Democrazia e diritti
si può affermare che vale anche per la democrazia ciò che Isaiah Berlin ebbe a dire a proposito della libertà:ogni cosa è ciò che è: la libertà è la libertà e non l'eguaglianza né l'equità né giustizia né cultura né felicità degli uomini né coscienza tranquilla. Ogni cosa è ciò che è: la democrazia è democrazia, non libertà né legalità né giustizia né equità sociale.
Ho posto in esergo a questa mia breve riflessione su I diritti della democrazia di Anna Pintore una doppia citazione, perché mi sembra rappresenti bene il pensiero dell'autrice, che in parte condivido. Dopodiché tenterò di mostrare che questa definizione in negativo della democrazia è essenzialmente contestabile a partire dalle sue stesse assunzioni.
Nella prospettiva della Pintore è necessario iniziare il ragionamento distinguendo tra diritti, essenzialmente procedurali, che sono costitutivi del processo che definiremo democratico e diritti irrelati, essenzialmente economici e liberali, che non sono direttamente legati alla definizione del concetto di democrazia.
A - Diritti democratico-procedurali
Abbiamo innanzi tutto i diritti costitutivi della democrazia, ossia quei diritti che rappresentano una componente indispensabile di qualunque definizione di democrazia che s'imperni sull'idea di autogoverno. Si tratta essenzialmente del diritto di voce e di voto e, in una democrazia rappresentativa, di elettorato passivo
B - Diritti extrademocratici-liberali
Abbiamo in secondo luogo i diritti che sono presupposti normativi della nozione di democrazia in una prospettiva liberale. Si tratta essenzialmente della libertà di manifestazione del pensiero, e quindi dell'accessibilità a un'informazione plurale, della libertà personale e quindi dell'habeas corpus, della libertà di circolazione, di riunione e di associazione.
C - Diritti extrademocratici-irrelati
Abbiamo in terzo luogo i diritti irrelati al concetto di democrazia [..] Essi sono il diritto di proprietà e i diritti patrimoniali, nonché i diritti sociali o di welfare, che secondo una ricostruzione a mio avviso plausibile, sono essenzialmente riconducibili alla categoria dei diritti patrimoniali.
Per dimostrare la collocazione esterna al concetto di democrazia dei diritti irrelati
l'autrice si complica la vita introducendo nel discorso la distinzione tra riconoscimento formale (normativo) dei diritti e situazione di fatto. Di conseguenza la semplice e scheletrica tripartizione dei diritti si rivela ora confusa e contestabile.
non il riconoscimentoformaledei diritti proprietari e sociali [condizione C] ma l'effettività delle prestazioni economiche usualmente connesse a tali diritti, ossia la garanzia effettiva di certe condizioni minime di sussistenza, rappresenta il presupposto formale di una democrazia che non sia solo scritta sulla carta [..] Per presupposto in questo caso intendo perciò una situazione di fatto, non una situazione normativa.
Quindi, se non comprendo male, l'esistenza di fatto dei diritti proprietari e sociali diventa precondizione per l'esistenza delle condizioni normative che definiscono la democrazia.
In altre parole, è necessario che quella situazione di fatto sussista, anche se non sussiste il suo riconoscimento giuridico (in termini di diritto alla salute, all'alloggio, ecc.) Il caso dei diritti della categoria A e B è differente, perché la pura e semplice mancanza di un loro riconoscimento giuridico-formale, prima ancora del loro effettivo godimento, impedisce nel primo caso di parlare di democrazia tout-court, nel secondo caso di democrazia liberale. Esiste quindi un'asimmetria tra i diritti delle prime due categorie e i diritti della terza categoria. Agli uni è indispensabile una dimensione normativa che può mancare agli altri.
Secondo questa lettura i diritti irrelati [C], patrimoniali e sociali, sarebbero quindi precondizione necessaria alla stessa costituzione dei diritti democratici [A] e liberali [B]. Questa, ad esempio, è la posizione di Guido Calogero, ed in un certo senso anche la mia, ed è ammessa anche dalla Pintore, ma solo come caso limite e con una precisa riserva.
Nel caso estremo di una società in cui una parte della popolazione muoia di fame o sia costretta a dedicare tutte le proprie energie vitali alla lotta per la sopravvivenza, o sia priva di alloggio, di istruzione o malata e impossibilitata a curarsi mancherebbero le precondizioni di fatto affinché i cittadini possano esercitare la propria autonomia politica, ma si tratta di precondizioni di fatto che non è né formalista né cinico distinguere sia dalle precondizioni normative, sia dalle condizioni costitutive della democrazia.
La posizione che l'autrice si propone di giustificare, anche attraverso una dimostrazione per assurdo, è, invece, quella della netta separazione e della conflittualità tra diritti procedurali e diritti non procedurali (extrademocratici
).
Assumere i diritti (tutti i diritti, quali che siano) e la giustizia sociale come precondizioni o addirittura elementi costitutivi della democrazia equivale ad alimentare un atteggiamento [..] tendenzialmente apocalittico.
L'esistenza della democrazia verrà fatta dipendere dalla piena realizzazione dei diritti e della giustizia sociale, e nell'attesa messianica di questo evento assai improbabile [..] qualunque sistema politico dovrà giocoforza essere bollato come non democratico.
Secondo l'autrice la riduzione della democrazia alla semplice esistenza normativa di un sistema di procedure democratiche risolverebbe il problema del rapporto conflittuale tra democrazia e diritti.
In sostanza, qualora in una società manchino (o siano violati significativamente) i diritti della categoria A, possiamo dire senz'altro che non vi è democrazia. Qualora i diritti B manchino (o siano violati significativamente) diremo che non vi è una buona democrazia in un'ottica liberale. Qualora invece siano i presupposti di fatto a cui corrispondono i diritti C a mancare diremmo che la società in questione è iniqua, inegualitaria, diremmo che viola i principi di giustizia distributiva o redistributiva, che denega la dignità delle persone, ecc., ma staremmo in tal caso formulando giudizi che riguardano il funzionamento effettivo di una democrazia, non la sua fisionomia concettuale e normativa.
L'ineguale fruizione dei diritti costitutivi e di quelli presupposti (categorie A e B) non intacca il carattere democratico di un regime politico, salvo il caso estremo in cui la maggior parte dei cittadini, per mancanza di condizioni minime di sussistenza, fosse impossibilitata a esercitare i diritti di partecipazione politica: in questo caso avremmo indubbiamente una democrazia solodi carta.
Secondo la Pintore il concetto di democrazia sarebbe di natura scalare
e varierebbe dal grado zero
all'unità senza per questo perdere significato. Ma un concetto di democrazia così definito è troppo vago sia dal punto di vista normativo che di fatto per non essere essentially contested concepts
.
Ciò giustificherebbe la ricerca di alternative fattuali alla definizione di democrazia intesa come metodo attraverso il quale i membri di un gruppo adottano le decisioni relative al gruppo secondo procedure che stabiliscono l'uguaglianza dei membri rispetto alle procedure.
Bibliografia
- Anna Pintore
- - I diritti della democrazia, Laterza, Roma-Bari, 2003
- - Democrazia e diritti. Sette studi analitici, Edizioni ETS, Pisa, 2010
- - Democrazia senza diritti. In margine al Kelsen democratico, in
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