Nozick alias Rignano

Mankiw vs Piketty

Gregory Mankiw, professore di economia all'università di Harvard ed ex presidente del Council of Economic Advisors di George W. Bush, è uno dei più accesi contestatori della tesi di Thomas Piketty sulla necessità del ritorno ad una tassazione progressiva della ricchezza.

Another philosophical viewpoint is that it is the government’s job to enforce rules such as contracts and property rights and promote opportunity rather than to achieve a particular distribution of economic outcomes. No amount of economic history will tell you that John Rawls (and Thomas Piketty) offers a better political philosophy than Robert Nozick (and Milton Friedman).

Ma, come Matt Bruenig ha notato su Demos.org, e contrariamente a quanto pensa Greg Mankiw, almeno sulle imposte di successione Robert Nozick è d'accordo con Thomas Piketty. E, forse, aggiungo io, anche Milton Friedman lo sarebbe, perché il principio ereditario non è un'idea propria del capitalismo, ma del feudalesimo, anche se oggi si preferisce chiamarlo capitalismo patrimoniale, e sia Nozick che Friedman erano, se possibile, sostenitori di un capitalismo integrale, non ereditario, e non del ritorno ad una economia feudale, come invece lo era von Hayek.

Genitori e figli

Nel terzo capitolo di The Examined Life, libro di filosofia pratica, direi quasi di counseling filosofico, Nozick parla del rapporto genitori-figli. Dopo un'introduzione, piuttosto astratta, Nozick introduce il tema del trasferimento delle proprietà dei genitori ai figli. Tralascio, per ora, la parte sulle eredità immateriali, che apre una prospettiva filosofica inusuale sulla trasmissione del sapere, e trascrivo invece il ragionamento di Nozick sul diritto di successione sui beni reali.

Lasciare un'eredità ad altri è un modo per esprimere il proprio affetto per loro [..] Talvolta, però, un'eredità ricevuta viene trasmessa per generazioni e generazioni a persone sconosciute a colui che l'aveva originariamente guadagnata e donata, e questo fa sì che si creino continue diseguaglianze economiche e di posizione sociale. Il fatto che anche tutti costoro la ricevano non è affatto un'espressione o una conseguenza dei suoi vincoli personali. Se era giusto che egli trasmettesse ciò che aveva guadagnato a chi voleva, alle persone che gli stavano a cuore, non è detto che queste possano giustamente fare lo stesso. Le diseguaglianze che ne derivano parrebbero inique.

Una possibile soluzione sarebbe di riformare l'istituto dell'eredità in modo che, dai beni che si possono lasciare ad altri, sia sottratto in tasse il valore di ciò che a propria volta si era ricevuto. Così una persona potrebbe lasciare in eredità solo quello che essa stessa ha aggiunto all'eredità ricevuta. Il lascito potrebbe essere fatto a chiunque: coniuge, figli, nipoti, amici, ecc. (Potremmo porre la clausola ulteriore che deve trattarsi di persone viventi - o in gestazione - con le quali possano già sussistere legami e rapporti effettivi.) Ma chi riceve il lascito non sarebbe parimenti autorizzato a trasmettere quest'ultimo, pur potendo trasmettere a chi gli pare ciò che egli stesso ha guadagnato e aggiunto di persona. In questo modo un'eredità non potrebbe pervenire a più generazioni.

Questa semplice regola di sottrazione non distingue perfettamente il contributo specifico della generazione successiva — per chi eredita una ricchezza può essere più facile ammassarne ancora — ma è una buona regola pratica. [1] Permettere a una persona di fare molti lasciti, e però non permettere che questi siano trasmessi più di una volta, e quindi ripetuti o iterati, è una soluzione che rispetta l'importanza e l'autenticità dei vincoli di devozione, affetto e immedesimazione, senza limitarli a un'unica generazione (si può donare direttamente ai nipoti), ma che non ammette il perpetuarsi di un'eredità come un mero involucro senza alcun contenuto personale.

Qualcuno potrebbe chiedersi: se quello che conta sono l'autenticità e il valore dei legami personali, perché chi ha avuto un'eredità non dovrebbe essere autorizzato a trasmettere anche questa, senza che le venga sottratta dai suoi beni? Dopotutto, chi ha ricevuto un'eredità potrebbe benissimo avere verso i suoi figli, gli amici o il coniuge legami altrettanto forti quanto quelli di chi gli ha lasciato la sua ricchezza. D'altra parte, molti filosofi - Hegel, per esempio - hanno osservato che la proprietà che si è guadagnata o creata è espressione e parte dell'io, tanto che può essere impregnata della propria identità o personalità o costituirne una propagazione. Quando colui che ha creato o guadagnato una certa ricchezza la trasmette in eredità, in questo atto ci mette molto di se stesso, molto di più di chi trasmette quello che ha ricevuto ma non creato. Se la proprietà è un fascio di diritti su qualche cosa (a consumarla, alterarla, trasferirla, spenderla e lasciarla in eredità), il lascito non trasferisce tutti questi diritti, e in particolare il diritto a lasciarla in eredità; quest'ultimo appartiene unicamente alla persona che l'ha originariamente guadagnata o creata.

Se vogliamo impedire a un individuo eccessivamente facoltoso di arricchire tutti i suoi discendenti diretti possiamo aggiungere all'istituto dell'eredità un'altra clausola, cioè che la persona designata a ricevere il lascito dev'essere già esistente. Anche se accettassimo la prima clausola, quest'ultima potrebbe sembrarci decisamente discutibile. Consideriamo la seguente obiezione, suggeritami da David Nozick. Un uomo che sta per morire senza figli non potrebbe donare il suo sperma a una banca dello sperma e avere il legittimo desiderio di lasciare un'eredità al figlio o ai figli che potrebbe avere in futuro? E se concediamo questo, non dovremmo concedere a una persona che lascia del denaro direttamente ai suoi attuali nipoti di provvedere affinché esso vada anche agli eventuali nipoti che nasceranno solamente molti anni dopo la sua morte? C'è modo di permettere tutto ciò e tuttavia impedire a chi ha creato una ricchezza di soddisfare il suo eventuale desiderio di perpetuare il benessere e il potere della propria famiglia per molte generazioni? (Io non penso che qui emerga un vero legame personale di cui si debba tener conto.) Forse basterà una clausola più debole: non si può lasciare un'eredità a due persone non ancora nate appartenenti a diverse generazioni di discendenza da un elemento già esistente della famiglia. La prima condizione, naturalmente, resta valida: dai beni trasmettibili in eredità va sottratto quanto la persona aveva a sua volta ereditato.

Si noti che con il potere di lasciare un'eredità la persona può avere anche il potere di dominare, minacciando, esplicitamente o implicitamente, di non lasciare alcuna eredità se i potenziali destinatari non si comportano in modo a lui gradito. È possibile che a molti ricchi interessi più questo potere e controllo costante sugli altri che la possibilità di rinsaldare ed esprimere i propri legami personali, e che per i loro figli o partner compiacenti sarebbe meglio se non ci fosse affatto un istituto dell'eredità.

Una rozza variante del principio di Rignano

Così Ayelet Shachar:

Even the ultralibertarian Robert Nozick, who admits fewer restrictions on the acquisition and transfer of property than most other entitlement theorists, specifies as a central tenet of his "unpatterned" theory of iustice the requirement that unequal distribution should result from iust transfers of iustly acquired holdings. Applied to the context of citizenship, it is yet again hard to see how the transfer of property/membership according to birthright fulfills the cardinal requirements of fairness and openness. If anything, from a libertarian perspective, such fixed and reperitive intergenerational transmissions of wealth (and power) through life estates must be seen as problematic; they limit the freedom of each generation to alienate, restrict efficient use, and bar new entrants simply because of the lack of fair and open procedure in obtaining the holding. It is this perpetuity aspect of the transfer that must concern the libertarian, iust as an entail structure of property transmission distorts both risk and opportunity (for many of the reasons already articulated in Blackstone's Commentaries, as we saw in earlier chapters). This discomfort is clearly marked in Nozick's work as well. As he puts it, "bequests that are ceived lby those close to the deceasedl sometimes then [get] passed on for generations,... producing continued inequalities of wealth and position...

If it seems appropriate for [the original earner] to pass on what she has earned to those she cherishes and chooses, we are far less certain it is appropriate when these others do the same. The resulting inequalities seem unfair." The Examined Life, Nozick specifically addresses the topic of perpetual inheritance, holding that while an original property owner has a right to bestow his fortune upon his or her children or grandchildren, the bequest can only be transferred once. (This is a crude variant of Rignano's principle of "distant in time, weaker in entitlement.") The recipients of bequests can convey any amount that they themselves have earned, but are prohibited from passing on their own inherited wealth; this avoids situations where unearned fortunes "cascade down the generations."

From the other side of the ideological spectrum, liberal egalitarians such as Brian Barry also support a closely related conclusion, holding that the claims of heirs to the special advantages derived from the efforts of their ancestors are quite limited. In Democracy, Power, and Justice, Barry argues, much like Nozick though with greater redistributional consequences, that "although the present generation might legitimately derive some special advantages from the efforts of the preceding one, and perhaps the one before that, the part of what they passed on that was in turn inherited from their predecessors should be regarded as by now forming part of the common heritage of mankind."

Rignano-Nozick Tax

Sono state date numerose formulazioni del principio di Rignano, quella esposta da Nozick in The Examined Life è solo una di esse. Si tratta di una formulazione appena abbozzata e piuttosto grezza. Nozick evidentemente non conosceva le vicende storiche del principio di Rignano, e l'ha reinventato, o, se le conosceva, non ne ha tenuto conto, volutamente. In ogni caso, la posizione di Nozick appare tanto più significativa quanto più si tenga conto dell'individualismo estremo su cui è fondata la teoria sociale delineata in Anarchy, State, and Utopia.

L'applicazione del principio di Rignano, specie nella formulazione data da Nozick, può incontrare alcune difficoltà pratiche dovute ai comportamenti opportunistici che può indurre. Evidentemente nel caso in cui il proprio capitale personale sia inferiore al capitale ricevuto in eredità ci sarebbe un interesse di tipo opportunistico a sperperare immediatamente ogni residuo del capitale ereditato.

Per evitare comportamenti opportunistici il principio di Rignano, ed il ragionamento di Nozick, poiché impongono una tassazione, più o meno alta, del cespite ereditario, devono anche presupporre una tassazione comparabile, perlomeno altrettanto alta, delle vendite e delle donazioni in generale.

MP

Bibliografia

Robert Nozick
- La vita pensata. Che cosa conta veramente nella nostra esistenza?, tr. Giulia Boringhieri, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1990
- The Examined Life, Simon & Schuster, New York, 1989
Geert Demuijnck
- Les libertariens de gauche et la question de l'héritage, Raisons politiques, 2006/3 (no 23), Presses de Sciences Po, cairn.info URL
Caroline Guibet Lafaye
- Héritage et équité, Communication proposée le 13 février 2007, dans le cadre des «Midis intimes» de la Chaire Hoover d’Ethique Economique et Sociale de l’Université Catholique de Louvain; URL
André Masson
- Comment justifier une augmentation impopulaire des droits de succession, Revue de l’OFCE, 139 (2015), URL