Elogio di Trasimaco

1.01 Trasimaco (Θρασύμαχος) nacque a Calcedonia in Bitinia, odierna Istambul, intorno al 460 a.C. e mori dopo il 413 a.C. La sua vita si svolge quindi nel periodo della guerra peloponnesiaca, che presenta uno dei più foschi quadri di stragi, di delitti e di orrori che ricordi la storia del mondo antico. Seguendo acriticamente il testo platonico, il Calcedone viene ricordato ordinariamente come primo teorico del diritto della forza.

L'interpretazione del pensiero di Trasimaco è assai meno facile di quello che abitualmente si crede.

1.02 L'interpretazione comune si presta ad alcune obiezioni la più importante delle quali è questa.

Trasimaco parla di ciò che (a suo parere) è, non di quello che dovrebbe essere; constata fatti, non li valuta

II

2.01 Ai fini della comprensione del discorso che esporrò di seguito è sufficiente ricordare due - brevi - citazioni dal primo libro della Republica di Platone.

Trasimaco: - Ogni forma di potere stabilisce dunque le leggi in funzione del proprio utile: la democrazia le farà democratiche, la tirannide tiranniche, e similmente le altre. E una volta stabilite, sanciscono che giusto per i sudditi è ciò che è utile per i detentori del potere, e puniscono i trasgressori come colpevoli di illegalità e ingiustizia. Questo è dunque, eccellente amico, ciò che io sostengo sia giusto nello stesso modo in tutte le città: l'utile del potere costituito. Ma è poi questo a essere forte, sicché ne segue per chi ragioni correttamente che dovunque giusto è lo stesso: l'utile del più forte.
Socrate: - E dunque, Trasimaco, questo è ormai chiaro, che nessuna tecnica o forma di potere procura ciò che è vantaggioso per se stessa, ma, come dicevamo prima, lo procura e lo dispone per chi è soggetto al potere, avendo di mira l'utile di chi è più debole, non quello del più forte.

III

3.01 Trasimaco ha, senza dubbio, ragione. Il giusto è l'utile del più forte. Nulla di più vero! Ma il fatto è che il più forte è Socrate! Ho detto Socrate - nota bene - non ho detto il suddito.

3.02 I personaggi coinvolti nel dialogo sono quattro. Due parlano: Trasimaco e Socrate. Due non parlano: il più forte e il più debole. Trasimaco nel discorso parla a nome del più forte mentre Socrate parla a nome del più debole. Occorre notare che Trasimaco non si presenta come «il più forte» e Socrate non si presenta come «il più debole». Nessuno dei due assume la posizione di colui che rappresenta, sono avvocati che difendono una posizione appartenente ad altri.

3.03 Se Trasimaco e Socrate assumessero la posizione di coloro che dichiarano di rappresentare si riprodurrebbe la situazione dello scontro tra padrone e servo. Nel dialogo platonico invece siamo nell'ambito della dialettica della parola, cioè del diritto avvocatizio, della invocazione da cui ci si attende un effetto magico.

3.04 Nell'aforisma che ho proposto possiamo osservare che si produce uno scivolamento di senso. Se la posizione di Socrate fosse verificata come più forte nella dialettica del vero, si porrebbe come la più forte anche nel piano del diritto e quindi della forza in sé. Ma questo determinerebbe di fatto che la posizione più debole sarebbe la più forte con una evidente contradizione logica.

3.05 Ma non è così. Non è la posizione più debole a dimostrarsi la più forte, ma è la posizione di chi afferma di prendere le parti della posizione più debole ad essere dichiarata la più forte. Questa distinzione non è irrilevante. Il più debole rimane sempre il più debole, mentre il più forte diventa chi dice di difendere gli interessi del più debole. Viene introdotta cioè una terza posizione, che non corrisponde a nessuna delle due che appaiono nella disputa.

3.06 Il più debole che riuscisse ad imporre la propria volontà al più forte sarebbe semplicemente il più forte. Lo scivolamento delle posizioni si determina perchè fra il più forte e la sua volontà viene introdotto un qualche impedimento. Questo impedimento è del tutto interno alla posizione più forte, non riguarda in nulla il più debole e la sua possibilità di imporsi al più forte. E' qualcosa che avviene tra il più forte e se stesso. Il più forte viene preso in un comando di cui non sa nulla e di cui non conosce nulla, che però lo determina ed in questo modo lo scinde. Lo divide nel più forte che agisce, in quanto più forte, e nel più forte che parla, in quanto più forte. La parola rivendica cioè il suo diritto ad esercitare la forza, ad essere la forza per se stessa, in primo luogo a nome del più debole. Si può intravvedere in questo l'origine della distinzione tra potere religioso e potere civile.

3.07 In questa dialettica la posizione più debole rimane sempre la più debole e non acquisisce nessun vantaggio, cambia solo padrone, anzi i padroni diventano due perchè questa, che è apparentemente una dialettica ideale, si incarna.

3.08 Trasimaco rappresenta anche la posizione della scienza, della osservazione dei fatti e della loro descrizione così come sono dati. Socrate la posizione genealogica della morale.

3.09 La posizione del superamento è anche quella di Nietzsche. Che poi Nietzsche non la sostenga fino ai limiti del possibile, ma protesti con le armi di Socrate contro questa stessa posizione per riaffermare il diritto del più forte - in quanto il più forte è comunque a servizio della vita in se stessa - fa parte della sua grandezza ed è però la sua interna contradizione.

MP