografia

Giovanni Moro
- Contro il non profit, Laterza, Roma-Bari, 2014