Il naso di Duchamp

1.01Mi sono chiesto più volte: cos'è l'arte?, e in particolare: cos'è l'arte contemporanea?. La risposta alla prima domanda è semplice; l'arte è ciò che ci è stato tramandato come « arte ». Ma questa definzione non è applicabile all'arte contemporanea. A chi voglia produrre arte questa definizione complica la vita, perché se si attiene alla sua lettera e produce oggetti dello stesso ordine di quelli considerati fino ad oggi espressioni artistiche, la sua opera non verrà riconosciuta come arte dai suoi contemporanei. Ovvero l'arte non è ripetizione di ciò che ci è stato tramandato come arte. Ne segue che noi abbiamo una idea di arte, che non può essere applicata alla produzione artistica. Diciamo meglio, quello che consideriamo arte è un involucro vuoto a cui manca un significato.

1.02Si creano, di conseguenza, situazioni imbarazzanti come quella del museo universitario d'arte contemporanea del CSAC, di Parma ideato da Carlo Arturo Quintavalle.

Un museo istituito quarant'anni fa, ma mai aperto al publico, pur avendo ricevuto nei decenni, per renderlo accessibile, moltissimi e cospiqui finanziamenti, oltre che una ventina d'anni fa, - il dono di una sede sontuosa: un'abbazia cistercense con annesso convento, entrambi restaurati ad hoc.

Questo museo non è mai stato aperto, cioè non è mai diventato un museo, perchè:

le "opere d'arte" ricevute in dono, per lo più costituite da pezzi di ferro imbullonati, fregacci tracciati a caso su tele, gomme di camion, televisori rottamati, cubi di gesso, disegni da modista, progetti per condomini su carta lucida, e quant'altro di simile. Cioè oggetti che, ai tempi della donazione, potevano sembrare a taluni "opere d'arte" o documenti storici, ma che nella quasi totalità dei casi sono oggi tornati a essere quello che sono: appunto pezzi di ferro, fregacci, gomme da camion, eccetera. Un desolante "bric-à-brac" di manufatti più adatti a un mercatino dell'usato o a una rimessa di ferraglie che a un museo e perciò non esponibili.

1.03Il problema, come è noto, ha origine dai ready-made. Marcel Duchamp ha trasformato scolabottiglie, porte, pisciatoi... in opere d'arte e molti lo hanno ingenuamente imitato. Chi abbia l'ingrato compito di trasmettere ai posteri un'immagine dell'arte della metà del secolo scorso non può che fare una scelta tra oggetti privi di significato. Questo fatto, la mancanza di significato, ha trasformato il ruolo del critico in colui che è deputato a dare significato. Sono stati i Bonito Oliva, i Celant a creare contenitori - transavanguardia, arte povera - che identificassero artisti altrimenti invisibili. Un tempo quel ruolo era di mercanti e collezionisti, i Kanviller, i Maeg. Oggi è nuovamente cambiato tutto, c'è Telemarket.

1.04Per aprossimarvi all'intuizione dell'argomento vi mostrerò una pagina web che ho costruito nel 2001 in forma di ready-made, utilizzando una fotografia di Duchamp e dei CSS.

1.05La parola composta ready-made è utilizzata da Marcel Duchamp a partire dal 1915 per designare gli oggetti tout fait, ovvero degli oggetti esistenti, che Duchamp modificava dando loro un significato diverso da quello originale.

1.06Si possono distinguere i ready-made aidé il cui prototipo è la Roue de bicyclette fissata per la forcella a uno sgabello, datata 1913. A questa categoria appartiene Fontaine, del 1917, un pisciatoio rovesciato firmato con lo pseudonimo R. Mutt. placé de telle sorte que sa signification utilitaire disparaisse sous le nouveau titre et le nouveau poin de vue. Sono ready-made aidé pure A bruit secret del 1916, composé d'une pelote de ficelle prise entre deux plaques de cuivre, elles-même maintenues de quatre longs boulons. e Why not sneeze Rose Sélavy? del 1921

1.07 Seguono i ready-made rectifié fra cui Pharmacie del 1913 costituito da un chromo al quale Duchamp aggiunge due punti di colore uno giallo e uno rosso all'orizzonte ed il famoso Apollinaire Enameled del 1916-17 in cui l'inscription est obtenue en éliminant certaines lettres d'une affiche publicitaire pour la peinture Sapolin et en ajoutant d'autres en trompe-l'œil (Sapolin Enamel)

1.08 Ci sono poi i ready-made in senso stretto: Porte-buteilles del 1914 e Porte-chapeaux del 1917 tutti e due da appendere anziché per appendere.

1.09 Duchamp aveva previsto anche la possibilità di un ready-made réciproque, se servir d'un Rembrandt comme planche à repasser affinchè tutte le barriere fra arte e non-arte possano essere abbattute. Infine i giochi di parole nei quali Duchamp eccelleva possono essere letti come ready-made imprimés et modifiés

1.10 A partire dal ready-made l'oggetto artistico rompe ogni relazione con la bellezza alla quale era da sempre stato legato. L'opera non trova più la sua conferma nel giudizio questo è bello, ma invita ad una constatazione performativa: questa è un'opera d'arte. *

1.11 Quale è l'operazione che compie Duchamp con i ready-made? Fontaine è semplicemente un pissoir capovolto, per questo egli dice è un ready-made aiutato, ma l'atto creativo che compie è mitologico e può essere immaginato come la semplice imposizione delle mani con la pronuncia della formula rituale:

Questo pisciatoio è un'opera d'arte

1.12 La sublime grandezza di Duchamp è nell'aver tolto all'arte la materia, dissolvendola nel puro gesto dell'artista. Niente altro è necessario, neppure il fatto estetico rappresentato dall'oggetto. Da qui gli equivoci in cui cadono tutti coloro i quali non hanno ben compreso cosa sia accaduto. Duchamp ha trivializzato il gesto artistico assumendo un oggetto qualsiasi, il più infimo, un pissoir, come paradigma della trasmutazione di valori * operata dall'artista. Questo gesto però non riguarda l'universalità del genere umano, ma solo l'artista. Fontaine ritorna immediatamente pisciatoio al di fuori del gesto che lo ha prodotto. Non porta le vestigia che richiamano il riconoscimento della soggettività operante. Nel crollo del museo dove è ospitato, il pissoir non è più distinguibile come opera d'arte, è solo un pisciatoio fuori posto.

1.13Si ricordi che l'originale del ready-made Porte-buteilles è stato gettato nella spazzatura dalla sorella di Duchamp durante una pulizia generale del suo studio. Analogamente alcuni operai addetti all'allestimento della Biennale di Venezia (1976) hanno pensato bene di ridipingere Porte: 11, rue Larrey (1927) [Peraltro si noti che nel 1961, in occasione della mostra sul Movimento Dada ad Amsterdam, K. G. Pontus Hultén e Daniel Spoerri ricostruiscono l'opera, che verrà distrutta dopo lo smontaggio della mostra, ma verra in seguito replicata. Allo stesso modo Pontus Hulten viene implicato in una serie di repliche "non autorizzate" di Brillo di Andy Warhol] Il che non ha lo stesso senso della tela di Caravaggio usata dagli inservienti di un museo per sostituire il vetro rotto di una finestra. In questo caso si sarebbe trattato di un ready-made réciproque.

1.14 Il riconoscimento che Duchamp richiama non è quello dell'altro uomo, ma è solo quello dell'artista, di colui che ripercorrendo il suo gesto scopre il dissolversi della materia di cui è composto l'oggetto da lui prodotto. E da questa sparizione trae godimento. Nessuno spettatore che assuma la posizione dell'artista può negare che l'opera creata da Duchamp produca piacere estatico. Ma potrebbe essere l'ultima opera d'arte, perché non si può andare oltre ripetendo all'infinito il gesto di Duchamp - ciò significa perdersi. Andare oltre è possibile solo tornando indietro... Étant donné è un tornare indietro.

1.15Ed ora, per concludere, metterò un po di sale sulla piaga dell'arte. Se mi chiedessero di indicare un artista significativo degli ultimi venti anni non avrei dubbi nel fare il nome di Brent Scott già professore alla Carnegie Mellon e creatore del sito Insex. Sulle ragioni ne discuteremo un'altra volta.

MP

Bibliografia

Marcel Duchamp
- [1975] Duchamp du signe. Ecrits, Paris, Flammarion, 1975
Hervé Fischer
- [2004] L'histoire de l'art est terminée, Balland, 1981, ed. elettronica di Jean-Marie Tremblay, 2004, Chicoutimi,
Bruno Zanardi
- [2009] Il restauro. Giovanni Urbani e Cesare Brandi, due teorie a confronto, Skira, Milano, 2009