Feudalesimo vecchio e nuovo

Aurelio Musi
Il feudalesimo nell'Europa moderna
il Mulino, Bologna, 2007

La storia: oggetto dalla prospettiva mutevole

Poiché con sempre maggiore frequenza il termine feudalesimo viene accostato alla contemporaneità, ed io stesso lo utilizzo in contrapposizione dialettica al concetto di capitalismo, mi servirò del libro di Aurelio Musi, Il feudalesimo nell'Europa moderna, per una rapida ricognizione dello status quaestionis. Prima una digressione lessicale.

Per Devoto-Oli il feudalesimo è una configurazione sociale e amministrativa del Medioevo germanico-cristiano; due ne sono i caratteri fondamentali, la gerarchia vassallatica e l'economia curtense. [..] Il De Mauro, si concentra invece, per quanto riguarda il significato storico, sulle origini del feudalesimo come forma di organizzazione economica, sociale e politica di derivazione franca, in cui il diritto di sovranità coincide con la proprietà fondiaria. Entrambi i vocabolari presentano come plurisemantico il termine feudo. Per De Mauro sono incorporati in esso sia il carattere territoriale, sia i caratteri della protezione, del beneficio, dell'immunità. Concessione in cambio di sottomissione, in senso figurato, sia per De Mauro che per Devoto-Oli, il feudo è l'ambito di un vero o presunto potere dispotico, in cui è esercitato un predominio assoluto ed esclusivo. Ma alla voce feudalesvno De Mauro estende di molto il significato figurato del termine, fino a definirlo come un «sistema, atteggiamento, concezione fondati sul privilegio e su una rigida e anacronistica subordinazione gerarchica».

L'estensione semantica del De Mauro è una significativa testimonianza della diffusissima tendenza a «modernizzare», per così dire, i significati di un fenomeno storico che nella sua forma originaria e originale ha posseduto tre requisiti fondamentali: il beneficio, il vassallaggio, l'immunità. La semantica corrente di feudalesimo, a volte attualizzato in neofeudalesimo, incorpora qualcuno o tutti i requisiti suddetti. Essa oscilla fra il polo del rapporto di natura privilegiata riconosciuto eo codificato, la ricerca e la pratica della protezione, il cedimento del potere pubblico a corpi ed enti privati. Nell'ultimo caso molto spesso neofeudalesimo si identifica con neocorporativismo. Volendo schematizzare, si potrebbe dire che, in gran parte dei casi, in neofeudalesimo venga assimilata qualsiasi tendenza alla privatizzazione del pubblico.

Il medievista Giovanni Tabacco alcuni anni fa aveva rilevato come fosse stata la cultura del XVIII e del XIX secolo ad aver allargato la gamma di significati del feudalesimo, determinando un ben deciso spostamento dell'idea feudale dal piano giuridico e politico-militare a quello economico-sociale. Lo storico esemplificava la molteplicità di riferimenti: all'egemonia dell'aristocrazia militare, al senso di autonomia e di fedeltà personale, alla dispersione del potere pubblico in potenti nuclei privati, alla gerarchia di clientele della più diversa natura, alla distribuzione di terra per remunerare i servizi più disparati ecc. E Tabacco aggiungeva: questa disparità di significati

è tutta presente nel linguaggio fluidissimo della pubblicistica odierna, che si compiace di applicare il concetto di un così proteiforme feudalesimo, considerato via via nell'uno o nell'altro dei suoi molti significati, agli aspetti più arretrati delle istituzioni attuali, alle forme apparentemente più corrotte del loro funzionamento, alle forze sociali più robustamente egoiste, ai gruppi etnici e ai nuclei regionali più appartati dal ritmo della vita moderna.

Fare ordine nel lessico, storicizzare [..] fornire alcune coordinate interpretative per orientarsi nel rapporto fra presente e passato, senza incorrere nel rischio di anacronistiche procedure analogiche o assecondare tendenze all'uso pubblico e indiscriminato della storia: sono questi alcuni obiettivi delle pagine che seguono.

Numa-Denys Fustel de Coulanges

L'opera di Numa-Denys Fustel de Coulanges è uno snodo di fondamentale importanza nell'evoluzione delle moderne interpretazioni del feudalesimo come fenomeno storico.

L'ispirazione di fondo di queste interpretazioni, se accettava qualcosa, si allontanava poi molto da Fustel de Coulanges e dalle sue Origini del sistema feudale [8]. Tre idee caratterizzavano l'impostazione di questo scritto: una visione assai ampia e articolata delle istituzioni, poi ripresa da uno dei padri fondatori delle «Annales», Marc Bloch; la loro genesi collocata non nella bruta forza, né in un'astratta razionalità, ma negli interessi degli uomini; la lenta transizione dal regime imperiale romano al regime feudale, con conseguente conservazione di alcuni elementi dopo il passaggio, analizzata proprio nel processo di modifica degli interessi. In Fustel de Coulanges a queste tre idee si legava lo studio dell'evoluzione del possesso beneficiario, il suo passaggio, come atto extralegale, dalla tradizione romana all'età merovingia. Il possedere per beneficio indicava non l'oggetto che si possedeva, ma il titolo in virtù del quale si possedeva: esso implicava dunque non il contrattare, ma il domandare e l'accordare, l'atto non come obbligazione, ma come favore. L'istituto del precario non era l'equivalente — e Fustel lo sottolineava con forza — né del beneficio merovingio né, tanto meno, del feudo. Ma il precario ne conteneva comunque i caratteri essenziali: la relazione domanda-favore; il carattere di godimento, non di proprietà, di un bene; la dipendenza personale. La tesi centrale di Fustel indicava nel beneficio, non nell'allodio, la genesi costitutiva sia della proprietà feudale sia della proprietà ecclesiastica.

Egli poi spostava il fuoco dell'analisi da un'osservazione più propriamente storica ad una considerazione quasi antropologica: Il regime feudale non è stato costituito da un atto particolare in una data precisa. Esso appartiene alla natura umana [9], Nella tipologia tripartita dei modi di governo famiglia (clan, tribù), stato, legami personali (patronato, fedeltà, vassallaggio) Il regime feudale affondava le radici nella terza forma.

Questa istituzione del patronato o della fedeltà non è propria ad una razza o ad un secolo, essa è di tutti i tempi. La si può seguire attraverso il passato e sarebbe cosa temeraria sostenere che non rinascerà più nell'avvenire. Essa sta in germe in tutte le società, e si sviluppa maggiormente nelle società turbolente e malferme. La sua forza sta sempre in proporzione inversa di quella dell'autorità pubblica Ora questa abbatte il patronato e lo rigetta nell'oscurità, ora è il patronato che atterra e rovescia la pubblica autorità [10].

Questa affermazione di natura antropologica veniva poi storicizzata da Fustel attraverso tre esemplificazioni: la lotta di Giulio Cesare al patronato e la ricostituzione di Municipium e Imperium, cioè del regime dello stato; il risorgere del patronato in età imperiale come spia della crisi dell'autorità pubblica; l'influenza del patronato militare presso i germani. Con l'istituto della commendatio il patronato entrava nel diritto comune come nesso fra autorità e protezione e come principio di gerarchia e di disciplina. I re franchi se ne servirono. Al tempo dei Merovingi fu costruito un intero ordine sociale fondato sul patronato e sulla fedeltà.

Legalmente erano le istituzioni monarchiche che governavano gli uomini. La feudalità stava ancora al di fuori dell'ordine regolare. Quel vassallaggio occupava già un posto nei costumi, negli usi, negli interessi, ma non ne aveva ancora nessuno nel diritto pubblico. [11]

Dunque, al principio del Medioevo, monarchia e feudalità costituivano due sistemi di istituzioni: la prima era più forte nelle leggi; la seconda più forte nei costumi. Tra il VII e il IX secolo si verificò un continuo scorrimento tra i due regimi. E il feudalesimo fu

lo sviluppo naturale e, per così dire, l'allargamento delle antiche istituzioni di patronato e di fedeltà. Esso esisteva in germe nella Gallia indipendente; si ritrovò negli ultimi secoli dell'impero romano; si rinvigorì dopo la caduta dell'autorità imperiale. Le leggi romane lo avevano combattuto e trattato da nemico; le leggi merovingiche cessarono di combatterlo ed i re lo favorirono. Per molte generazioni esso camminò di pari passo con le istituzioni monarchiche; infine poi le rovesciò e prese il disopra. [12]

Il passaggio dal patronato alla signoria nel secolo VIII fu un «vassallaggio per contratto»: una catena di impegni di fedeltà in cambio di protezione che si riproduceva in tutta la scala sociale. Poi «ognuno si diede ad uno dei grandi per non essere di tutti i grandi». [13] Seguirono l'impotenza della monarchia, il processo di incastellamento, l'origine dei diritti signorili, la servitù in cambio della sicurezza.

Più tardi, quando il corso dei secoli ebbe modificata tutta l'esistenza umana, un tal contratto sembrò ingiusto ed è certo che non corrispondeva più allo stato economico e politico delle società novelle, ma l'istoria deve attestare che vi è stato un tempo in cui questo contratto è stato conforme agli interessi e ai bisogni degli uomini. [14]

Il quadro classico relativo alle origini e agli sviluppi del feudalesimo presenta un percorso che può essere così riassunto:

  • la signoria, più antica del feudalesimo, si afferma in Europa con i regni romano-barbarici;
  • i Carolingi realizzano un sistema vassallatico-beneficiario, caratterizzato da una dialettica tra spinte centripete e spinte centrifughe;
  • con il passaggio dai Carolingi ai Capetingi (X-XI secolo) si attua in Francia un rinnovamento del feudalesimo;
  • nel secolo XII giunge a compimento una seconda età feudale caratterizzata dal trinomio beneficio. vassallaggio-immunità.

Lo schema di Fustel de Coulanges sulla genesi del sistema feudale è largamente ripreso e integrato in una periodizzazione più lunga da Boutrouche.

Rapporto tra feudalesimo e Medioevo

Scema riassuntivo dei rapporti tra feudalesimo e Medioevo secondo Musi

a) La profonda trasformazione dell'anno mille, non discutibile, va attentamente identificata nei suoi contenuti e caratteri. L'alta società franca, come aveva ben visto Bloch,

è già, nel momento in cui affronta la minaccia normanna e il dislocamento politico dell'impero, una società feudale [..] Ma, al tempo stesso, bisogna riconoscere che questa società, fin oltre il mille, opera entro coordinate politico-istituzionali che non sono ancora feudali: la sopravvivenza di una giustizia pubblica, di un insieme di prestazioni riservate ai conti, di una responsabilità pubblica nella difesa del territorio e nella costruzione di fortezze contrasta vigorosamente con l'assenza di poteri signorili e banalità private. [37]

b) Il feudalesimo è una risposta flessibile alla crisi del potere pubblico. Non è un unico modello né un sistema onnicomprensivo ma una cornice adattabile.

c) Il feudalesimo non è l'unico sistema di rapporti nel Medioevo: le ricerche della Reynolds [38] hanno messo in evidenza la ricchezza di diritti, obbligazioni, relazioni. La tesi della studiosa è la seguente: né la relazione che gli storici del Medioevo chiamano vassallaggio né il tipo di proprietà che chiamano feudo presero la loro forma dalla società guerriera dell'Alto Medioevo; essi la dovettero ai governi e alle amministrazioni terriere più burocratici che si svilupparono a partire dal XII secolo ed alle argomentazioni dei giuristi accademici e professionali che apparvero nello stesso periodo. Il rapporto interpersonale tra signore e vassallo «non era il principale vincolo della società» [39] Né la parola investitura né il trasferimento di oggetti simbolici furono esclusivamente legati alla concessione di feudi: fu il diritto feudale universitario ad associare l'investitura al possesso di feudi. In Inghilterra come altrove, secondo la Reynolds, «il rituale vitale nelle vendite o doni fra sudditi continuò ad essere non una cerimonia di sottomissione, ma il trasferimento di un oggetto simbolico dal venditore o donatore al nuovo proprietario, che la proprietà fosse chiamata feudo o no» [40]. E perciò: «L'apparizione di nuove parole e nuove regole che gli storici interpretano come feudalizzazione non costituì ciò che può essere chiamato un cambiamento sociale» [41]. La prospettiva della Reynolds è feconda quando richiama l'esigenza di tornare alle fonti originarie per distinguere il simile dal diverso e scoprire la ricchezza di sistemi di rapporti nel Medioevo. È assai meno convincente quando tenta di ridurre un fatto storico a questioni nominalistiche e, addirittura, a negare le trasformazioni economiche, sociali, politiche, culturali prodotte dal feudalesimo europeo.

d) La signoria è fenomeno di più lunga durata rispetto al feudalesimo: è la struttura fondamentale dell'assetto sociale e politico di vaste zone europee.

Il feudalesimo moderno

Il feudalesimo nell'Europa moderna è cosa ben diversa dal feudalesimo medievale.

Le variabili più importanti riguardano sia il rapporto tra il nuovo tipo di organizzazione politica, lo stato moderno in formazione, e la feudalità, sia la sociologia del baronaggio, sia la funzione economica da esso svolta. Inoltre sia la comparazione del fenomeno sia la sua precisa contestualizzazione presentano un'Europa che, tra fine Quattrocento e fine Settecento, va assai differenziandosi: con un'area in cui il feudalesimo può considerarsi esaurito (Inghilterra, Olanda, paesi del nord) e l'antica aristocrazia è interessata da un processo di profonda trasformazione in classe di proprietari terrieri privati, convivono un'area in cui il feudalesimo può considerarsi una sopravvivenza in via di estinzione e un'area in cui il fenomeno è parte integrante di una formazione economica, sociale e politica, è struttura costitutiva fino al processo di abolizione che, iniziato a fine Settecento, nei paesi centro-orientali dell'Europa si conclude solo verso la metà dell'Ottocento.

Una triplice differenziazione dell'Europa, dunque, che, a grandi linee, si identifica con la divisione tra un'Europa settentrionale, un'Europa mediterranea, un'Europa centro-orientale.

Le giurisdizioni

Maurizio Fioravanti ha parlato di tre forme dello stato moderno europeo [4]: lo stato giurisdizionale, lo stato di diritto, lo stato costituzionale. Nella fase iniziale del suo percorso,

lo stato moderno europeo è il risultato di una tensione e di una competizione, ma anche di una collaborazione e di un equilibrio, tra due poli: quello della concentrazione e della istituzionalizzazione dei poteri di imperium, assunti, anche se non in modo monopolistico, da un signore che tende in questo modo sempre più a rappresentare il territorio nel suo insieme, e quello della pluralità delle diverse forze e realtà presenti sul territorio medesimo, che operano non solo sul piano tradizionale della tutela dei loro privilegi e dei loro ambiti di potere, ma anche sul piano nuovo della partecipazione al governo del territorio. [5]

Questa forma, non riconducibile immediatamente al principio della sovranità, è chiamata stato giurisdizionale. A caratterizzarlo sono tre elementi: l'unità territoriale, in cui però le parti che la compongono hanno più importanza dell'insieme; il diritto comune e «non unico, perché proteso alla razionalizzazione e magari anche alla riforma, dei diritti particolari, ma non alla loro abrogazione» [6]; un governo che non genera uniformità con la presenza e la forza dell'imperium, ma utilizza la giurisdizione, che consente in modo più elastico di governare una realtà territoriale complessa, essenzialmente con l'intento di mantenere la pace, di consociare e tenere in equilibrio le forze concretamente esistenti [7]. Qui consociare ha un significato differente da quello brunneriano. Evidentemente la giurisdizione dello stato comincia a configurarsi come una giurisdizione superiore rispetto alle altre; evidentemente, sia pure a livello tendenziale, essa opera in vista della creazione di sovranità. In tale contesto la feudalità diventa parte, fondamentale o accessoria a seconda dei contesti, dello stato giurisdizionale, soggetto attuatore, sia pure a modo suo, della giustizia regia, partecipando così al governo del territorio.

Nel periodo storico compreso tra il Basso Medioevo e la prima Età moderna la feudalità è un soggetto che opera entro una pluralità di giurisdizioni. Lo stato alle sue origini e nella fase embrionale del suo sviluppo deve agire in tale contesto plurale. La feudalità può essere parte fondamentale o accessoria di quello che è stato definito lo stato giurisdizionale. Su uno stesso territorio convive una molteplicità di giurisdizioni, che vanno configurandosi come poteri concorrenti in un medesimo spazio politico.

Economia del feudo

Il dibattito storiografico sulla «transizione dal feudalesimo al capitalismo», che impegnò per oltre un decennio storici ed economisti, attraversò due fasi. La prima fase fu aperta nel 1952 dagli interventi pubblicati sulla rivista «Science and Society» e dalla recensione di Sweezy al volume di Dobb, Studies in the development of Capitalism, a cui seguì la replica di Dobb. Nel 1954 gli interventi di Sweezy, Dobb, Takahashi, Hilton e Hill furono raccolti nel volume The Transition from Feudalism to Capitalism *.

Nei due anni successivi parteciparono al dibattito storici italiani come Giuliano Procacci, che intervenne sulla neonata rivista «Società», e storici francesi come George Lefebvre e Albert Soboul, che intervennero su «La Pensée». La seconda fase fu aperta da due articoli di Eric Hobsbawm e Maurice Dobb sulla rivista «Marxism Today» e proseguì con un numero monografico dedicato al feudalesimo da «Recherches Internationales».

I protagonisti del dibattito sulla transition avevano come retroterra concettuale la nozione marxiana di modo di produzione nella doppia specificazione prima feudale, poi capitalistica. [..] Lo stesso concetto di transizione escludeva la possibilità di pensare il feudalesimo moderno come una fase a sé, dotata di elementi di continuità, ma anche di specifiche caratterizzazioni.

Che cosa resta oggi del dibattito sulla transition? Esso è in primo luogo la testimonianza delle difficoltà in cui si dibatteva il marxismo teorico e storiografico degli anni cinquanta alle prese con contesti non immediatamente integrabili nella filosofia del materialismo storico, nelle leggi bronzee dell'ascesa e del declino dei modi di produzione.

La stessa domanda si ripropone, in altra forma e con altri esiti, nell'opera di Witold Kula che ha per oggetto la costruzione di un modello del sistema feudale polacco nel secoli XV-XVIII attraverso un'originale utilizzazione di metodi quantitativi e l'intelligente integrazione della teoria generale dei sistemi all'interno della concezione marxista della storia.

La tendenza della storiografia contemporanea è verso la rinuncia ad un modello unico con il quale rappresentare l'economia feudale e per il riconoscimento delle peculiarità specifiche delle diverse aree geografiche, con la conferma della tripartizione dell'Europa nelle aree: mediterranea, centro-orientale e settentrionale.

L'abolizione della feudalità

In un bel saggio dedicato a Fief, féodalité, féodalisme [1], viene messa a fuoco l'evoluzione della riflessione storica sul feudalesimo a partire da una doppia «frattura concettuale» che si verifica nella seconda metà del Settecento: la scissione del rapporto di dominazione globale; la libertà di religione e di coscienza. I dominanti sono ora percepiti o come proprietari di terre, di beni mobili e immobili, o come privilegiati, detentori di prerogative e diritti legati alla loro persona. È questo lo sfondo delle tre alternative che strutturano la visione del sistema feudale. La prima alternativa è tra chi considera il feudalesimo un sistema politico-giuridico particolare (Boulainvilliers), e chi lo considera un sistema socioeconomico globale (Smith). La seconda alternativa: specificità del feudalesimo europeo (Montesquieu), diffusione su scala mondiale di omaggio e tributo (Voltaire). La terza alternativa è fra chi è ostile (Sieyès) e chi invece apprezza le funzioni positive del feudalesimo (Burke). In comune tutte queste posizioni hanno la visione sistematica del feudalesimo, inteso come un complesso organico unitario condizionante l'insieme dei rapporti storici: tale visione, associata anche alle persistenze «moderne» del fenomeno feudale, sarà destinata a resistere a lungo. Così durante la rivoluzione francese la feudalità verrà considerata uno stato sociale globale da abbattere. Per tutto l'Ottocento francese, fino a Fustel de Coulanges, il sistema feudale è considerato una dominazione globale. Solo con l'Ecole de Chartes si insisterà sulla specificità del feudalesimo come relazione giuridico-politica.

4 agosto 1789, 15 marzo 1790, 25 agosto 1792, 17 luglio 1793: sono le date, le principali tappe della legislazione antifeudale francese. Dalla notte del 4 alla giornata dell'11 agosto l'Assemblea Nazionale assunse decisioni importantissime. Approvò l'uguaglianza fiscale e il riscatto dei diritti signorili, tranne le servitù corporali abolite senza indennità. Lasciamo parlare il grande storico della rivoluzione, George Lefebvre:

Il decreto definitivo esordiva così: l'Assemblea nazionale distrugge interamente il regime feudale. Era tutt'altro che esatto: a parte l'obbligo del riscatto dei diritti signorili, né il diritto di primogenitura né i privilegi onorifici vennero toccati, mentre l'obbligo di riscattare i censi reali prometteva a questi una lunga durata. Invece la decima fu soppressa senza indennità; ma, allo stesso modo che i canoni censuari restavano esigibili finché non fossero state stabilite le modalità del riscatto, sarebbe rimasta in vigore finché una legge non avesse provveduto al culto pubblico. Resta tuttavia che, nella notte del 4 agosto, l'Assemblea attuò, in via di principio, l'unità giuridica della nazione; distrusse, in uno con il regime feudale, il dominio dell'aristocrazia nelle campagne, e iniziò la riforma delle finanze e della chiesa. Sgombrato cosi il terreno, essa poté affrontare la discussione della Dichiarazione dei diritti [..] che costituì l'atto di decesso dell'antico regime, distrutto dalla rivoluzione popolare [20]

Nel decreto del 15 marzo 1790 la Costituente applicò il principio, prima evidenziato, della differenza tra diritti signorili, usurpati a danno dello stato o frutto di violenza, e canoni fondiari o reali, derivanti dalla natura contrattuale del rapporto feudale vero. I primi furono soppressi senza indennità: giustizia e diritti onorifici, caccia e pesca, colombaio, banalità, pedaggi e diritti di mercato, tasse e corvées personali, servitù. I secondi, i più gravosi di tutti, considerati come il corrispettivo della tenure da parte del signore-proprietario, furono sottoposti a riscatto: la sua aliquota venne fissata in venti volte il canone in denaro e in venticinque volte il canone in natura. Entrarono in questa classificazione censi, rendite, diritti casuali da pagare in caso di trasferimento o di vendita in proporzione della loro entità [21]

Col decreto del 25 agosto 1792 la Costituente soppresse i censi feudali senza indennità, salvo che non sussistesse ancora il titolo originario; il 28 i Comuni recuperarono i beni che i signori si erano fatti cedere o avevano usurpato [22]

Infine il 17 luglio 1793 la Convenzione portò a termine la distruzione della feudalità abolendo senza indennità tutto ciò che il decreto rivoluzionario del 25 agosto 1792 aveva ancora tenuto in piedi.

Qualche storico si è chiesto chi fossero i vincitori e i vinti del processo di abolizione del feudalesimo francese. [26] Nel medio periodo, i signori proprietari beneficiarono delle leggi abolizioniste che consentirono loro di aumentare le rendite. Lo stato si avvantaggiò dell'aumento delle tasse. Furono gli affittuari a perdere due volte: furono loro a pagare le rendite più elevate dei proprietari e il carico fiscale più pesante, anche se l'aumento di produttività, con i guadagni che comportò, riuscì spesso a bilanciare le perdite subite dalla pressione fiscale.

Il primato del basso della rivoluzione, rivendicato da Jaurès, è stato ridimensionato. Nel 1996 Markoff ha scritto un libro importante. [27] In esso ha sostenuto che lo smantellamento legislativo delregime signorile fu, in sostanza, un adattamento all'insurrezione nelle campagne e il risultato delle convergenze antisignorili fra contadini e legislatori rivoluzionari.

MP

Bibliografia

Marc Bloch
- La società feudale, Torino, 1949
G. Bolaffi (a cura di)
- La transizione dal feudalesimo al capitalismo, Roma, 1973
R. Boutrouche
- La crise d'une société. Seigneures et paysans du Bordelais pendant la guerre de Cent Ans, Paris, 1947
- Signoria e feudalesimo, Bologna, 1971 e 1974, 2 voll.
O. Brunner
- Vita nobiliare e cultura europea, Bologna, 1972
- Terra e potere. Strutture pre-statuali e pre-moderne nella storia costituzionale dell'Austria medievale, Milano, 1983
Georges Duby
- Lo specchio del feudalesimo, Bari, 1980
- Le società medievali, Torino, 1985
Numa-Denys Fustel de Coulanges
- Histoire des institutions politiques de l'ancienne France, Paris, 1884
- Origini del regime feudale, in David Winspeare, Storia degli abusi feudali, G. Regina, Napoli, 1883 (Bologna, 1978)
Witold Kula
- Teoria economica del sistema feudale. Proposta di un modello, Torino, 1970
- La seigneurie et la famille paysanne dans la Pologne du XVIIIe siècle, in «Annales ESC», 4, 1972, pp. 949-958
- Problemi e metodi di storia economica, Milano, 1972
Aurelio Musi
- Il feudalesimo nell'Europa moderna, il Mulino, Bologna, 2007
Giovanni Tabacco
- Feudalesimo, in Enciclopedia delle scienze sociali, Treccani, 1994; URL
- Il feudalesimo, in L. Firpo (a cura di), Storia delle idee politiche, economiche e sociali, vol. II, t. II, Il Medioevo, Torino, 1983