La fine del paganesimo

Le edizioni ETS di Pisa hanno recentemente publicato la traduzione degli Étude de philosophie ancienne. Raccolta di articoli già publicati di Pierre Hadot tra i quali figura il pregevole studio La fine del paganesimo dal quale traggo la seguente citazione.

Sono state le istituzioni cristiane ad affascinare di più i pagani. Le riforme religiose dell'imperatore Giuliano ne sono la prova migliore. Già all'inizio del IV secolo, Massimino Daia aveva provato a riorganizzare il sacerdozio pagano, sul modello della Chiesa cristiana, costituendo in qualche modo delle province ecclesiastiche dirette da un metropolita. Giuliano si spinge però molto oltre: non solo riprende l'idea di Massimino Daia, ma desidera che la nuova Chiesa pagana imiti quella cristiana nelle sue varie attività liturgiche, catechetiche e caritative. Anche se un po' tendenziosa, la testimonianza di Gregorio Nazianzeno su questo punto non è priva di interesse: Giuliano avrebbe voluto istituire in tutte le città un insegnamento religioso sulle credenze "elleniche", cioè pagane; agli uditori sarebbe stata offerta l'esegesi morale e mistica dei miti pagani. Avrebbe anche voluto instaurare delle preghiere litaniche e la penitenza pubblica per i peccatori, e avrebbe desiderato fondare dei rifugi e degli ospizi, degli asili per giovani donne, dei monasteri e dei luoghi riservati alla contemplazione. Molte lettere dell'imperatore ci rivelano la sua intenzione di imporre al clero pagano una disciplina analoga a quella del clero cristiano. I sacerdoti avrebbero dovuto condurre una vita irreprensibile, vietarsi le letture licenziose e la frequentazione dei teatri e dei giochi circensi. Tutta la loro attività avrebbe dovuto esser dedicata alla vita di preghiera, alle letture filosofiche, al canto di inni in onore della divinità, a compiti missionari e caritativi:

A questo punto Hadot inserisce, per rafforzare la sua ipotesi, una breve citazione dalla lettera di Giuliano ad Arsace, sommo sacerdote della Galazia.

Ciò che ha più contribuito a sviluppare l'ateismo (cioè il cristianesimo), è l'umanità verso gli stranieri, la previdenza nel seppellire i morti e una gravità semplice nella vita. Ecco di cosa ci dobbiamo occupare, senza mettervi alcun inganno.

L'Epistola 84 è uno dei documenti più significativi per la valutazione della politica religiosa di Giuliano. Ma l'autenticità della lettera, la cui unica fonte è lo storico Sozomeno e della quale riporto di seguito il testo integrale nella traduzione di Silvano Ponzone, è stata posta in dubbio.

Lettera dell'Imperatore Giuliano ad Arsacio

L'ellenismo non ha ancora la riuscita che dovrebbe avere: e ciò per colpa di noi che lo professiamo! Infatti l'azione degli dei è stata splendida e grande, superiore ad ogni desiderio e ad ogni speranza (sia propizia Adrastea a queste mie parole): un cambiamento tanto grande, tanto importante in così poco tempo nessuno poco prima avrebbe osato neppure augurarselo! E allora? Pensiamo che questo basti e non consideriamo che l'incremento più grande dell'ateismo è venuto dalla benevolenza verso gli stranieri, dalla cura per la sepoltura dei defunti e dalla simulata santità della condotta di vita? Io penso che noi dobbiamo praticare tutto ciò con vera sincerità.
E non tu soltanto devi agire così: ma tutti i sacerdoti della Galazia, dal primo all'ultimo: inducili ad essere zelanti facendo leva sull'amor proprio oppure usando la persuasione; allontanali dall'uficio sacerdotale se non si dedicano al servizio degli dei insieme alle mogli, ai figli e ai servi, ma tollerano che i loro servi e le loro mogli galilee trascurino il culto degli dei preferendo l'ateismo alla religiosità. Raccomanda ancora che un sacerdote non vada a teatro, non si trattenga a bere nelle taverne né si metta a capo di un'attività o di un lavoro disdicevole e disonorevole. Mostra apprezzamento per chi obbedisce e chi disobbedisce caccialo via.
Stabilisci in ogni città parecchi ospizi perché gli stranieri godano della nostra liberalità: non solo i nostri stranieri però, ma anche gli altri, chiunque ne abbia necessità. Ho intanto provveduto a una fonte di risorse alla quale tu possa attingere: ho dato cioè disposizione che ogni anno vengano distribuiti per tutta la Galazia tremila moggi di grano e sessantamila sestieri di vino: dispongo che un quinto debba essere impiegato a beneficio dei poveri che prestano la loro opera ai sacerdoti e il resto sia distribuito agli stranieri e a chi ci chiede di essere aiutato. Mentre dei Giudei neppure uno stende la mano e gli empi Galilei sostentano oltre ai loro anche i nostri che hanno bisogno, è una vergogna che proprio questi ultimi manchino dell'assistenza da parte nostra.
Insegna anche ai fautori dell'ellenismo a farsi carico di tali pubbliche contribuzioni, induci i villaggi ellenici a offrire agli dei le primizie dei frutti e abitua gli Elleni a questi atti di generosità, insegnando loro che proprio questa era la nostra prerogativa nei tempi antichi. Omero fa dire ad Eumeo:
Straniero, non mi è lecito mancare di rispetto
a un ospite
neppure se a giungere da me fosse uno
ancora più misero di te:
perché da parte di Zeus vengono tutti,
stranieri e mendicanti.
Piccolo è il mio dono, ma viene dal cuore.
Facciamo attenzione che, permettendo ad altri, spinti dall'invidia, di imitare le nostre buone abitudini, non abbiamo con la nostra negligenza a gettare discredito sulla nostra pietà e persino addirittura a rinnegarla!
Se verrò a sapere che tu agisci come ti suggerisco di fare, ne sarò pieno di gioia.
Solo raramente fa' visita alle pubbliche autorità a casa loro, preferisci ordinariamente dei messaggi scritti. Quando queste persone entrano in città nessuno dei sacerdoti vada loro incontro; quando invece entrano nel tempio degli dei, allora li si vada a ricevere, ma all'interno del vestibolo. Non li preceda all'interno del tempio alcun soldato, può invece seguirle chi lo desidera: non appena varcata la soglia del luogo sacro, ciascuno diventa un privato cittadino. Sei tu, come sai, che hai autorità all'interno: così vuole l'ordinamento divino. Coloro che obbediscono a questa legge danno prova di pietà vera, mentre coloro che non vogliono rinunciare al loro orgoglio sono ambiziosi e vanesi.
Sono pronto a venire in aiuto agli abitanti di Pessinunte se vorranno rendersi propizia la Madre degli dei; se invece non se ne curano, non solo meritano riprovazione, ma - per non usare un linguaggio troppo aspro - dovrebbero badare a non rimediare anche la nostra malevolenza.
Non mi è lecito infatti prendermi cura o aver pietà di uomini che sono invisi agli dei immortali
Fa' loro intendere che, se hanno a cuore la mia sollecitudine, devono diventare devoti della Madre degli dei, tutto il popolo in modo unanime.

Sebbene sia tentato di farlo, non mi addentrerò nella disputa sull'attribuzione della lettera, per la conoscenza della quale sono sufficienti i rimandi indicati in bibliografia, ma preferisco ritornare al testo di Hadot.

Giuliano credeva di difendere l'antica religione ma, da una parte, volendo dare al paganesimo l'organizzazione della Chiesa cristiana, l'imperatore filosofo tradisce l'influenza profonda esercitata su di lui dall'educazione cristiana ricevuta nell'infanzia e, dall'altra, la religione che crede di restaurare non è l'antica religione pagana: è un monoteismo filosofico, che si esprime nel linguaggio della mitologia greca. Ciò che più chiaramente conferma questa trasformazione profonda della religione antica, è il fatto stesso che Giuliano abbia potuto avere l'idea di imporle le istituzioni della Chiesa cristiana. Per questo, bisognava che il paganesimo fosse divenuto un corpus di dottrine dai dogmi fissi, provvisto di una teologia sistematizzata e di una dottrina morale precisa: è esattamente ciò che il neoplatonismo di Giamblico aveva apportato alla religione greca. Ma in realtà questa è già la fine del paganesimo e la comparsa di una nuova religione, di quel neopaganesimo che rivivrà nel Rinascimento nel cuore di molti umanisti e al quale Gemisto Pletone proverà a dare, a Mistrà, un'esistenza concreta.

Che le istituzioni della Chiesa cristiana, la macchina papista, siano state ricalcate su quelle imperiali sembra essere universalmente riconosciuto. Ad esse, si dice, è dovuta la fortuna della religione di Cristo in quanto istituzione terrena.

Quindi, almeno a prima vista, appare singolare che un imperatore romano abbia immaginato di appropriarsi delle istituzioni propriamente cristiane per rifondare la religione dell'impero sui culti tradizionali anziché, come aveva fatto Costantino seguendo la via politicamente più semplice, annettere direttamente il cristianesimo all'impero.

C'è, però, una spiegazione logica. L'ideale di Flavius Claudius Iulianus non è politico, bensì filosofico. L'idea di un sincretismo religioso è propriamente filosofica e ritorna, costantemente, lungo tutta la storia del pensiero. Da Giuliano a Pletone, da Bessarione a Spinoza, da Kant a Comte c'è un filo comune, lo stesso che conduce al noachismo.

MP

Bibliografia

Francesca Aceto
- Note sull'autenticità dell'ep. 84 di Giulano Imperatore, Rivista di cultura classica e medioevale, Vol. 50, n. 1, 2008, pp. 187-206
Gustave Bardy
- La conversione al cristianesimo nei primi secoli, tr. Giuseppe Ruggieri, Milano, Jaca Book, 1975
Jean Bouffartigue
- L'authenticité de la Lettre 84 de l'empereur Julien, Revue de philologie, de littérature et d'histoire anciennes, 2005, n.2 (Tome LXXIX), pp. 231 - 242 [cairn.info, online consultato il 28 marzo 2015]
Lambros Couloubaritsis
- La religion chrétienne a-t-elle influencé la philosophie grecque?, Kernos, 1995 [revue.org, online consultato il 28 marzo 2015]
Pierre Hadot
- La fine del paganesimo, in Studi di filosofia antica, ed. Arnold I. Davidson, tr. Laura Cremonesi, Edizioni ETS, Pisa, 2014, pp. 297-325
Stefano Trovato
- Un antieroe dai molti volti. Giuliano a Bisanzio come Apostata, scrittore, imperatore e in una particolare interpretazione "ratzingeriana" dello storico Sozomeno, estratto da: Incontri di filologia classica, X 2010-2011, sl. sd. 2012
Peter Van Nuffelen
- Deux fausses lettres de Julien l’Apostat, La Lettre aux Juifs, Ep. 51 [Wright], et la Lettre à Arsacius, Ep. 84 [Bidez], Vigiliae Christianae 56, 2002, p. 131-150