Il futuro del capitalismo

1.01La casa editrice di proprietà del Presidente Berlusconi ha publicato alcuni anni fa un libro di gradevolissima lettura che vorrei consigliare anche ai leader dell'opposizione, supponendo che l'onorevole Berlusconi, avendolo publicato, lo abbia già letto.

1.02Non si tratta di un libro di soluzioni, ma della migliore istantanea sulla situazione economica mondiale che io conosca. La scienza insegna che per ottenere dei buoni risultati occorrono molti dati. Il libro di Lester Carl Thurow [1] è una grande raccolta di dati, esposti in modo lucido e brillante, e può essere una buona base di riflessione per chi è istituzionalmente chiamato a trovare delle soluzioni. Ecco una sintesi di alcuni dati, scelti fra i più significativi, sui quali svolgerò alcune considerazioni personali.

Nel corso degli anni Sessanta l'economia mondiale è cresciuta al tasso del 5% annuo al netto dell'inflazione. [2] Negli anni Settanta la crescita è calata al 3,6%. Negli anni Ottanta c'è stato un ulteriore rallentamento al 2,8%, e nella prima metà degli anni Novanta il mondo si è trovato a fare i conti con un tasso di crescita ridotto al 2%. [3]

1.03Sebbene sia difficile stabilire il grado di approssimazione per questo tipo di dati, quelli presentati sono nella loro univocità significativi, se non a livello quantitativo sicuramente a livello qualitativo ed indicano una tendenza reale di cui occorre tenere conto. Dalla fine della seconda guerra mondiale la crescita del prodotto netto è in costante diminuzione. Se possono essere in gran parte attribuiti alla ricostruzione post bellica i risultati molto elevati degli anni Cinquanta e Sessanta, non è stabilito quale sia il limite di equilibrio della situazione attuale.

In tutta l'Europa occidentale, dal 1973 al 1994, in termini netti non è stato creato un solo posto di lavoro reale. [4] Nello stesso periodo gli Stati Uniti hanno creato 38 milioni di nuovi posti di lavoro reali, pur avendo una popolazione inferiore di un terzo. I tassi di disoccupazione dell'Europa occidentale, che nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta erano stati pari a circa la metà di quelli registrati negli Stati Uniti, entro la metà degli anni Novanta erano diventati il doppio di quelli statunitensi (il 10,8 contro il 5,4 nel marzo 1995). [5] Se poi fossero stati inclusi nelle statistiche quei cittadini europei che non sono più compresi nella definizione di forza di lavoro pur appartenendo a una fascia di età lavorativa normale, il tasso di disoccupazione europea avrebbe raggiunto almeno il 20%.

1.04La creazione di nuovi posti di lavoro negli Stati Uniti è stata ottenuta sostanzialmente attraverso la diminuzione delle retribuzioni da lavoro dipendente che ha colpito in particolare i maschi, e dall'aumento dell'ineguaglianza nella distribuzione dei redditi. La previsione di Keynes, secondo la quale quando l'economia capitalistica viene lasciata senza controlli per qualche generazione, metà della popolazione si riduce schiava dell'altra metà, sembra essersi avverata ancora una volta. Questa è la descrizione del fenomeno come viene abbozzata da Thurow.

Durante la grande depressione, in modo del tutto prevedibile, le differenze di reddito diminuirono. La ricchezza capitalistica si era praticamente dissolta con il crollo avvenuto nel mondo degli affari. [..] Allo stesso modo non dovrebbe risultare strano il fatto che durante la seconda guerra mondiale, mentre 12 milioni di americani combattevano e morivano per il proprio paese (attività intrinsecamente egualitaria), il governo manovrasse deliberatamente prezzi e retribuzioni per attenuare i differenziali di reddito.
Ciò che invece potrebbe stupire è che quando dopo la guerra, il controllo su prezzi e salari vennero eliminati e l'economia tornò a prosperare, non si siano ricreati i grandi differenziali di reddito che esistevano negli anni venti. Gli anni Cinquanta e Sessanta sono stati caratterizzati da una grande stabilità in questo senso [..] Ma all'improvviso nel 1968, come una scossa improvvisa in un ghiacciaio rimasto a lungo immobile, l'ineguaglianza ha cominciato ad aumentare. [6] Nel corso dei due decenni successivi si è diffusa e intensificata [..] Tra i maschi, la componente più toccata da questa tendenza, l'ineguaglianza tra i redditi da lavoro, è raddoppiata in vent'anni. [7]

1.05Voglio notare, per inciso, che, come questa indicazione dimostra, la contestazione giovanile del 1968 è qualcosa di socialmente più complesso di quanto sia apparso. Forse l'interpretazione di quegli eventi è tutta da scrivere. Come pure è da interpretare secondo Thurow il reale significato dell'inflazione che ha colpito le nazioni più sviluppate negli anni Settanta.

L'alta disoccupazione necessaria per combattere l'inflazione è uno dei fattori che hanno determinato la diminuzione del salario reale per la grande maggioranza dei cittadini americani, ma questa realtà è troppo camuffata dietro una serie di altri fattori e troppo indiretta per essere individuata come causa. La vittoria politica arriderà a coloro che dichiararono guerra santa contro l'inflazione. Ma così si provoca indirettamente una riduzione del salario reale per la maggior parte degliamericani.

1.06La lotta all'inflazione che si è sviluppata negli anni seguenti, e non l'inflazione, ha così contribuito a rendere permanente e progressiva quella tendenza all'aumento del differenziale di reddito e di ricchezza, che si era manifestata sul finire degli anni Sessanta.

Negli anni Ottanta, l'intero incremento retributivo è affluito a quel 20% della forza lavoro maschile che occupa fasce di reddito superiori e, ciò che è più impressionante, il 64% di tale aumento è stato incamerato da quell'1% che si colloca nella fascia più alta. [8]
La quota di ricchezza netta detenuta dallo 0,5% della popolazione è aumentata in soli sei anni, dal 1983 al 1989, dal 26 al 31%. All'inizio degli anni Novanta la quota di ricchezza (oltre il 40%) detenuta dall'1% della popolazioneera sostanzialmente raddoppiata rispetto alla metà degli anni Settanta, e si era così ricreata la situazione che esisteva alla fine degli anni Venti, prima che fossero introdotte le imposte progressive. [9]

1.07L'altro dato significativo, come abbiamo visto, è quello della progressiva diminuzione del reddito reale, per tutti i lavoratori salariati maschi, indipendentemente dal grado di istruzione e dalla qualifica professionale, ad eccezione delle funzioni manageriali di grado più elevato.

Nel 1973 i salari reali al netto dell'inflazione dei lavoratori maschi hanno cominciato a diminuire. Anche in questo caso si è trattato di un processo che si è esteso gradualmente a tutta la forza lavoro finchè, all'inizio degli anni Novanta, tale diminuzione interessa i salari reali dei lavoratori maschi di ogni età, settore, professione e con qualsiasi grado di istruzione, compresi quelli con titoli di formazione post universitaria. [10] Tra il 1973 e il 1993 i valori medi dei lavoratori maschi occupati a tempo pieno tutto l'anno hanno subito un crollo dell'11% (da 34.048 a 30.407 dollari nel 1993), nonostante il PIL reale pro capite sia aumentato del 29%. [11]

1.08Questi dati sono riferiti agli Stati Uniti. In Europa la diminuzione del salario reale per gli occupati è stata minore, ma a prezzo, come si è visto, della disoccupazione per una quota maggiore di persone. Dal punto di vista complessivo non ci sono motivi per ritenere che anche in Europa non si tenda ad una evoluzione nella distribuzione dei redditi diversa da quello americana. La progressiva diminuzione dei salari reali per la maggioranza della popolazione lavorativa delle nazioni sviluppate sembra un dato inevitabile in una economia di libero mercato globale quale quella in cui viviamo. Questo fatto determina delle modificazioni nella psicologia individuale e sociale di una parte importante della società, ma determina anche delle modificazioni nella struttura stessa della società e delle sue regole.

1.09Esiste un conflitto strutturale tra democrazia e capitalismo. A questo tema, a cui è legato il futuro del capitalismo, Thurow dedica un intero capitolo.

Democrazia e capitalismo hanno una visione molto diversa della ripartizione del potere. L'una crede in una distribuzione egalitaria del potere politico, "un uomo un voto", mentre l'altro ritiene che sia un dovere dell'individuo economicamente più adatto espellere dal mercato quello inadatto e condannarlo all'estinzione economica. Volendo essere crudi il capitalismo è compatibile con la schiavitù.
Anche partendo da una distribuzione egualitaria del potere d'acquisto, l'economia di mercato trasforma rapidamente l'eguaglianza in diseguaglianza.

1.10Questo non avviene, contrariamente a quello che ha sostenuto la teoria del "capitalismo della sopravvivenza del più adatto" di Spencer, [12] per differenze qualitative tra le persone (una maggiore abilità o una maggiore forza) ma per effetto del caso. La selezione darwiniana è in gran parte guidata dal caso.

Le grandi ricchezze inoltre non sono affatto il risultato di quel paziente processo di risparmio e di reinvestimento ai tassi di rendimento di mercato descritto nei manuali di economia. Un individuo che partisse da 100.000 dollari e fosse disposto a risparmiare il suo capitale e investire tutti gli interessi del suo capitale, dopo quarant'anni, con il tasso d'interesse reale degli ultimi dieci anni (il 2,2%), si ritroverebbe con 238.801 dollari. [13]

1.11L'accumulazione capitalistica è qualcosa che ha a che fare con il caso. Su molte persone che corrono una gara con capacità molto simili solo una vince, tutte le altre perdono. Vi è una certa somiglianza con la lotteria, dove i pochi giocatori che hanno vinto qualche volta hanno molte più possibilità di continuare a giocare e quindi di continuare a vincere per un semplice effetto del caso.

L'economia capitalistica in fondo è come Alice nel paese delle meraviglie: bisogna correre molto veloci per restare fermi nello stesso posto. Solo per impedire l'aumento della diseguaglianza occorre uno sforzo continuo. Dato che l'economia di mercato storicamente non ha prodotto abbastanza eguaglianza economica da essere compatibile con la democrazia, tutte le democrazie si sono trovate costrette a "interferire" con il mercato attraverso un ampio ventaglio di politiche economiche finalizzate a promuovere l'eguaglianza e impedire l'aumento della diseguaglianza. [14]
La democrazia si preoccupa delle diseguaglianze economiche create dal capitalismo e lavora per diminuirle. Questa azione combinata [finora] ha funzionato [..]
Nel futuro questa mediazione tra democrazia e capitalismo è destinata a finire. Man mano che le differenze di reddito si estremizzano e le fasce sociali intermedie si riducono, i governi democratici dovranno fare i conti con una struttura socio-economica sempre più diseguale, che porrà loro seri problemi. [15]

1.12Gyorgy Lukacs da qualche parte ha scritto che quello che mina la democrazia non è la ineguale distribuzione delle ricchezze, ma la "troppo" ineguale distribuzione delle ricchezze. Nessuno, nemmeno un comunista come Lukacs, pensa che sia necessaria una assoluta eguaglianza delle ricchezze per mantenere la democrazia.

1.13 E' incommensurabilità, e solo quella, che mina le fondamenta della democrazia. E la stessa opinione esprime in sostanza un liberale come John Maynard Keynes:

Per mio conto ritengo che vi siano giustificazioni sociali e psicologiche per diseguaglianze anche rilevanti dei redditi e delle ricchezze, ma non per disparità tanto grandi quanto quelle oggi esistenti. Vi sono pregevoli attività umane che richiedono il movente del guadagno e l'ambiente del possesso privato della ricchezza affinchè possano esplicarsi completamente. Inoltre l'esistenza di possibilità di guadagni monetari e di ricchezza privata può instradare entro canali relativamente innocui, pericolose tendenze umane, le quali se non potessero venir soddisfatte in tal modo, cercherebbero uno sbocco in crudeltà, nel perseguimento sfrenato del potere e dell'autorità personale e in altre forme di auto - potenziamento. E' meglio che un uomo eserciti la sua tirannia sul proprio conto in banca che sui suoi concittadini.

1.14Collegato al problema della diminuzione del salario reale dei lavoratori delle nazioni occidentali è quello dell'avvenire delle pensioni. Il sistema di previdenza pensionistica introdotto da Bismarck in Germania ed estesosi poi alle altre nazioni europee prevedeva come condizione di efficienza una crescita progressiva non solo dell'economia nel suo complesso, ma anche del reddito reale dei lavoratori dipendenti. Questa condizione avrebbe permesso di sottrarre loro una quota crescente del reddito per destinarla alle pensioni senza grandi inconvenienti. Ma la diminuzione del reddito reale dei lavoratori, intervenuta tra il 1973 e il 1993, e l'aumento delle prestazioni erogate indipendentemente dal reddito complessivo reale hanno determinato il ricorso da parte dei governi degli stati europei all'indebitamento per finanziare il mantenimento dei livelli delle prestazioni pensionistiche promesse. Questo ha causato, nelle nazioni europee, la progressiva diminuzione degli investimenti e l'aumento del deficit publico. Quindi, oltre che sulla struttura della democrazia, la diminuzione del salario reale ha effetti anche sulla finanza publica. E una democrazia che non sia in grado di far fronte alle proprie promesse è una democrazia debole.

1.15Il problema è quindi complesso, ma uno dei modi di affrontarlo è certamente quello di trovare mezzi di redistribuzione del reddito che non limitino le possibilità di libero sviluppo degli individui e la loro attitudine al lavoro e all'imprenditorialità. Per risolvere questo problema credo che siano necessari fantasia e metodo scientifico. Fantasia per proporre delle idee nuove e metodo scientifico per sperimentare le idee proposte senza pregiudizi ideologici.

1.16Non credo che esista una unica soluzione al problema, come per le malattie complesse non esiste una unica medicina. Gli strumenti da utilizzare sono molti e devono essere coordinati. Ecco alcuni esempi su cui discutere.

1.171° Quest'anno in Italia si è parlato di successioni, donazioni ed incentivi per le fondazioni private. Io credo invece che debbano essere incentivate le successioni e le donazioni direttamente a favore dello stato. Le successioni e le donazioni così ottenute dovrebbero essere subito monetizzate rivendendo i beni, senza appesantire lo stato della gestione di nuovi beni. Questa forma di contribuzione dovrebbe divenire per tutti i cittadini il massimo onore civile. Quelli che a Genova, oggi sono ospedali publici, come il Brignole e il Pamattone, ai tempi della Republica di Genova erano stati costruiti e mantenuti per secoli con le donazioni dei cittadini (cfr. le considerazioni di Carlo Cattaneo sugli ospedali di Milano).

1.182° Durante la vita di ciascun individuo molte sono le occasioni in cui lo stato dà qualcosa al singolo individuo. Per molti di questi contributi dello stato al miglioramento delle condizioni di vita della singola persona si dovrebbe porre come condizione la restituzione di quanto è stato dato in tutti i casi in cui le variazioni di condizione economica della persona lo rendano possibile. In questi casi non si tratterebbe di un prestito, perchè nulla verrà chiesto come interessi e nulla verrà esatto a forza, ma semplicemente di un impegno del singolo a restituire quanto egli riceve in più di quello che ha dato, in modo che questa somma possa ritornare per essere ridata ad altri. Esempi:

  • Tutte le pensioni per le quali non vi sono sufficienti contributi dovrebbero essere restituite e detratte al momento della successione dall'asse ereditario. Succede più spesso di quello che si crede che persone in apparenza povere e assistite dallo stato poi lascino in eredità delle fortune, magari ad enti ecclesiastici che hanno loro carpito una firma con qualche promessa.
  • Borse di studio o tasse universitarie. Chi le riceve dovrebbe impegnarsi a restituirle, senza interessi, tutte le volte che sia stato raggiunto un livello di reddito che lo consenta, o comunque in ogni caso all'atto della successione. In questo modo si potrà aumentare il numero di sussidi concessi. Dal punto di vista del singolo individuo questo può essere un agire contro i propri interessi; la diffusione dell'istruzione diminuisce il valore della propria istruzione, ma dal punto di vista della società nel suo complesso la diffusione dell'istruzione è sicuramente un vantaggio.
  • Aiuti alle imprese. Tutti gli aiuti alle imprese, in qualsiasi forma concessi, dovrebbero essere restituiti. Troppo spesso si ha la sensazione che certo plusvalore non sia creato dall'abilità dello imprenditore, ma provenga direttamente dallo stato.
  • In generale ogni forma di assistenza dovrebbe essere restituita, quando ve ne siano le condizioni e le possibilità, in modo che possa essere riutilizzata.

1.193° Si potrebbe introdurre la possibilità di credito da parte dello stato in funzione delle imposte dirette pagate in precedenza. Tutti paghiamo qualcosa allo Stato, alcuni pagano molto, magari solo per un certo periodo di tempo quando la fortuna è favorevole. A volte accade che quelle stesse persone abbiano dei problemi. In questi casi si potrebbe studiare una forma di sussidio o addirittura di prestito, se gli importi necessari sono maggiori, prendendo a fondamento il totale delle imposte pagate in precedenza. Se questa idea venisse applicata certamente vi sarebbe una "facilitazione" psicologica nel pagamento delle imposte, da cui l'erario, e con esso la democrazia, non potrebbero che trarre giovamento.

1.20Che, nel modo di rapportarsi con l'erario, si tratti pur sempre di una questione psicologica lo dimostra questa sottile intuizione, di Charles Brower che David Ogilvy definisce "emendamento al tredicesimo capitolo dell'epistola ai Corinzi di San Paolo" :

L'uomo che trascorre la sua vita ad accumulare oro per il tesoro degli Stati Uniti e non si diverte è un vero somaro ed un idiota integrale

1.21Questi sono solo alcuni esempi di come trasferire in modo equo dei capitali da chi non può più utilizzarli a chi può ancora utilizzarli, e da chi ne ha già tratto beneficio a chi potrebbe trarne beneficio.

1.22Queste idee presuppongono degli strumenti per essere attuate. In particolare è necessario che tutta l'attività riguardante i singoli individui e gli atti dell'amministrazione sia informatizzata. Oggi questo è tecnicamente possibile e sarebbe utile. Si avrebbe una ricaduta occupazionale per gli investimenti necessari. Si avrebbe un miglioramento nell'accesso ai dati dell'amministrazione publica da parte del singolo cittadino. E ovviamente si potrebbe fare in modo semplice, una contabilità di quanto ciascuno ha dato e ricevuto dallo stato e dagli enti publici.

Bibliografia

Lester C. Thurow
- Il futuro del capitalismo, Mondadori, 1997