Eros e Kratos
Il Platone di Kelsen

- Appunti -

Kelsen parte dall'idea che esista una relazione di qualche tipo tra libido omosessuale (pederastia) e dominio e che questa relazione sia evidente in Platone.

Eros omosessuale è all'origine della concezione platonica della politica.

Kelsen tenta di dedurre la concezione autoritaria del potere in Platone dalla sua omosessualità repressa. non dalla sua omosessualità in quanto tale.

L'argomento, a cui Kelsen dedica ben tre articoli, è abbastanza inspiegabile alla luce della sua opera complessiva, in cui eros e libido non hanno alcun interesse nella dottrina pura del diritto.

Se Kelsen si cimentò nello studio di Platone, con l'intento di ricavarne un'opera assai vasta che però non vide mai la luce, ciò fu dovuto con ogni probabilità, all'esigenza di fare i conti con la nozione di libido, della quale Freud aveva ammesso l'analogia col concetto platonico dell'eros e che Kelsen recepì in questa accezione. [(in nota) Questa citazione di Kelsen Quando Freud fa l'ipotesi che 'libido', « che relazioni d'amore (dette indifferentemente: legami affettivi) costituiscono anche l'essenza dell'anima della massa », intende la parola 'libido' o 'amore' in senso più ampio che non puramente l'amore sessuale, quasi con lo stesso significato con cui presenta l''Eros' in Platone compare in Il concetto di Stato e la psicologia sociale. Con particolare riguardo alla teoria delle masse di Freud, sta in Kelsen, La democrazia, Bologna, 1981, p. 406 e in Der sociologische un juristiche Staatbegriff., Tübingen, 1928, p. 23.]
Chiunque conosca anche superficialmente l'opera di Kelsen sa bene che le nozioni astratte di libido e di eros non ebbero mai nessuna importanza nel contesto della dottrina pura del diritto. Come spiegare allora che, all'inizio degli anni Trenta, egli si cimentasse in un'indagine sull'eros platonico ... ?
A giudizio di Kelsen, l'eros platonico, inteso come libido omosessuale, è asociale per sua stessa definizione, poiché affermandosi come norma positiva finirebbe con l'impedire la sopravvivenza della società in quanto tale. L'impossibilità di manifestare questo eros apertamente e nel rapporto con altri genera nell'individuo uno stato di ansia e frustrazione, che lo porta ad assumere un atteggiamento di palese ostilità verso l'esterno, nonché a sognare uno Stato ed un potere che in qualche modo lo ricompensino delle sofferenze patite.
Ripensando agli argomenti da lui esposti nella conferenza del 1921, penso che non sia lecito sostenere che, in questo studio su Platone, Kelsen cerca di compiere un passo avanti verso la soluzione del problema che lo assillava già allora: quello cioè di un legame sociale che, nella massa o nell'orda primitiva, è il legame libidico e interiore, mentre nelle società organizzate si dà esteriormente come norma giuridica. Qui egli sembra sostenere che il passaggio dall'una all'altra fase avvenga anche attraverso la proibizione dell'omosessualità
Nell'eros omosessuale, più ancora che in quello normale, accanto al desiderio di cedere e di abbandonarsi alla passione, si manifesta una volontà di dominio che è rivolta sia alla persona amata che agli uomini in generale. La caratteristica saliente di questo eros sta proprio nella sua ambivalenza: da un lato esso è ostile alla società, la nega e tende ad allontanarsene, ma dall'altro persegue, nella società, una posizione elevata di potenza e dominio, che elimini ogni contrasto con essa e punti ad oltrepassare il dualismo pessimistico.
Platone non solo era totalmente insensibile alle particolarita del sesso femminile, ma gli fu sempre estraneo anche l'amore per le donne. Si può infatti notare che, per quanto parli dell'amore e gli attribuisca un'importanza enorme a livello sia individuale che universale, egli però fa sempre e soltanto riferimento all'amore per i fanciulli. Non c'è dubbio che l'amor platonico sia ben diverso da ciò che oggi si indica con amicizia. Anche se estremamente spiritualizzato, esso conserva sempre un fondamento sensibile e sessuale: lo stesso che, per l'appunto, gli conferisce un ruolo di grande rilievo sia nella vita che nell'opera del filosofo. [Citazione di Bethe, p. 438]
Nel Fedro e negli altri dialoghi dove Platone parla dell'eros è più volte ribadito il precetto di non concedersi al mero appagamento sessuale, ma è anche vero che, se da un lato la descrizione dell'oggetto erotico è spinta fino ai limiti dell'osceno - e dunque costituisce già in sé un appagamento sostitutivo - dall'altro, con l'aggiunta di particolari «ritardanti» essa tende a presentarci il godimento sessuale, per come si realizza e al di là di qualsiasi inibizione.
La presenza di costumi omosessuali e di rapporti amorosi fra uomini giovani e anziani è dimostrabile solo all'interno dei cosiddetti Stati dorici, ove, del resto, la pederastia era un fenomeno assai limitato e circoscritto alla sola classe aristocratica. Di essa si parla, storicamente, come di un costume (o malcostume) nobiliare, che forse si affermò per via degli obblighi militari cui questa classe era soggetta [..] D'altra parte, anche nella società dorica, benché riconosciuta publicamente e persino legittimata dalla religione, la pederastia era tutt'altro che un'istituzione inattaccabile. [Bethe, p. 446]
A Licurgo è fatta risalire una legge che puniva con la morte o con l'esilio questo tipo di relazioni sessuali. [Senofonte, Lo stato del Laconii, II, 13] [..] Sui motivi che indussero il legistatore a tollerare o addirittura favorire certi costumi omosessuali, non possiamo che limitarci a mere ipotesi. Una crescita troppo vistosa del ceto nobiliare - proprietario solo di alcune terre e organizzato militarmente - era senz'altro contraria agli interessi politici dello Stato. L'eccesso di popolazione fu sempre un pericolo per i piccoli Stati della Grecia e non di rado vennero varate misure per prevenirlo. [Gomperz, Griechische Denker, vol. II, p. 212] Aristotele inoltre afferma espressamente che a Creta la pederastia fu introdotta apposta per impedire un eccesso demografico. [Politica, II, 10; 1272 a, 23]

La legislazione ateniese contiene delle norme chiaramente orientate in senso antipederastico.
Se la letteratura greca è così ricca di accenni alla pederastia e se questa passione ha avuto un ruolo tanto importante nella storia greca, è tuttavia illecito ritenere che la maggioranza della popolazione non fosse più di tanto sensibile alle bellezze femminili. Le fonti migliori parlano della pederastia come una particolarità che distingueva, dalla grande massa, i guerrieri, i ginnasti, i poeti e i filosofi. Gli aneddoti a noi pervenuti, relativi alla vita degli artisti, testimoniano invece una loro sostanziale preferenza per le donne.
Negli stati non dorici, i soli in cui questa opposizione poté consolidarsi e prender piede, la pederastia, benché riconosciuta pubblicamente, era considerata un vizio
Date le sue inclinazioni, Platone non solo si sentì sempre diverso dalla grande massa delle persone normali, ma assunse anche una posizione separata entro la cerchia di coloro che, per abitudine, erano dediti alla pederastia. Questo ci porta a supporre che la maggior parte di costoro, così sensibili alla bellezza dei giovani, fosse anche capace di amare delle persone appartenenti all'altro sesso.

Nel Fedro, Platone difende apertamente la pederastia carnale.

Nel Fedro, e cioè nell'inno che egli elevò alla pederastia, più ancora della gioia per aver preso coscienza del proprio eros, riecheggia la sofferenza per una disposizione sessuale che muove alla vergogna [..] Platone dovette certo odiare questo eros, vedendo in esso il tiranno della sua anima.
Col Simposio innalza un monumento immortale alla castità di Socrate e alla castità in generale.

L'eros in Platone non coincide con l'amore omosessuale, ma con la pederastia.

Platone per preservare la pederastia dall'accusa di innaturalità, si spinse fino ai limiti dell'esteticamente possibile e la sua esposizione giunge ad un punto tale che il tragico quasi trapassa nel comico, mentre fra il serio e il faceto non sembrano più esistere differenze. Tutto questo, probabilmente, non accade per caso.
La componente politica del platonismo è stata compresa, in tutta la sua rilevanza, solamente nel nostro secolo. In primo luogo, fu rivendicata l'autenticità della Lettera VII, in cui Platone dice espressamente, tracciando la propria autobiografia, che la politica fu la passione dominante della sua vita.
La paideia è la figura sociale nella quale l'eros socratico si manifesta come volontà di potenza.

La virtù è sapere.

dal suo dogma fondamentale, per cui la virtù è un sapere trasmissibile [Socrate] non esitò a trarre l'implicazione antidemocratica, secondo la quale ciascuno, per professione, deve occuparsi solo di ciò che ha imparato. A governare si impara, come a rattoppare le scarpe o a cucire i vestiti: per questo i ciabattini, i sarti e le altre categorie artigianali debbono essere esclusi dal governo.
Se Platone dichiara a più riprese che nello Stato devono governare i filosofi e che la potenza politica e la filosofia devono riunirsi nella stessa persona, lo fa avendo in vista solo la propria filosofia e nessun'altra. [..] I filosofi che governeranno lo Stato ideale potranno essere soltanto filosofi platonici
alla domanda che Glaucone gli pone, chiedendo in che modo i veri filosofi possano edificare il loro Stato, Socrate risponde:
Manderanno via [..] tutti i cittadini che abbiano compiuto dieci anni, ne predenranno i figlioli sottraendoli all'influsso dei moderni costumi, che sono pure quelli dei genitori, e li alleveranno secondo i loro modi e leggi, che sono quelli da noi esposti prima.
[..] il primo governo non potrebbe essere composto che da Platone e dai suoi discepoli, i primi sudditi sarebbero dei fanciulli e l'attività di governo consisterebbe nella loro educazione. È questa l'idea che, benché inespressa, vediamo serpeggiare nella fantasia politica di Platone.
A fondamento del giudizio, certo molto critico, [di Kelsen] sta la posizione rigorosamente relativista e quindi non cognitivista assunta da Kelsen in metaetica e ribadita, con veemenza, in entrambi gli scritti dedicati al problema della giustizia (Die platonische Gerechigkeit) e del diritto naturale (Platon und die Naturrechtslehre) in Platone. Ma anche nel saggio che qui si recensisce emerge con chiarezza l'ostilità del giurista praghese nei confronti del
dogna dell'identità di virtù e sapere: dogma che [..] è anche la radice ultima del legame fra noetica ed etica (o fra scienza e politica) che caratterizza, così infaustamente, l'intero sistema platonico.
MP

Bibliografia

Hans Kelsen
- Die platonische Liebe, Imago, 1933
- L'amor platonico, a cura di Claudio Tommasi, il Mulino, Bologna, 1985 [tr. di Die platonische Liebe]
- Die platonische Gerechtigkeit, Kant Studien, 1933, pp. 91-117
- La justice platonicienne, Revue philosophique de la France et de l'étranger, 1932 - ora su Gallica [tr. di Die platonische Gerechtigkeit]
- Platon und die Naturrechtslehre, Österreichische Zeitschrift für öffentliches Recht, 1957, pp. 1 ss.
- Der Begriff des Staates und die Sozialpsychologie. Mit besonderer berücksichtigung von Freuds Theorie der Masse , Imago, 1922, pp. 97-141
- Il concetto di Stato e la psicologia sociale. Con particolare riguardo alla teoria delle masse di Freud, sta in Kelsen, La democrazia, il Mulino, Bologna, 1981 [tr. di Der Begriff des Staates und die Sozialpsychologie.]
Erich Bethe
- Die dorische Knabenliebe, ihre Ethik und ihre Idee , Rheinisches Museum für Philologie, n.62, 1907, pp. 438 ss.
Gomperz
- Psychologische Beobachtungen an griechischen Philosophen, in Imago, vol. X, 1924
Luca Nivarra - Domenico Quaranta
- recensione a Kelsen L'amor platonico, in Rivista Critica del Diritto Privato, 1986, p. 220-230
Leon Robin
- La théorie platonicienne de l'amour, Paris, 1908 [La teoria platonica dell'amore, a cura di Giovanni Reale, Milano, 1973]
Claudio Tommasi
- Introduzione a Kelsen, L'amor platonico, il Mulino, Bologna, 1985