Hans Kelsen
Il criterio di controllo della costituzionalità
§ 17. Se l'applicazione delle norme del diritto internazionale da parte del tribunale costituzionale soggiace alle indicate limitazioni, l'applicazione di norme diverse da quelle
giuridiche, di norme superpositive
quali che siano, dev'essere considerata del tutto esclusa. Si afferma talora che, al di sopra della costituzione di qualunque stato, vi sono talune
regole di diritto naturale che le autorità statali preposte all'applicazione del diritto dovrebbero rispettare. Ora, se si tratta di principi incorporati nella costituzione o in un altro
grado qualunque dell'ordinamento giuridico e che vengono enucleati dal contenuto del diritto positivo in via di astrazione, è cosa abbastanza innocua formularli come autonome regole giuridiche. Essi vengono allora applicati insieme con le norme nelle quali si trovano incorporati e solo con esse.
Se però si tratta di principi che non sono stati tradotti in norme di diritto positivo ma che dovrebbero esserlo perché ritenuti equitativi
— sebbene i sostenitori di questi principi li ritengano già, in modo più o meno chiaro, diritto
— siamo in presenza di postulati giuridicamente non obbligatori, che esprimono in realtà solo gl'interessi di alcuni gruppi e che vengono formulati all'indirizzo degli organi preposti alla creazione del diritto: non solo del legislatore, il cui potere di accoglierli è quasi illimitato, ma anche degli organi subordinati che hanno questo potere in misura tanto più ridotta quanto più grande è la parte che essi hanno nell'applicazione del diritto ma che lo hanno tuttavia nella stessa misura in cui
conservano un potere discrezionale, cioè, nella giurisdizione e nell'amministrazione, quando devono scegliere tra più interpretazioni ugualmente possibili.
Proprio nel fatto che la considerazione o l'incorporazione di questi principi, ai quali finora, nonostante ogni sforzo, non è stato possibile dare un contenuto piuttosto univoco, non hanno e non possono avere nel processo di creazione del diritto, per i motivi indicati, il carattere di una applicazione del diritto in senso tecnico, si trova la risposta al problema se possano essere applicati da un organo di giustizia costituzionale. E la situazione è diversa solo in apparenza quando, come spesso accade, la stessa costituzione si riferisce a questi principi richiamando gl'ideali di equità, di giustizia, di libertà, di eguaglianza, di moralità, etc., senza minimamente precisare di che cosa si tratti. Se queste formule servono solo a coprire l'ideologia politica corrente con la quale ogni ordinamento cerca di rivestirsi, il rinvio all'equità, alla libertà, all'uguaglianza, alla giustizia, alla moralità, etc. , in mancanza di una precisazione di questi valori, significa solo che tanto il legislatore quanto gli organi preposti all'esecuzione della legge sono autorizzati a riempire discrezionalmente lo spazio loro lasciato dalla costituzione e dalla legge. Le concezioni della giustizia, della libertà, dell'uguaglianza, della moralità, etc., differiscono infatti talmente, a seconda del punto di vista degli interessati, che, se il diritto positivo non consacra l'una o l'altra di esse, qualunque regola di diritto può essere giustificata con una qualunque di queste possibili concezioni. In ogni caso, però, il rinvio ai valori in questione non significa e non può significare che il contrasto del diritto positivo con la loro concezione personale della libertà, dell'uguaglianza, etc., possa mai dispensare gli organi preposti alla creazione del diritto dall'applicarlo. In linea generale, pertanto, le formule in questione non hanno una grande importanza. Esse non aggiungono nulla alla realtà effettiva del diritto.
Proprio nel campo della giustizia costituzionale esse possono svolgere tuttavia un ruolo assai pericoloso. Le disposizioni costituzionali che invitano il legislatore a conformarsi alla giustizia, all'equità, all'uguaglianza etc., potrebbero essere infatti interpretate come direttive riguardanti il contenuto delle leggi: naturalmente a torto, giacchè sarebbe cosi solo se la costituzione stabilisse una direttiva precisa, se indicasse essa medesima un qualunque obiettivo criterio. Il limite tra queste disposizioni e le tradizionali disposizioni sul contenuto delle leggi che si rinvengono nelle dichiarazioni dei diritti individuali scompare facilmente e non è quindi impossibile che un tribunale costituzionale, chiamato a decidere sulla costituzionalità di una legge, l'annulli perchè è ingiusta, essendo la giustizia un principio costituzionale che esso deve conseguentemente applicare. In tal caso però il potere del tribunale dovrebbe essere considerato semplicemente intollerabile. La concezione della giustizia della maggioranza dei giudici di questo tribunale potrebbe contrastare del tutto con quella della maggioranza della popolazione e contrasterebbe evidentemente con quella del parlamento che ha voluto la legge. È chiaro infatti che la costituzione non ha inteso, usando un termine cosi impreciso ed equivoco come quello di giustizia o altro simile, far dipendere la sorte di ogni legge votata dal parlamento dal gradimento di un collegio composto in modo più o meno arbitrario dal punto di vista politico, com'è un tribunale costituzionale. Per evitare un simile spostamento di potere - certamente non voluto e politicamente del tutto controindicato - dal parlamento ad un organo estraneo e che può diventare il rappresentante di forze politiche ben diverse da quelle che si esprimono nel parlamento, la costituzione deve, specie quando crea un tribunale costituzionale, astenersi da questa fraseologia e, se intende porre principi relativi al contenuto delle leggi, li deve formulare nel modo più preciso possibile.
Bibliografia
- Hans Kelsen
- - La garanzia gurisdizionale della Costituzione (La giustizia costituzionale), in La giustizia costituzionale, a cura di Carmelo Geraci, Giuffrè, Milano, 1981, pp. 188-190
- - La garantie juridictionnelle de la Constitution (La justice constitutionelle), Revue du droit public et de la science politique, 1928, n° 197, pp. 239-242 [Gallica, consultato, venerdì 5 giugno 2015]