Zagreus

Gli innumerevoli studi di Vittorio Macchioro sull'Orfismo confluirono nella seconda edizione dello Zagreus, publicata da Vallecchi nel 1930, che ho sottomano ed alla quale si riferisce questa nota.

L'interpretazione dell'Orfismo prende l'avvio dall'esegesi delle pitture della villa dei Misteri di Pompei, lette come rappresentazione di una "liturgia orfica". Dopo un'analisi dell'Orfismo, delle sue origini, manifestazioni e diffusione, Macchioro ne illustra le influenze sul pitagorismo, sulle filosofie eraclitea e platonica e sul cristianesimo paolino che, nella visione del Macchioro, avrebbe avuto il medesimo sostrato mitico o teologico. Questa interpretazione rifletterebbe l'influenza del pensiero modernista sulla linea tracciata da E. Buonaiuti. Ma la ricerca delle origini orfiche del cristianesimo paolino richiama anche la trasfigurazione di Dioniso nel Cristo operata dall'ultimo Nietzsche.

L'orfismo affermava il dualismo tra la carne titanica, derivata all'uomo dalla sua natura titanica, essendo nati gli uomini dalle ceneri dei Titani fulminati da Zeus, e l'anima dionisiaca, deirivata da ciò che i Titani, progenitori degli uomini, avevano divorato Dioniso, e poneva nella carne il peccato originale, di cui l'uomo deve liberarsi ricongiungendosi alla sua natura dionisiaca in Zagreo; il paolinismo affermava il dualismo tra carne e spirito, ponendo nella prima la sede del peccato, poiché gli uomini sono discendenti di Adamo, di cui l'uomo può liberarsi rinascendo in Cristo. Come nel Vangelo è narrata la passione e la resurrezione di Cristo, così nella teologia orfica eran narrate la passione e la resurrezione di Zagreo: come il cristiano, in base alla parola del Vangelo, crede alla verità storica della passione e resurrezione del Cristo, così l'orfico affermava la realtà storica del mito di Zagreo sull'autorità della teologia: come il cristiano, realizzando in sè medesimo la storia del Cristo, ottiene la vita eterna, così l'orfico morendo e rinascendo in Zagreo arriva alla beatitudine.

L'interpretazione dell'Orfismo proposta dal Macchioro non trovò un consenso unanime; tuttavia recentemente è stata autorevolmente ribadita l'importanza della sua opera.

Il pensiero di Celso era imbevuto di dottrine orfiche, e su queste dottrine era fondata la sua polemica, che consisteva nell'opporre al cristianesimo una religione equivalente [..] Egli non voleva abbattere il cristianesimo ma riconciliarlo con il paganesimo. [Baur, Das Christent u. die christl. Kirke, p. 387; Overbeck, Theol. Literaturzeit., p. 631; etc.]

Certo è che l'identità tra Zagreo e Cristo colpì i cristiani stessi che non sapevano spiegarsela. Giustino Martire la spiega supponendo che i commentatori dei poeti antichi appresa dai profeti la futura venuta di Cristo, inventarono i figli di Zeus col disegno che le cose riguardanti il Salvatore venissero considerate come fiabe simili a quelle dei poeti.

Il processo della rinascita paolina si attua attraverso quattro momenti, esposti nei capitoli V-VIII della lettera ai Romani

La concordanza tra l'orfismo e il paolinismo non potrebbe essere più perfetta: al Zagreo morto e risorto per opera di Zeus risponde il Cristo morto e fatto risorgere dal Padre. Al corpo-tomba orfico, nel quale l'anima e rinchiusa, corrisponde in Paolo il corpo del peccato; al peccato originale titanico corrisponde il peccato originale adamitico.

Gli orfici consideravano l'estasi come un reale mutamento di stato: ed egualmente Paolo pensava della giustificazione.

La interpretazione spiritualistica della dottrina paolina, specialmente di Pfleiderer e Holsten, è un travestimento che ce la renderà più accettabile, facendola apparire più moderna, ma che ne impedisce la comprensione, e specialmente la mette a contrasto con tutto lo svolgimento del cristianesimo primitivo, in ultima analisi di origine paolina, che fu profondamente realistico e a volte magico [Harnack, Mission und Ausbreitung d. Christent., Leipzig, 1902, p. 169]
Fu il Lüdemann [Die Antrop. des Apostels Paulus, Kiel, 1872 (anche Schweitzer, pp. 21-24)] che per primo affermò la concezione della redenzione essere in Paolo fisica e non spirituale. Ma egli rimase isolato, e solo dopo una trentina d'anni si comprese questo fatto, fondamentale per la storia della mistica sacramentale cristiana e specialmente cattolica: che la mistica paolina è realistica e concepisce la comunione come fatto fisico, non diversa da tutta la mistica ellenistica la quale fu lontanissima da ogni concezione spiritualistica, e concepì sempre la comunione con Dio come un fatto materialistico e quasi meccanico.
Tutto il processo mistico di Paolo poggia infatti non su una concezione metafisica, ma su un fatto: la resurrezione di Cristo, di cui aveva acquistato a Damasco la certezza. [I. Cor. 16, 13]

In Paolo il giudaismo e l'orfismo confluiscono. Il primo gli insegnò che il peccato portò la morte, ma l'orfismo gli insegnò che questo peccato, cioè la morte, stava nella carne e che in comunione con Dio la morte poteva essere vinta.

Come religione, cioè come esperienza di Dio, non vi è dubbio che il cristianesimo appare non tanto una negazione dello spirito greco quanto l'ultima fase evolutiva, quasi lo slancio definitivo di esso. Per ciò che riguarda i valori etici esso è senza dubbio un prodotto del giudaismo, la cui morale si ritrova tutta nel Vangelo. [..] Come morale il cristianesimo è giudaico, ma come religione esso è greco.

il concetto, essenziale del cristianesimo, del Figlio di Dio, cioè di un essere ontologicamente intermedio tra l'uomo e Dio, dovette apparir ovvio ai Greci che fin da antico avevano avuto l'idea dell'uomo nato da un dio, cioè dell'eroe, essere intermedio tra umano e divino.

In Paolo rivive lo spirito dei teologi greci, come esperienza spontanea non come volontà. Colui che volle deliberatamente innestare la filosofia greca nella fede cristiana fu Clemente Alessandrino.

Sulla concezione degli dei greci. I greci credevano nei miti? Forse no. Li usavano, ma la loro non era una credenza nel senso che diamo oggi al credere.

è superfluo dire quale enorme parte ebbe il platonismo nella teologia cristiana. [..] con esso entrò nel cristianesimo anche un elemento pernicioso, quasi direi una malattia: il realismo. Tutta la filosofia greca è realistica: la stessa mentalità greca era realistica. Il Greco non sapeva concepire il pensiero o l'idea come noi la concepiamo, cioè come atti spirituali, egli non poteva concepirli se non come fatti materiali, cioè come cose. Il Greco, invece di pensare, vedeva: e di fatti la parola idea deriva nel greco da idein, che significa vedere. Tutta la vita spirituale diventava per il Greco una vita naturale, un mondo non di pensieri ma di oggetti.

Le idee possono essere discusse, fino a che si concepiscono come atti spirituali; ma quando si concepiscono come cose diventano certe, come è la natura. Posso discutere o negare una idea, ma non posso discutere o negare un albero. Platone non dubitò mai dell'idea e perciò mai ne tentò una dimostrazione; i miti, cioè il prodotto della fantasia, sono per lui certi, e servono a confermare i suoi ragionamenti. La teologia assorbì questo realismo e concepì le proprie affermazioni come assolutamente e obbiettivamente vere, e i propri dogmi e miti come concreta realtà. [..] il cristianesimo considerò i miti dell'Antico e del Nuovo Testamento come fatti reali.

MP

Bibliografia

Vittorio Macchioro
- Dionysiaka, Atti Acc. Arch: Napoli, N.S. 1917
- Orphica, Riv. indo-greco-ital., II-III, 1918
- Dionysos Mystes, Atti Acc. Scienze Torino, 1918
- Il rito funerario orfico, Arch. stor. Sic. or., 1919
- Zagreus: studi sull'orfismo, Bari, 1920
- Eraclito. Nuovi studi dell'orfismo, Bari, 1922
- Orfismo e paolinismo, Montevarchi, 1923
- Zagreus. Studi intorno all'orfismo, Vallecchi, Firenze, 1930