Un apologo di Alcmeone crotoniate?

Antonio Capizzi

L'apologo sulle membra del corpo umano che la storiografia romana attribuiva a Menenio Agrippa lascia ancor oggi perplesso chiunque abbia familiarità col pensiero antico: si tratta di un caso piuttosto isolato e anomalo all'interno della tradizione romana, e particolarmente percettibile è invece il suo sapore greco, così difficile da spiegare in un momento (i primi anni del quinto secolo) in cui a Roma gli apporti culturali esterni erano ancora così scarsi. Sul piano formale va notato come Dionigi di Alicarnasso 1 lo definisse (e non a torto) μῦϑόν τινα ... είς τόν Αἰσώπειον τρόπον quanto al contenuto concettuale, e cioè all'idea che ἔοικέ πως ἀνθρωπείφ σώματι πόλις 2 esso rientra piuttosto bene in quella tipica concezione greca che Robert Pöhlmann 3 chiamò organische Staatsidee e che culminò nei numerosi riavvicinamenti platonici tra Stato e corpo umano 4, tra malattia e cattiva amministrazione 5, tra medicina e politica 6, tra medico e magistrato 7, ecc. Già negli anni venti Wilhelm Nestle 8 sentì la falsificazione, ma non riuscì a risalire oltre l'ambiente sofistico della seconda metà del quinto secolo nella sua ricerca della fonte greca: a fermarlo fu un pregiudizio a quel tempo dominante, e cioè la convinzione che le tematiche giuridico-politiche siano entrate nel mondo filosofico solo con la "rivoluzione antropocentrica" dei sofisti.

Oggi che il sottinteso politico è stato riconosciuto in tutte le fasi della cultura classica, da Omero in poi, nulla ci vieta di addentrarci nella sapienza greca pre-periclea e di spingerci fino ad Alcmeone crotoniate, che fu senza alcun dubbio medico e biologo di primissimo piano, ma applicò all'organismo umano due concetti del tutto insoliti in medicina, quelli di "monarchìa" e "isonomìa", asserendo che la prima porta malattia e la seconda salute 9. Questo bizzarro modo di esprimersi ha attirato spesso l'attenzione degli storici, alcuni dei quali 10 hanno compreso che in quel particolare caso Alcmeone non aveva più in mente la medicina, ma di essa si serviva per dare ai suoi concittadini un preciso insegnamento politico: come il corpo umano gode buona salute quando le forze vitali si equilibrano e collaborano, ma diventa infermo quando uno degli umori prende il sopravvento sugli altri, così la città è sana quando il governo è collegiale e rischia la distruzione allorché una sola persona assomma in sé tutti i poteri. Dato che nella Crotone del tempo di Alcmeone la monarchia intesa come regno non era certamente in questione, a me sembra evidente che il monito alcmeoniano si rivolgeva contro la tirannide 11 : probabilmente quella instaurata per breve tempo da Clinia, agli inizi del quinto secolo (e cioè proprio negli stessi anni in cui la plebe romana si ritirava sul Monte Sacro), con l'aiuto di esuli e di schiavi liberati 12.

Fin qui l'analogia col mito di Menenio è puntuale: anche per Alcmeone, evidentemente, «una città somiglia un po' a un corpo umano"; e l'unica differenza starebbe nell'uso del mito esopico fatto da Menenio secondo Dionigi. Ma siamo certi che il riavvicinamento operato da Alcmeone non fosse contenuto anch'esso in un apologo? Isidoro di Siviglia, raccogliendo una tradizione che non ci è nota da altre fonti, scriveva:

Fabulas poetae a fando nominaverunt, quia non sunt res factae, sed tantummodo loquendo fictae. Quae ideo sunt inductae, ut ficto animalium mutorum inter se colloquio imago quaedam hominis vitae nosceretur. Has primas invenisse traditur Alcimon Crotoniensis, appellanturque Aesopicae, quod is apud Phrygas in hac re polluit 13

La deformazione del nome potrebbe essere indizio di antichità della tradizione raccolta da Isidoro, che certamente non ricollegò l'Alcimone a lui pervenuto all'Alcmeone medico; e, nonostante la scarsa plausibilità del primato di Alcmeone nel genere esopico, nulla vieta di credere che di lui si ricordasse un famoso apologo.

D'altro lato, ai più perspicaci tra gli storici moderni non è sfuggito un curioso particolare: che alcune narrazioni riferite alla storia romana sembrano rinviare, per certi loro elementi, non soltanto alla storia greca in generale, ma più specificamente agli avvenimenti salienti della storia crotoniate. Ad esempio, per dare l'idea della sapienza di Numa Pompilio, si era pensato bene di costruire un suo discepolato alla scuola dei sapienti greci; ma invece di trovargli un maestro abbastanza leggendario per essere adattato senza fatica alla sua ipotetica cronologia, come potevano essere (per fare degli esempi a caso) Omero o Zaleuco, si era preferito operare un vistoso anacronismo e fare di Numa il discepolo di Pitagora, gloria e vanto di Crotone, vissuto due secoli più tardi 14. E ancora: la data del rovesciamento della monarchia a Roma era stata fatta coincidere non soltanto con quella della caduta di Pisistrato ad Atene, ma anche con quella della caduta di Teli sibarita ad opera dei Crotoniati 15. E infine: l'elemento mitico inserito nella narrazione romana della battaglia del lago Regillo, e cioè l'intervento dei Diòscuri, è ripreso pari pari dalla tradizione crotoniate sulla battaglia della Sagra 16. Che la storia di Crotone fosse familiare agli annalisti romani, ai quali attinsero più tardi Livio e la grande storiografia, è fuori di dubbio: attorno al 500 il Lazio fu invaso da una pleiade di culti provenienti dalla Magna Grecia, e a Lavinio sorse addirittura un dodekàtheon, un santuario dedicato alle divinità di dodici città greche italiote 17 ; inversamente, nello stesso periodo a Crotone vennero ad ascoltare Pitagora anche Romani 18. È molto probabile che già allora a Roma si avesse qualche notizia di Alcmeone, le cui dottrine mediche comunque vi divennero ben note dopo la seconda guerra punica, portate dai medici greci che vi affluirono in quantità 19.

È allora assai probabile che anche il discorso col quale Menenio Agrippa convinse la plebe romana ad abbandonare l'Aventino, discorso che Dionigi dice pronunciato nell'anno in cui un Crotoniate, Tisicrate, vinse lo stadio alle Olimpiadi 20 (quasi a ricordarci una volta di più la continua attenzione della storiografia romana per gli avvenimenti di Crotone), sia stato dalla tarda tradizione arricchito di quel mito esopico; e che il mito fosse soltanto la trasposizione ad una diversa situazione storica di un analogo mito alcmeoniano. Alcmeone avrebbe allora narrato ai suoi concittadini più o meno questa storia: un giorno le membra, o le forze, o gli umori del corpo umano abbandonarono l'abituale ordinamento isonomico, basato sulla spartizione delle funzioni di governo all'interno dell'organismo, e concessero il potere politico ad una sola di esse, venendo però a scoprire ben presto che l'egoismo e la sete di comando della parte divenuta tiranna impedivano quell'armonia delle funzioni vitali sulla quale si fonda la salute. Si tratta, naturalmente, di un'ipotesi: ma la notizia di Isidoro e la somiglianza col racconto di Menenio rendono l'ipotesi di un apologo alcmeoniano per lo meno plausibile e verificabile al lume di nuovi e più approfonditi studi sul filone favolistico antico.

Bibliografia

Antonio Capizzi
- Un apologo di Alcmeone crotoniate?, Quaderni Urbinati di Cultura Classica, , Nuova serie 13, 1983 (vol. 42 della serie continua), pp. 159-163