La vera questua

Sulla tassazione dei beni ecclesiastici e altre simili amenità

1.

1.01Con le leggi che il Governo italiano presieduto da Silvio Berlusconi si appresta a deliberare verranno imposti agli italiani, specie alle classi più povere, dei sacrifici che ridurranno le condizioni di vita di molte persone al livello di sussistenza. In questa situazione è necessario che anche la Chiesa cattolica faccia la sua parte, ma non arrogandosi il diritto di intervento su un'altra porzione del mercato dell'assistenza, bensi contribuendo economicamente in prima persona al risanamento dei conti dello Stato italiano, attraverso il pagamento delle tasse, senza più alcuna esenzione, e con la riduzione delle sovvenzioni che lo Stato italiano elargisce allo Stato del Vaticano. Ciò appare inevitabile. Se ciò non avverrà la situazione sociale potrebbe diventare insostenibile. Mentre lo Stato chiede sacrifici a vaste porzioni della società non appare credibile che si possano mantenere zone franche, che continuano a vivere a carico delle casse statali, indifferenti a quanto accade intorno a loro. Date a Cesare...

1.02Due motivazioni di ordine generale inducono a richiedere un intervento che apporti delle modifiche nel rapporto economico tra Stato e Chiesa. La prima è un principio di uguaglianza, che può essere così espresso: la classe politica, a nome dello Stato, con denaro publico, finanzia delle attività che ritiene meritorie, come possono essere la Traviata al Carlo Felice, una rassegna cinematografica sui diritti umani in Nicaragua o l'insegnamento del catechismo della Chiesa cattolica. In questo modo si può facilmente dimostrare che i poveri, che non hanno potere decisionale, finanziano gli svaghi e gli interessi culturali dei più ricchi. È stato proposto di ovviare a questi inconvenienti con un sistema di vouchers, che sposti la scelta dell'investimento alla singola persona anziché alla classe politica. La seconda motivazione è che il finanziamento di attività improduttive, come appunto l'opera lirica, gli aiuti ai sandinisti in Nicaragua e la sovvenzione alla Chiesa cattolica hanno, dal punto di vista economico, un moltiplicatore molto basso e , socialmente, limitano le possibilità di sviluppo del paese dirigendo sforzi umani e lavorativi su attività senza possibilità di innovazione, afflitte dal morbo dei costi.

1.03Se, poi, osserviamo la storia della Chiesa dal punto di vista economico si è visto - Ekelund et alii - come l'estrazione di rendite attraverso l'offerta di servizi spirituali a prezzi particolarmente elevati - come in ogni monopolio - ha importanti conseguenze negative dal punto di vista sociale. Viceversa in una situazione di mercato concorrenziale i cambiamenti di forma religiosa si verificano come decisioni razionali, determinate da confronti tra benefici e costi. Ovviamente la cosa ha due aspetti diversi se vista dalla parte dell'utente che riceve un sovrappiù, pagato da altri o viceversa. In linea generale però, il mantenimento di una situazione di maggior costo dei servizi spirituali a carico di una comunità nel suo complesso non può che riflettersi sul livello di benessere generale della comunità stessa. Forse non è un caso che, tra le nazioni europee, la Grecia e l'Italia siano quelle più indebitate e meno produttive e viceversa quelle dove il costo dei servizi offerti dalla rispettiva Chiesa nazionale incide maggiormente sui cittadini. Viceversa - come effetto secondario della forte presenza di una chiesa nazionale, che si arroga il monopolio del diritto di intervento presso le classi più povere - Italia, Grecia ed Ungheria sono gli unici paesi europei dove lo Stato non garantisce un reddito di ultima istanza.

1.04Non interessano in questa sede le vicende della finanza vaticana, che seppure hanno un effetto distorsivo sulla politica italiana e sul mercato finanziario, riguardano in primo luogo la magistratura e solo secondariamente il legislatore.

1.05Di passaggio si deve inoltre considerare il fatto che a seguito del fenomeno migratorio, mantenendo la legislazione vigente, per un principio di uguaglianza costituzionale, il finanziamento della religione non potrà limitarsi alla religione cattolica, con conseguenze che non è qui il caso di esaminare.

2.

2.01Date queste premesse, in primo luogo l'esistenza in Italia di una traslazione di risorse dall'assistenza publica al finanziamento della Chiesa cattolica, esaminiamo, nel modo più obiettivo possibile, come si possa ripristinare una situazione di maggiore equità, riducendo i costi e, se possibile, prevedendo gli effetti dei tagli. Per fare questo occorre conoscere le forme che assume questa traslazione di ricchezza. Qui incontriamo una prima difficoltà. La complessità ed il bizantinismo della legislazione italiana, grave colpa del Legislatore, che prima o poi sarà chiamato a pagarne le conseguenze con una perdita di credibilità dell'Istituzione, fanno sì che accanto ad alcune voci di spesa chiare e quantificabili con relativa precisione, ne esistano altre molto più difficili da individuare e quel che è peggio praticamente incontrollabili nei loro reali effetti.

2.02L'otto per mille dell'IRPEF e le offerte deducibili per il sostentamento del clero sono, pur nella loro indeterminatezza, le voci di spesa contabilmente più certe, almeno nella loro quantificazione ufficiale, in quanto il calcolo è effettuato su un importo sicuramente determinato. Le modalità del calcolo, che risalgono alla formulazione ideata dal consulente del Governo Giulio Tremonti, prevedono che la ripartizione dell'otto per mille sia fatta in propozione al numero delle adesioni sul totale dell'importo e non come sarebbe normale pensare sul numero effettivo delle adesioni. L'importo di queste due voci complessivamente negli ultimi anni è risultato superiore al miliardo di euri.

2.02.01Nell'otto per mille è stata ricompresa la congrua: lo stipendio che lo Stato italiano riconosceva ai parroci. Con l'adozione del reddito di cittadinanza (vedi Per un welfare hobbesiano) l'equivalente della congrua verrebbe ricompreso negli importi che lo Stato già elargisce. Diverso il caso di monaci e suore che, almeno formalmente, non ricevono salario, ma il cui equivalente è ampiamente compreso nell'otto per mille.

2.02.02Poichè l'otto per mille viene gestito interamente dal Vaticano, viene, di conseguenza, attribuito ai vertici della gerarchia ecclesiastica un enorme potere di controllo e di condizionamento della libertà di comportamento e di espressione dei religiosi e dei laici sottoposti.

2.03L'insegnamento della religione nelle scuole publiche (Irc) è, fra quelle più chiaramente definibili, la seconda voce di spesa a carico dello Stato italiano di cui beneficia, questa volta solo indirettamente, la Chiesa cattolica. Gli insegnanti ( circa 27.000 nel 2009) sono scelti dal vescovo, ma vengono retribuiti dallo Stato italiano. Singolare è poi il fatto che una volta entrati in ruolo questi insegnanti non debbano superare un concorso, per passare all'insegnamento di un'altra materia, il che crea un'evidente illegittimità della norma. L'impegno di spesa per questa voce è di poco inferiore al miliardo di euri. Si tratta di un insegnamento assolutamente improduttivo.

2.04Il cinque per mille dell'IRPEF rappresenta invece una fonte di finanziamento occulto. Pur non essendo specificatamente rivolto alla Chiesa, per la tipologia degli enti a cui si rivolge: associazioni, fondazioni, università, onlus etc. di fatto rappresenta uno strumento di sovvenzione di enti strutturalmente legati alla Chiesa cattolica. La quantificazione di queste sovvenzioni è quanto mai ardua, ma di esse si deve comunque tenere conto.

2.05Il sette per cento degli oneri di urbanizzazione rappresenta invece un finanziamento diretto alla costruzione di chiese e quindi è una sovvenzione diretta ad una proprietà privata in quanto le chiese poi diventano proprietà privata. La quantificazione totale di questi importi è resa difficile dalla frammentazione territoriale, ma tecnicamente non è difficile da ricavare dalla contabilità publica, se c'è la volontà di farlo.

2.06Sovvenzioni per manifestazioni religiose di ogni tipo, dai giubilei, alle visite papali, fin giù alle sagre di paese sono una voce di spesa non irrilevante, seppure, data l'occasionalità e l'arbitrarietà di queste spese, sia assai difficile quantificarle, se non attraverso un minuto lavoro di contabilità a posteriori. Curzio Maltese indica una media annua - nell'ultimo decennio - di 250 milioni di euro.

2.07Anche le scuole cattoliche parificate o autorizzate ricevono dei contributi direttamente dallo Stato italiano, il cui importo è variato nel tempo, in funzione dello scambio di favori tra Chiesa e Governo in carica. A titolo esemplificativo riporto alcuni dati tratti da Curzio Maltese: Nel 2004 lo Stato ha elargito 258 milioni di finanziamenti alle scuole cattoliche, 44 per le cinque Università cattoliche, più 20 milioni per il Campus Biomedico dell'Opus Dei (30 nel 2005), 18 milioni per i buoni scuola degli studenti delle scuole cattoliche. Nel 2005, l'ammontare dei contributi alle scuole non statali è stato di 527 milioni di euri (circolare ministeriale 38/2005). Nel 2006 a fronte dei tagli all'istruzione apportati dalla legge finanziaria, i finanziamenti diretti alla scuola privata sono stati incrementati fino a 532 milioni..

2.08Le convenzioni publiche con ospedali cattolici ammontano a circa 1 miliardo di euro, quelle con gli istituti di ricerca a 420 milioni, e quelle con le case di cura a 250. Non so su che base siano stati calcolati questi dati, riportati nel libro di Curzio Maltese, ma indicano un ulteriore punto di convergenza nei rapporti economici tra enti publici e privato cattolico. In questo caso non riguardano solo lo Stato, ma anche regioni e comuni.

2.09L'esenzione dalle imposte patrimoniali (ICI, INVIM etc.) sui beni ecclesiastici o paraecclesiastici si devono classificare invece tra le mancate entrate. In questo caso quindi, si possono fare solo delle stime che in questo caso non vale la pena riportare. Si tratta comunque di somme ingenti che vengono detratte dalle entrate dello Stato. Le norme del 1992 che esentavano gli immonbili ecclesiastici dal pagamento dell'ICI sono state giudicate illegittime dalla Corte di Cassazione, e dall'Unione Europea, ma il decreto Bersani del 2006 ha aggirato l'ostacolo con un bizantinismo, per cui non devono pagare l'ICI gli immobili a uso "non esclusivamente commerciale".

2.10Appare difficilissimo calcolare, anche in modo approssimativo, le somme teoricamente dovute a titolo di imposte sui profitti (IRES) delle società appartenenti a strutture collegate alla chiesa cattolica, che vengono eluse. È possibile che con lo sviluppo della tecnologia informatica sia possibile un maggiore controllo anche delle attività borderline come queste. Nel momento in cui sia possibile quantificare le cifre sarà sempre più difficile giustificare delle esenzioni in questo settore.

2.11Esiste poi il servizio di assistenza spirituale, pagato dallo Stato e svolto da religiosi, presso l'esercito, gli ospedali, le carceri.

2.12Seppure la manomorta, formalmente, non esista più la resa delle imposte sui passaggi di proprietà dei beni ecclesiastici rimane comunque molto inferiore rispetto all'imposta normale. Inoltre è noto che donazioni ad enti religiosi spesso non sono libere. Ad un anziano che chiede il ricovero in una casa di riposo (per non fare nomi il Don Orione) viene posta come condizione di fare testamento a favore dell'istituto. C'è poi la questione del welfare: mentre lo Stato smantella pezzo per pezzo il welfare, la Chiesa di incarica del "lavoro sporco", di tappare le falle più grosse e arginare la massa crescente di esclusi senza più diritti, garanzie, protezione. (Maltese, p. 136) E questo lavoro non viene svolto gratuitamente, ma viene pagato, certamente non ai volontari, ma alle strutture caritative, che fanno capo alla gerarchia ecclesiastica. Così pure si dovrebbero contabilizzare le forme di agevolazione spicciola di cui gode la Chiesa cattolica, che si perdono in mille rivoli, come i 5 milioni di metri cubi d'acqua che ACEA fornisce allo Stato del Vaticano e che paga lo Stato Italiano, o lo sconto sullo ZTL per circolare in automobile nel centro di Roma (Maltese, p. 130). E così via. Infine si potrebbero citare i quasi 6 milioni di euri che riceve annualmente il quotidiano Avvenire, per motivi esclusivamente politici. (Il Secolo XIX del 13 agosto 2011)

3.

3.01Dalle, seppur limitate, annotazioni presentate si evince l'esistenza di un problema effettivo che riguarda i rapporti economici tra Stato e Chiesa cattolica ed in prospettiva tra Stato ed altre confessioni religiose. Il problema esiste, è concreto, e va affrontato seriamente perchè rappresenta un ostacolo allo sviluppo economico del paese ed al benessere sociale della popolazione. Esso ha due aspetti: a) La separazione tra Chiesa e Stato b) L'impiego delle risorse publiche a fini privati non produttivi.

3.02La chiarezza nella separazione degli ambiti di intervento è la caratteristica di un corretto rapporto Stato - Chiesa. Ogni commistione di interessi tra Stato e Chiesa porta all'inquinamento della normale dialettica politica da una parte e alla simonia dall'altra.

3.03L'utilizzo di ingenti risorse economiche, drenate fiscalmente dallo Stato in modo coattivo, indirizzate a titolo gratuito, con motivazioni opinabili, ad attività sostanzialmente private e comunque non produttive ha come conseguenza un impoverimento del paese nel suo complesso. Non credo che l'Italia, nell'attuale globalizzazione economica dove le capacità sono essenziali per reggere l'urto della concorrenza, possa più permettersi questi sprechi senza pagarne le conseguenze in termini di aumento della povertà.

3.04Esiste poi un problema di giustizia, di equità, a cui la risposta dello Stato non può venire meno senza che Esso perda la sua funzione ed il titolo ad esercitare il potere.

Post-scriptum

Paesi come Irlanda, Spagna, Portogallo, Grecia e Italia, dove per tradizione la religione si identifica con la nazione, sono quelli che hanno dimostrato una maggiore difficoltà a reggere la concorrenza generata a livello mondiale dalla riduzione del costo del lavoro non specializzato. Questi paesi appaiono come gravati da costi aggiuntivi dovuti alla presenza al loro interno di strutture improduttive, che tendono ad alterare lo sviluppo di un mercato libero.

Se consideriamo la nazione come un sistema produttivo, al pari di una azienda, chiesa cattolica e chiesa ortosossa rappresentano per le nazioni dove sono presenti un maggior costo, proporzionale alla loro rilevanza economica e sociale. Dal punto di vista economico il loro impatto è determinato dal costo per il mantenimento delle loro strutture religiose e dal numero di persone retribuite attraverso l'esazione fiscale impegnate in attività improduttive,

Dal punto di vista sociale sono rilevanti le conseguenze dell'ideologia sottostante. La mentalità religiosa fa prevalere la tradizione e l'obbedienza, anche solo formale ai dogmi, sull'innovazione e la ricerca personale. Clientelismo contro meritocrazia. La Democrazia Cristiana, in Italia, ne è stata l'espressione più alta e nello stesso tempo dalle conseguenze più devastanti su economia e organizzazione sociale.

La struttura dell'assistenza sociale nei paesi di tradizione cattolica è debole, prevalentemente familistica, l'individuo isolato viene marginalizzato. La chiesa e le organizzazioni sindacali, in cui la matrice religiosa rimane evidente, hanno impedito lo sviluppo di un welfare state universalistico. I corpi intermedi si sono moltiplicati ed hanno fatto prevalere le loro istanze di sopravvivenza sul benessere comune e sulla gestione ordinata dello Stato.

Il potere religioso, supponendo di essere l'unico portatore della verità, interferisce con le decisioni del potere statale, mirando in realtà unicamente al proprio vantaggio corporativo. Nei paesi dove mantiene una posizione numericamente rilevante la chiesa cattolica ha imparato ad usare il peso elettorale dei propri aderenti per condizionare e determinare ove possibile le scelte politiche, al fine di ottenere benefici economici per sé stessa. Conseguenza di questa situazione è uno Stato debole.

Infine non bisogna dimenticare che un buon numero di persone, più intelligenti della media, sceglie per opportunismo la carriera religiosa, sottraendo risorse intellettuali e ricchezza alla nazione.

Secondo le ipotesi formulate dagli studi di economia della religione, in queste situazioni, pena una inarrestabile decadenza, si dovrebbero presentare occasioni che consentano la sostituzione delle fedi, che assorbono più ricchezza e gravano maggiormente sul benessere sociale di una nazione, con altre più funzionali e meno costose, come dimostra ad esempio la soppressione di monasteri e conventi sotto la cattolicissima, ma non scema, imperatrice Maria Teresa d'Austria.

MP

Bibliografia

Robert B. Ekelund - Robert F. Hébert - Robert D. Tollison
- [2008] Il mercato del cristianesimo, Università Bocconi Editore, EGEA, Milano
Umberto Folena
- [2008] La vera questua. Analisi critica di un'inchiesta giornalistica, Avvenire, Milano, senza data (induttivamente 2008)
Curzio Maltese
- [2008] La questua. Quanto costa la chiesa agli italiani, Feltrinelli, Milano
Mario Taccolini
- [2000] Per il pubblico bene. La soppressione di monasteri e conventi nella lombardia austriaca del secondo Settecento, Bulzoni, Roma