Per un welfare state hobbesiano

Introduzione

0.01Nel titolo è contenuto tutto il libro, che è nulla più della spiegazione del titolo.

0.02Del titolo sono debitore a Pierpaolo Donati, che vede, e non senza qualche ragione, nel moderno welfare istituzionale il prolungamento della concezione del benessere sociale elaborata dal grande filosofo inglese Thomas Hobbes di Malmesbury. Dopo aver ammesso che l'idea che guida «la soluzione hobbesiana al problema dell'ordine sociale» è stata alla base della costruzione di sistemi di welfare che indubbiamente hanno migliorato le condizioni di benessere materiale della popolazione, Donati si accanisce nel dimostrarne le manchevolezze, ma non per migliorarla, bensì per sostituirla. Con cosa? Un'idea di società dietro la quale si intravvedono agitarsi oscuramente le corporazioni medioevali.

0.03 Ecco, a modo di esempio, cosa Donati intende per «soluzione post - hobbesiana»:
- assumere che il sociale sia costituito dalle relazioni originarie che le persone, le loro formazioni sociali, la società come insieme di relazioni fra le varie sfere di vita esprimono a partire dalla loro natura umana.
- regolare i conflitti attraverso quelle costituzioni civili che, pur operando nel quadro delle costituzioni politiche e in relazione ad esse, articolano la cittadinanza societaria (civile) nelle sfere di vita (dal lavoro alle attività di welfare), in modo da rendere sinergici gli interessi e le identità

0.04 Non capisco cosa si intenda per rendere sinergici gli interessi e le identita? Temo questa prospettiva. Per questa mancanza di sinergia immagino che Pierpaolo Donati non aprezzerà l'uso costruttivo che invece mi propongo di fare del termine welfare hobbesiano.

0.05 Tutto ha inizio con Hobbes: il contratto sociale, il diritto moderno, lo Stato. Tutto trova la sua ragione naturale nella conservazione della vita del suddito. Non sono necessarie altre giustificazioni di ordine superiore al potere sovrano. Come è noto non si devono moltiplicare gli enti senza necessità Ciò ha delle conseguenze. Basterà ricordare il fatto che lo Stato - padrone di Hobbes segna la rottura definitiva con il mondo comunitario e plurale del medioevo feudale (il Corpus Christianum)

0.06 Vediamo adesso cosa dice realmente Hobbes. Per iniziare introdurrò due citazioni dal Leviathan su cui desidero soffermiate la vostra attenzione. Per bene comprenderne il senso occorre tenere presenti la definizione di legge naturale e la funzione dello Stato (Common-wealth) che in Hobbes è di essere al servizio della legge naturale (ovvero della conservazione dell'individuo)

0.07 Stato di necessità.La prima citazione mostra come lo Stato non abbia titolo per punire il cittadino qualora agisca contro le leggi dello Stato per la propria conservazione (stato di necessità). Ogni volta che lo Stato non è in grado di garantire la conservazione dell'individuo questi è libero di agire senza i limiti della legge.

0.08 Quando un uomo viene privato del cibo o di qualche altra cosa necessaria per la sua vita e non può sopravvivere se non compiendo qualche atto contro la legge - come se, durante una grande carestia, prendesse con la forza o con l'astuzia quel cibo che non può ottenere né con il denaro né con la carità o come se, per difendere la propria vita, strappasse la spada ad un altro - è totalmente scusato per la ragione appena menzionata

0.09 Carità publica. La seconda citazione mostra come lo Stato - non il privato cittadino - debba sovvenire alle necessità di chi non è in grado di provvedere alla propria conservazione a causa di un qualsiasi accidente.

0.10 Così Hobbes: Quando, parecchi uomini, per accidenti inevitabili, divengono incapaci di mantenersi con il loro lavoro, non devono essere lasciati alla carità dei privati, ma ad essi devono provvedere (per quanto lo richiedono le necessità di natura) le leggi dello stato. Come infatti non è caritatevole per un uomo trascurare gli inabili, così è per il sovrano di uno stato esporli al rischio di una tale incerta carità.

0.11 Le idee di Hobbes attraversano la manica e giungono in Francia, o forse semplicemente erano nell'aria. Fatto sta che l'Abate di Saint-Pierre afferma: Chi è nella miseria estrema ha un diritto reale e positivo, un'azione di diritto naturale nei confronti del ricco; la sua grande miseria crea il suo diritto, un diritto incontestabile

0.12 Identico concetto viene ripetuto, qualche decina d'anni dopo, dal barone di Montesquieu: Qualche elemosina che si fa a un uomo nudo in una strada non elimina affatto gli obblighi dello Stato, che deve assicurare a tutti i cittadini la sussistenza, il cibo, vestiti convenienti e un genere di vita che non danneggi la salute.

0.13 Possiamo quindi ritenere che la fondazione teorica del welfare State universalistico, da parte dei grandi filosofi del capitalismo borghese, sia, già nel settecento, un fatto acquisito. Nei due secoli seguenti, nei paesi del Nord Europa questo programma è stato in gran parte, bene o male, con fatica, realizzato. In Italia invece l'idea di diritti universali, uguali per tutti i cittadini, non è ancora un fatto definitivamente acquisito. Per descrivere quale è la situazione italiana userò le impietose parole di Massimo Paci:

0.14 Noi non abbiamo un sistema di garanzia del reddito minimo come hanno dieci degli altri quattordici paesi dell'UE: vuol dire che in questi altri paesi esiste un diritto soggettivo ad ottenere una prestazione monetaria (accompagnata talvolta da alcuni servizi) se si cade in una situazione di bisogno, sotto una soglia di povertà. Un diritto soggettivo ad essere sostenuto economicamente. Da noi se il Comune vuol darti un sussidio, te lo dà. Oppure riesci a ottenere una pensione sociale. Ma tutto è affidato alla discrezionalità dell'ente con cui hai a che fare.

0.15 In compenso nel nostro Paese si discute molto: Il mercato sociale è la ricetta vincente per uscire dalla crisi del welfare. O almeno così sembra. Non passa giorno che il giornale radio del mattino (ascolto Radio popolare) sia accompagnato da publicità di corsi di formazione per imprenditori, cooperatori, manager sociali: non passa giorno che su Il Sole 24 Ore l'autorevole quotidiano della Confindustria, non venga proposta la dose quotidiana di notizie e commenti sul "terzo settore", il nonprofit e l'aziendalizzazione dei servizi publici. E c'è un convegno o un dibattito publico sull'argomento quasi ogni settimana. Tutti ne parlano: il sindacato, Agnelli, Fazio, per non dire naturalmente di chi si occupa di politiche e servizi sociali. E tutti parlano di efficienza, solidarietà, concorrenza, imprese sociali, management, bilanci, volontariato, clienti

0.16 Come è noto esistono tre modalità fondamentali di intendere un sistema di welfare in funzione del diverso soggetto a cui è demandata la facoltà di spesa:

  • nel primo tipo, statale od olistico i fondi per l'assistenza sono gestiti direttamente dallo Stato con proprie strutture. I vantaggi, quando la gestione è efficiente, sono sostanzialmente quelli di ogni gestione centralizzata con economie di scala. I difetti sono imputabili alla burocratizzazione, alla corruzione e alla inefficienza allocativa delle prestazioni.
  • nel secondo tipo, che possiamo chiamare individualistico o personalistico i fondi publici vengono erogati direttamente all'avente titolo, che poi sceglierà a chi rivolgersi, se al publico o al privato, per ottenere i servizi di cui ha necessità. I vantaggi sono nel minor costo e nella maggiore efficienza allocativa delle prestazioni. Gli svantaggi sono dovuti essenzialmente al potere di lobby dei soggetti e delle persone coinvolte nei modelli di primo e di terzo tipo, che condiziona la scelta del modello di welfare.
  • nel terzo tipo detto anche terzo settore o del privato-sociale, i fondi publici per l'assistenza vengono gestiti da corpi intermedi - come ad esempio le associazioni religiose, i sindacati, fino alle vere e proprie corporazioni - che si frappongono fra lo Stato e l'individuo che ha diritto alle prestazioni. I vantaggi sono sostanzialmente quelli di una magggiore socializzazione e del coinvolgimento di persone estranee. Gli svantaggi sono quelli del maggior costo, della corruzione, e della inefficienza allocativa delle prestazioni

0.17 Una particolarità della situazione italiana è la presenza di un buon numero di economisti favorevoli ad una soluzione del secondo tipo, mentre la grande maggioranza dei politici è, per effetto degli interessi di lobby, favorevole ad una soluzione di compromesso tra un modello del primo tipo gestita direttamente in sede politica con leggine ad personam ed un modello del terzo tipo gestito indirettamente attraverso quelle che una volta venivano definite "cinghie di trasmissione". Per questi motivi la situazione italiana si presenta come molto meno equa di quella delle altre nazioni europee.

0.18 Alcune considerazioni generali:

  • Esiste una mancanza di equità fiscale tra contribuenti capienti, a cui vengono concesse detrazioni e deduzioni, e contribuenti incapienti a cui vengono negate.
  • Un certo numero di persone seppure bisognose non sono in grado di accedere agli aiuti, pure loro riservati, per mancanza di informazione e per la frammentazione e la complicazione della legislazione, ad un'altra quota di persone gli aiuti vengono negati per motivi fondamentalmente moralistici.
  • La gestione statale dei fondi per il welfare si presta ad usi clientelari, che inquinano la politica e attribuiscono a gruppi sociali privilegiati risorse a cui non avrebbero diritto in una situazione di equità.
  • In particolare in Italia, il costo amministrativo della gestione del welfare, a causa della frammentazione della legislazione in materia, incide significativamente sulle risorse ad esso destinate oltre a determinare i fenomeni di cui al punto 2
  • L'assegnazione ad enti privati, in particolare religiosi, di compiti istituzionali di assistenza, oltre a determinare una discriminazione su base ideologico - religiosa, lede la dignità del soggetto in quanto l'elargizione, accompagnata da una motivazione moralistica, viene fatta pesare al soggetto.

0.19 Nelle pagine che seguono non tratterò del terzo settore - per una garbata critica del quale rinvio al delizioso libriccino di Paola Tubaro - ma cercherò di evidenziare gli elementi positivi su cui è possibile costruire un welfare dichiaratamente hobbesiano, alternativo sia alla gestione statale della beneficenza sia alla carità publica privatizzata.

1 - Agrarian Justice

1.01Nel 1797 il cittadino del mondo Tom Paine istigato dalla lettura di un sermone del vescovo Watson di Llandaff, intitolato La saggezza e la bontà di Dio nell'aver creato sia i ricchi che i poveri. publica uno straordinario saggio intitolato Agrarian Justice dove elabora, partendo dalla constatazione della inevitabilità dell'appropriazione, l'idea che la terra coltivata deve alla comunità una rendita fondiaria da dividersi, in parti eguali, fra tutti gli uomini. Queste sono le parole di Thomas Paine:

1.02 Non si può negare che la terra nel suo stato naturale e non coltivato era, e sempre sarebbe rimasta, proprietà comune del genere umano. In quello stato, infatti, l'uomo sarebbe nato proprietario: egli cioè sarebbe stato, insieme con tutti gli altri, proprietario a vita del suolo e di tutti i suoi prodotti naturali, vegetali ed animali.
Ma, come si è già detto, la terra nel suo stato naturale è in grado di fornire sostentamento soltanto ad un piccolissimo numero di abitanti, in confronto a ciò che può rendere se coltivata. E poiché è impossibile separare l'incremento dovuto alla coltivazione dalla terra stessa su cui è stato operato, da questa inscindibile connessione sorse l'idea della proprietà fondiaria. Tuttavia è vero che può costituire proprietà individuale soltanto il valore di questo incremento, e non la terra in sé stessa. Pertanto, ogni proprietario di terra coltivata deve alla comunità una rendita fondiaria (non conosco un termine che renda meglio l'idea) per la terra che possiede; questa rendita fondiaria deve alimentare il fondo che si propone qui di istituire.

1.03 Lo scopo del fondo sarà: pagare ad ogni persona, al compimento dei ventun anni, la somma di quindici sterline, come parziale compenso per la perdita della sua eredità naturale a causa dell'introduzione del sistema della proprietà fondiaria;
inoltre, pagare vita natural durante ad ogni persona dell'età di cinquanta anni la somma di dieci sterline l'anno

1.04 Propongo che i pagamenti siano fatti a tutti, ricchi o poveri. [...] Coloro che non desiderano riscuoterlo, possono riversarlo nel fondo comune.

1.05 Quanto ai mezzi con cui finanziare il fondo Paine propone di tassare i passaggi di proprietà, in particolare la trasmissione dei beni attraverso la successione ereditaria.

1.06 Paine esplicita una delle conseguenze della teoria di Locke sulla proprietà della terra: ogni uomo ha diritto ad una rendita in conseguenza dell'indisponibilità della terra e più in generale del capitale.

1.07 L'osservazione di Paine mantiene tuttora la sua validità. Ne consegue che in un sistema capitalistico il welfare state dovrebbe essere finanziato, almeno in parte, attraverso un'imposta di scopo di tipo patrimoniale e non soltanto attraverso la tassazione dei redditi.

2 - Negative Income Tax

2.01Sebbene Milton Friedman sia considerato un "nemico" del welfare state, gli si dovrà riconoscere, prima o poi, di esserne stato il primo riformatore. Sostanzialmente a lui si deve l'opera di diffusione fra economisti e politici di due idee, molto semplici, ma rivoluzionarie nella loro applicazione: l'imposta negativa sul reddito ed i vouchers.

2.02 Per iniziare l'esame dell'imposta negativa sul reddito (Negative Income Tax) partirò da un esempio che trovo nel libro Liberi di scegliere:

2.03 Se il reddito, per due anni di seguito è esattamente uguale alle detrazioni, per quei due anni non si pagherà l'imposta. Supponiamo ora che il reddito guadagnato in quei due anni sia lo stesso, ma che più di metà sia stata percepita nel primo anno. Si avrebbe così un reddito positivo tassabile, cioè un eccesso di reddito sulle detrazioni per quell'anno, e su quello si dovrebbe pagare l'imposta. Nel secondo anno si avrebbe un reddito imponibile negativo, cioè le detrazioni supererebbero il reddito, ma da queste detrazioni non si potrebbe trarre alcun beneficio. Complessivamente, si finirebbe per pagare più tasse di quante se ne pagherebbero se il reddito fosse ripartito nei due anni.

2.04L'osservazione è banale e proprio per questo acuta. Se due persone hanno lo stesso reddito, ma distribuito in anni successivi, il primo - ad esempio ha un reddito di 20 per tre anni e il secondo di 60 in un anno e di zero negli altri due, applicando un' imposta - ad esempio - del 25% - per l'effetto della detrazione forfettaria - ad esempio - di 10 il primo pagherà imposte su un reddito di 30 pari a 7,5 mentre il secondo su un reddito di 50 pagherà imposte per 12,5. Questa situazione, forse marginale in una economia fordista dove salari e stipendi sono sostanzialmente omogenei, diventa la norma quando l'occupazione non è più stabile e dove le differenze di reddito diventano molto più ampie e diversificate nel tempo.

2.05 Per capire meglio cosa Friedman intenda, quando parla di imposta negativa estraggo la classica esemplificazione riportata in Capitalismo e libertà

2.06 Attualmente - dice Friedman - da noi vige il sistema di un'esenzione di seicento dollari per persona nell'ambito dell'imposta federale sul reddito [...] Se l'aliquota fosse, per esempio, del 50 per cento [...] Se egli non avesse alcun reddito e, per semplicità di calcolo supponiamo che non abbia alcuna detrazione, e l'aliquota fosse costante, egli riceverebbe trecento dollari.

2.07 Non capisco. Immagino per complicare le cose, o forse per nascondere il vero significato di quello che afferma, - Leo Strauss docet - Friedman introduce arbitrariamente una decurtazione del 50% sul credito d'imposta. Se l'esenzione è di 600 dollari, per quale ragione l'incapiente dovrebbe riceverne solo 300?

2.08 Se viene applicata una proporzionale all'imposta negativa non otteniamo comunque equità di trattamento e tutto il ragionamento diventa logicamente insostenibile. Se - per ritornare all'esempio precedente - la seconda persona, con due anni senza reddito, ricevesse un'imposta negativa sul reddito di 5 (pari al 50%) per ciascun anno, pagherebbe complessivamente 12,5 - 10 = 2,5 cioè meno delle imposte pagate dalla prima (7,5).

2.09 Quindi si deduce che: l'importo dell'imposta negativa sul reddito (il credito d'imposta) deve essere, in ogni caso, pari all'imposta applicabile sulla quota esente.

2.10 Da qui - se α è l'aliquota fiscale, Q la quota esente e NIT l'imposta negativa sul reddito - deve essere:

2.11

NIT : Q = α : 100

2.12 La formula determina il rapporto tra NIT, quota esente e aliquota fiscale. Quindi con una imposta del 25% la quota esente sarà 4 volte NIT. Se NIT fosse il 50% della quota esente, ovvero la metà della quota esente, affinche siano mantenute le proporzioni matematiche, l'aliquota dovrebbe essere parimenti del 50% del reddito.

2.13Con le precisazioni di cui sopra e quando sia estesa a tutti i cittadini, compresi i bambini, l'imposta negativa sul reddito è matematicamente identica al Reddito di cittadinanza. Lo ha evidenziato lo stesso Milton Friedman in un colloquio con il senatore progressista Eduardo Suplicy:

2.14 Basic income or citizen's income non è una alternativa all'imposta negativa. È semplicemente un altro modo di introdurre un'imposta negativa, se essa è accoppiata a una imposta positiva senza esenzioni

2.15 L'applicazione dell'imposta negativa unita ad una aliquota fiscale unica consente inoltre di soddisfare i criteri di equivalenza dell'imposta fra redditi distribuiti inegualmente nel tempo. Come è noto la progressività dell'imposta non consente di mantenere l'equità impositiva diacronica.

2.16 Come hanno osservato Rizzi e Rossi la progressività dell'imposizione fiscale - sancita dalla Costituzione Italiana - non necessariamente deve essere limitata alla sola imposta sul reddito, ma dovrebbe organicamente scaturire dall'intero sistema fiscale, che invece oggi appare per molti versi regressivo nel suo complesso.

2.17Si potrebbe obiettare [cfr. De Mita, 1996] che un'imposta proporzionale sul reddito sarebbe incostituzionale stante il dettato dell'art. 53 della Costituzione. Francamente abbiamo un'opinione troppo elevata dei padri costituenti per pensare che si riferissero specificamente alla progressività per scaglioni e non già alla progressività dell'intero sistema di imposte.

2.18 Ancora una obiezione. Nelle descrizioni correnti del funzionamento dell'imposta negativa si legge che l'importo versato è gradualmente ridotto in caso di aumento del reddito fino ad essere uguale a zero al punto di equilibrio. Questa affermazione non ha senso, significa solo che si applica un credito d'imposta inferiore a quello matematicamente dovuto, poiché l'imposta negativa determina da subito il suo punto di equilibrio per ogni aliquota fiscale.

2.19 NIT e UBI sono concettualmente diversi, anche se producono lo stesso risultato matematico. NIT è una conseguenza algebrica - come dice Cournot - delle leggi fiscali.

2.20 NIT non può essere di importo maggiore dell'imposta dovuta nel punto di equilibrio, cioè sulla quota esente. NIT è un'imposta, non un sussidio, anche se viene erogata materialmente essa rappresenta l'equivalente di un'imposta che i contribuenti capienti dovrebbero pagare e non pagano!

2.21 Condizionare l'erogazione dell'imposta negativa al lavoro è incongruo, significa trasformarla in quello che non è: un salario. L'imposta negativa non è un'erogazione liberale, ma l'equivalente di quanto viene già concesso ai cittadini capienti. Si tratta di una equivalenza matematica fra soggetti portatori di identici diritti.

2.22 Differenze fra NIT e UBI. NIT si legge da destra e UBI da sinistra, ma è come quando si è seduti accanto ad un finestrino del treno, si vede la stessa cosa da prospettive opposte.

2.23 Intuitivamente, fra gli effetti di UBI e di NIT vi sono, inizialmente, la riduzione dei salari, specie per i lavori marginali, con un conseguente aumento dell'occupazione ed in un momento successivo l'aumento dei salari per i lavori usuranti e meno appetiti.

2.24 Se consideriamo che una gran parte dei cittadini, quelli che hanno un reddito imponibile, ricevono già sotto forma di deduzioni, detrazioni etc. importi che sono contabilizzabili come equivalente NIT la quota dei nuovi aventi diritto si riduce a categorie come: i giovani senza lavoro, le casalinghe, i poveri, e i disoccupati di lunga durata senza accompagnamento alla pensione.

2.25Friedman pensa che, a parità di risultato, l'imposta negativa sul reddito, costi meno e sia più equamente distribuita degli aiuti suddivisi per categorie dell'attuale sistema dello Stato sociale americano.

2.26L'imposta negativa sul reddito non è un sistema contributivo, ma fiscale e quindi è, in ogni caso, redistributivo.

2.27L'applicazione dell'imposta negativa dovrebbe essere progressiva. Ovvero iniziare con importi modesti, dell'ordine nel 2010 dei 250-300 euri mensili (3.000 - 3.600 € annuali),per aumentare successivamente quando il sistema sia impostato. Pretendere di iniziare l'applicazione dell' imposta negativa con importi elevati è solo un pretesto per non fare nulla. Non bisogna dare legittimità a questo modo di ragionare. Iniziando con importi modesti si scoprirà che una gran parte dei cittadini riceve già più di quanto previsto e la quota mancante può essere ricavata in modo molto più semplice di quanto si possa immaginare.

2.28L'imposta negativa rimane, a mio parere, la formulazione migliore, più semplice e più realistica, di welfare universalistico hobbesiano.

2.29Rappresentazione grafica della ripartizione del reddito nel caso di applicazione dell'imposta negativa sul reddito.

Grafico NIT

Legenda
r = reddito netto (escluse imposte e detrazioni); d = detrazioni e deduzioni; nit = imposta negativa sul reddito; i = imposta; AQ = linea di equivalenza delle imposte e delle detrazioni

è facile constatare dal diagramma che, mantenendo ferme le detrazioni e aumentando l'aliquota il punto Q si sposta a sinistra (aprossimandosi allo zero) e viceversa aumentando le detrazioni o diminendo l'aliquota si sposta a destra.

2.30L'idea che NIT sia una forma di sussidio è molto diffusa, eccone un esempio: Gli effetti distributivi della NIT sono significativi. Attraverso lo schema dell'imposta negativa sul reddito lo stato finanzia un sussidio, a favore dei soggetti più svantaggiati, attraverso la tassazione dei redditi più agiati, nella misura necessaria a finanziare il sussidio.
Non è così. Come detto, NIT non è un sussidio, ma solo il ristabilimento di una parità di condizioni fra cittadini portatori di eguali diritti, che adesso, attraverso le detrazini solo per i capienti, è violata. Semmai si dovrebbe considerare sussidio la detrazione che viene effettuata a tutti i capienti, che essendo "teoricamente" di eguale importo produce effettivamente una redistribuzione.

2.31 Premesso che NIT trae la sua origine non dalla benevolenza del fisco, ma da una equivalenza matematica, segue che: l'importo del rimborso è determinato dall'ammontare della "somma degli sconti" che vengono concessi ai contribuenti capienti. Il rimborso è legato matematicamente all'aliquota (la prima) con cui viene tassato il contribuente capiente.

3 - Universal Basic Income

3.01Un welfare liberale, hobbesiano, fondato sull'individuo non può non cercare di realizzare concretamente l'idea di Tom Paine, di un reddito minimo universale per tutti i cittadini.

3.02Per «reddito minimo universale» intendiamo un reddito versato da una comunità politica a tutti i suoi membri, su base individuale, senza controllo delle risorse né esigenza di contropartite.

3.03 Si può anche dire che il livello al quale dovrebbe essere fissato l'importo del reddito minimo universale coincide teoricamente con il costo di riproduzione della forza lavoro.

3.04 Universal Basic Income (UBI) può essere concepito come fornitura gratuita di una certa quantità di beni e servizi - direttamente o per mezzo di vouchers - o di una certa quantità di denaro o di un insieme di entrambe le cose.

3.05 Dal punto di vista degli schemi di finanziamento i mezzi necessari possono essere ottenuti con opzioni diverse, le principali delle quali sono: l'imposizione fiscale sui redditi, la tassazione della proprietà, la distribuzione di rendite provenienti delle proprietà publiche, il servizio civile. Non bisogna considerare, come si tende troppo spesso a fare, l'imposta sul reddito e tanto meno l'imposta sul reddito da lavoro l'unica fonte di finanziamento di UBI.

3.06 In ogni caso, anche se nei fatti ha funzionato, non è più possibile riprodurre nella situazione attuale l'aborto bismarchiano del finanziamento assicurativo delle pensioni garantito dallo Stato, ma a carico dei lavoratori e della produzione.

3.07 UBI è indifferente al sistema fiscale, NIT no. Differenza sostanziale.

3.08 UBI viene erogato anticipatamente, NIT posticipatamente, al momento della dichiarazione dei redditi. È da vedere, nel caso di erogazione anticipata, come possa essere messo in pagamento un importo che lo Stato non ha ancora materialmente incassato, se non attraverso una mediazione finanziaria.

3.09Particolarità comuni ad UBI e NIT

  • Entrambe diminuiscono l'impegno diretto dello Stato nell'impiego delle risorse destinate al welfare la cui gestione ritorna all'individuo.
  • Entrambe abbattono i costi amministrativi e di transazione a carico dello Stato. Di conseguenza aumenta l'importo disponibile, ma si ha anche un transitorio aumento della disoccupazione.
  • Non si aggiungono alle imposte attuali destinate al welfare, ma le sostituiscono in buona parte.
  • Trattandosi di sistemi universalistici, non means testing non sono soggetti alle trappole della povertà, oltre a rispettare maggiormente la dignità della persona.
  • Il ricorso ad oneri previdenziali aggiuntivi ricade sulla volontarietà dei singoli, scaricando lo Stato dall'impegno diretto, ma non dal controllo, nella gestione della previdenza.

4 - Basic income / Flat Tax

4.01Da quanto sopra detto si evince che: accoppiando UBI o NIT ad una tassazione dei redditi con aliquota unica, e quindi proporzionale, si eliminano gran parte delle anomalie matematiche che rappresentano un impedimento ad una condizione di maggiore uguaglianza dei cittadini.

4.02Inoltre, in Italia si pone il problema di estendere il disegno riformatore [...] al sistema di sostegno dei redditi che, nel caso italiano, spicca per la sua complessiva inefficienza ed iniquità nonostante le risorse ad esso dedicate siano tutt'altro che esigue.

4.03Sulla base di queste considerazioni Dino Rizzi e Nicola Rossi, riprendendo il lavoro di Richard Atkinson, hanno elaborato un modello UBI / FT adattandolo al sistema fiscale italiano. La modellizzazione proposta, che ritengo ancora valida nelle sue linee generali, è la più completa ed organica prodotta in Italia. Come è noto la proposta, nonostante una intervista in tal senso del ministro Vincenzo Visco, non ha mai raggiunto la discussione politica.

4.04 Nel modello di Atkinson l'importo del reddito minimo è ottenuto applicando il seguente schema:


aliquota moltiplicata x base imponibile
-
gettito attuale imposta sul reddito e contributi previdenziali
+
costo dei benefici previdenziali che verranno aboliti
:
per il numero dei cittadini


4.05 Dove, di fatto, UBI assorbe tutte le entrate della nuova imposta sul reddito. Se contributi e costi previdenziali si compensassero, come di norma avviene in un sistema assicurativo, il gettito attuale dell'imposta, uguale al gettito previsto, sarebbe egualmente suddiviso fra i cittadini ottenendo una proporzionale redistribuzione di reddito. Quello che cambia, nel sistema di Atkinson, è la fonte di finanziamento della redistribuzione previdenziale, che non è più contributiva e quindi categoriale, ma diventa fiscale e quindi universale.

4.06 Il caso italiano è più complicato. L'estrema varietà e arbitrarietà, non mi stancherò di ripeterlo, dei benefici previdenziali, nell'ipotesi di una loro omogeneizzazione comporterebbe una redistribuzione della ricchezza anche all'interno dei percettori di benefici, penalizzando chi riceve di più e favorendo chi oggi riceve meno. Nella tabella 1 sono elencate le prestazioni previdenziali oggetto di riforma nel modello elaborato da Rizzi e Rossi. La tabella 2 riporta relativi valori per l'anno 1995. Le tabelle sono riportate per la loro immediata espressività!

TAB. 1 - Sintesi delle misure dirette e indirette di sostegno ai redditi (per destinatario dei trasferimenti, ente erogatore e modalità di finanziamento, anno 1996)
Tipologia Destinatari Ente erogatore Modalità di
finanziamento
Assegni familiari Dipendenti; pensionati; iscritti al collocamento sotto un certo reddito INPS contributivo
Integrazioni delle pensioni al minimo Pensioni inferiori al minimo INPS Stato
Pensioni di invalidità Invalidi sul lavoro INPS contributivo
Pensioni di invalidità civile Disabili permanenti Ministero dell'interno Stato
Indennità di accompagnamento Invalidi non autosufficienti Ministero dell'interno Stato
Pensioni di guerra Ex-combattenti Ministero del tesoro Stato
Pensioni CDMC (pre 1989) Coltivatori diretti, mezzadri, coloni INPS Stato
Assegno sociale Cittadini con più di 65 anni senza contribuzione INPS Stato
Minimo vitale Cittadini in condizioni di bisogno Enti locali Stato
Prepensionamenti Lavoratori dipendenti INPS misto
Liste di mobilità Lavoratori dipendenti INPS Stato
Cassa Integrazione Lavoratori dipendenti INPS misto
Indennità ordinaria di disoccupazione Lavoratori dipendenti INPS Stato
Indennità speciale di disoccupazione Lavoratori dipendenti nell'edilizia INPS Stato
Contratti di solidarietà Lavoratori dipendenti Ministero del lavoro Stato / UE
TAB. 2 - Variazioni delle entrate e delle uscite nel bilancio dello Stato a seguito della abolizione di alcuni interventi in campo assistenziale e della riforma della imposizione diretta (anno 1995, stime in miliardi di lire). Fonte: Relazione Generale sulla Situazione Economica del Paese e rendiconti INPS
Interventi da abolire Mag. (+) o min. (-) entrate Mag. (+) o min. (-) uscite
Assegni familiari -4.200 -7.000
Integrazioni al minimo delle pensioni - -25.000
Pensioni di invalidità civile - -16.200
Pensioni di guerra - -2.700
Pensioni CDMC - -6.600
Pensioni sociali - -3.500
Prepensionamenti -200 -3.000
Liste di mobilità -900 -2.400
Cassa integrazione straordinaria -1.200 -1.600
Indennità di disoccupazione -4.400 -4.900
Contratti di solidarietà - -400
Detrazioni d'imposta +25.000 -
Oneri deducibili +11.000 --
Totale +25.100 -73.300

4.07 A grandi linee i vantaggi operativi di un sistema Basic income / Flat Tax sono così riassumibili:

  • In primo luogo rappresenterebbe un reale sostegno ai lavoratori nelle fasce di reddito più basse, molto più di quanto non accada oggi con l'attuale sistema di detrazioni d'imposta.
  • In secondo luogo, contribuirebbe a rispristinare l'equilibrio fra generazioni permettendo una qualche redistribuzione dai padri ai figli.
  • In terzo luogo, darebbe luogo ad un sistema in grado di ridurre le disuguaglianze di genere ed in larga misura indipendente dalla condizione lavorativa, evitando quindi la trappola della disoccupazione.
  • In particolare sarebbero risolti in larga misura i problemi posti dalla progressività per scaglioni dell'IRPEF (si pensi, ad esempio, ai problemi posti dal trattamento fiscale dei nuclei familiari monoreddito ed alla questione del cumulo dei redditi, nonché alla questione dei redditi fluttuanti).
  • Infine condurrebbe ad una drastica semplificazione e ad una sostanziale riduzione dei costi amministrativi per l'Amministrazione e per i contribuenti, rimuovendo molte posizioni di rendita implicite nel welfare attuale.

5 - Agathotopia

5.01Gli agathotopiani sono un popolo assai strano: hanno esentato tutti i risparmi dall'imposta sul reddito e hanno unito questo provvedimento a un'aliquota annuale moderata sui grandi possedimenti e a una tassazione pesante sui trasferimenti di ricchezza al di sopra di un certo limite, effettuati tramite le donazioni tra vivi o i lasciti testamentari.

5.02 Lo Stato agathotopiano non ha debito publico; possiede invece un credito publico equivalente più o meno al cinquanta per cento della ricchezza produttiva totale del paese. Il governo non gestisce le imprese produttive che generano questa ricchezza, ma investe semplicemente la sua ricchezza in Borsa sotto forma di partecipazioni nei fondi di investimento privati in concorrenza sul mercato [...] Il reddito al netto delle tasse che ne deriva viene usato dallo Stato agathotopiano per finanziare il programma di reddito di base da erogare a tutti i cittadini.

5.03 Un altro tipo di imposta per finanziare un reddito di base veramente adeguato consiste nell'imposizione di una sovrattassa sulla prima unità di reddito di ogni cittadino che superi il reddito di base stesso. Questo è un tipo di imposta che di fatto preleva parte del reddito di base a mano a mano che aumenta il reddito che il cittadino ricava da altre fonti, un'imposta addizionale rispetto alla normale aliquota della tassa sul reddito.

5.04 Il «dividendo sociale» prospettato da James Meade, nei suoi effetti, non è sostanzialmente diverso dall'imposta negativa sul reddito o dal reddito minimo universale. Questo dimostra come le strade per arrivare ad uno stesso risultato possono essere diverse o forse debbono necessariamente essere diverse e adattarsi alla diversità degli uomini.

5.05 Nell'appendice al suo libro, Meade riporta alcuni grafici con le diverse opzioni alternative di dividendo e di tassazione. Nel grafico è rappresentata una Detrazione personale d'imposta pari a 1 ed una aliquota fiscale del 25%. I redditi inferiori a 1 vengono integrati all'unità, i redditi superiori a 1 vengono tassati a partire da 1.

5.06

Grafico UBI  Meade

Legenda:
OBV = reddito disponibile lordo
ABC = reddito disponibile netto dopo detrazione d'imposta o prelievo fiscale

5.07 Si può rilevare come, tecnicamente, con gli strumenti di elaborazione dei dati oggi a disposizione sia molto semplice effettuale una simulazione precisa del costo e degli effetti di un «dividento sociale» o di NIT o di UBI. Da questi calcoli risulterebbe evidente come sia possibile attuare, senza costi proibitvi, un sistema di welfare istituzionalizzato universale. Se ciò non viene fatto è solo perché manca la volontà politica e si preferisce una gestione discrezionale, non controllabile e quindi clientelare del denaro publico. L'opposto di quanto accade ad Agathotopia

6 - Workfare

6.01Il sistema di welfare - è la tesi che sostiene Phelps - accresce il volume dei disoccupati nell'economia, specie fra i lavoratori meno retribuiti. Ciò accade per diversi motivi:

6.02Il primo è il fatto che i lavoratori sono meno motivati ad accettare il primo posto che capita.

6.03 Il secondo meccanismo attraverso il quale il sistema di welfare danneggia i lavoratori svantaggiati è costituito dall'accertamento dell'effettivo stato di necessità. [...] il lavoro non può competere con il welfare, almeno fino al punto in cui la retribuzione non tende a eguagliare i benefici che discenderebbero dall'accesso al welfare.

6.04 Il terzo meccanismo ... è costituito dal metodo con cui vengono finanziate le assicurazioni sociali [cioè] mediante prelievi sulle retribuzioni. [...] Questi prelievi vanno a incidere sul costo del lavoro [...] Per i dipendenti che percepiscono una paga bassa, l'incidenza degli oneri sociali è elevata, arrivando anche al 20% del salario netto. [...] Ma perché gli oneri sociali sono così elevati? Un motivo è che i cittadini non vogliono addossarsi il peso dell'indigenza di individui che, per loro imprevidenza o sfortuna, non hanno accantonato risorse per la vecchiaia o per eventi imprevisti, quali la disoccupazione o gli infortuni sul lavoro.

6.05 Gli assunti di Phelps sono che la società nel suo complesso ha interesse che coloro i quali non trovano lavoro lo possano fare, ma che, nello stesso tempo, non si possono caricare di oneri impropri le imprese imponendo loro di erogare un salario minimo superiore alla reale produttività del lavoratore senza penalizzarne la concorrenzialità e senza penalizzare gli altri lavoratori.

6.06 E quindi l'idea di Phelps è che lo Stato dovrebbe finanziare, attraverso la fiscalità generale, le imprese che assumono lavoratori svantaggiati aumentando il loro livello retributivo fino al livello minimo di sussistenza, anche se la loro produttività rimane inferiore al costo del loro lavoro. Ovvero fare in modo che l'azienda privata paghi esattamente il costo marginale del lavoro. La differenza dovrebbe essere integrata dalla fiscalità generale, perché la società nel suo complesso ha un interesse che il lavoratore svantaggiato possa lavorare.

6.07 Si dirà, questo sistema è quello utilizzato per i lavori socialmente utili, che per la verità non hanno dato grande prova di sé, ovvero per i finanziamenti, più o meno camuffati, alle imprese che hanno però un effetto distorsivo del mercato. Le risposte di Phelps sono che l'efficienza dell'impresa privata è comunque maggiore di quella dell'ente publico e il lavoro svolto per l'impresa privata ha un saggio di rendimento maggiore del lavoro svolto per l'ente publico e, dall'altro lato, che la sovvenzione al singolo lavoratore svantaggiato non ha lo stesso effetto distorsivo del finanziamento diretto all'impresa.

6.08 L'obiezione di Solow: - Ogni progetto di trasformazione del Welfare in Workfare, per essere efficace, deve tener conto del fatto che un sostanziale numero di persone prive di qualifiche specifiche, che prima non lo faceva, si troverà ora a cercare un lavoro. Alcuni di loro riusciranno a ottenere un impiego per il solo fatto di capitare nel posto giusto al momento giusto [ma] non vi è assolutamente nessuna ragione per credere che la nostra economia abbia in serbo un numero così massiccio di posti vacanti per lavoratori privi di qualifiche.

6.09 Rimane il fatto che sia l'idea di Phelps che l'obiezione di Solow hanno un fondamento reale. Ci sono lavoratori che non raggiungeranno mai la produttività richiesta per ottenere un salario minimo in un mercato del lavoro non vincolato e il numero di questi lavoratori sta progressivamente aumentando per ragioni dipendenti dal tipo di sviluppo sia tecnologico che sociale.

6.10Phelps dice, non sovvenzioniamo le imprese e neppure il welfare ma sovvenzioniamo, fino al salario minimo vitale, i disoccupati che vogliono lavorare, la cui produttività non raggiunge la soglia di competitività sul mercato e lo facciamo non usando contributi a carico delle imprese e degli altri lavoratori, come accade in gran parte oggi, bensì attraverso la fiscalità generale.

6.11La parte meno piacevole del discorso di Phelps è che all'obiezione di Solow non c'è risposta; i senza lavoro che non rientrano nel mercato neppure con gli aiuti vengono lasciati ad un welfare residuale.

6.12 Ma non è detto che non si possa prendere una parte solo dell'idea e non tutta l'idea...

6.13 Torniamo in Italia dove invece: - L'esiguità della protezione ricevuta dai disoccupati (in senso lato) può essere considerata una manifestazione di quella «più generale caratteristica della situazione italiana che è rappresentata dall'ipertrofia della sfera della discrezionalità e dal corrispondente rattrappimento di quella dei diritti. Manca quasi del tutto, da noi, l'idea che il cittadino, in quanto si trovi in determinate situazioni, ha diritto alla corresponsione di un sussidio, all'assegnazione di un alloggio ecc.» (F. Vianello, Umanesimo del welfare. Qualche riflessione, in G.M. Rey & G.C. Romagnoli (a cura di) In difesa del Welfare State, Franco Angeli, 1993, pp. 115-116)

7 - Il doppio mercato

7.01 Noi crediamo che oggi sia possibile, anche nei paesi, come il nostro, relativamente poveri, affidando allo Stato il compito di fornire gratuitamente il vitto, il vestiario, l'alloggio e le altre merci e servizi che sono necessari al mantenimento in completa efficienza fisica e spirituale, a chiunque li chiedesse, povero o ricco, occupato o disoccupato, indipendentemente da ogni suo merito o colpa.

7.02 Il nome di Ernesto Rossi non è citato, nemmeno per sbaglio, in nessuno degli scritti che si occupano di welfare state e di reddito di cittadinanza. Se non fosse per la meritevole riedizione, a cura di Paolo Sylos Labini, di Abolire la miseria si sarebbero perse le tracce.

7.03Ernesto Rossi - dice Sylos Labini - partendo dal concetto di economia a due settori, elaborato sul piano teorico da Philip Wicksteed e sul piano dell'azione politica da Carlo Rosselli, propone una tentativo originale di soluzione al problema della miseria

7.04 Accanto alla normale produzione di mercato si potrebbe introdurre una produzione di beni essenziali, effettuata direttamente da parte dello Stato. In questo secondo settore, la produzione dovrebbe essere attuata sostituendo il servizio militare obbligatorio, con un corrispondente periodo di lavoro, non retribuito, svolto da tutti i giovani, ragazze comprese. Il prodotto di questo lavoro, secondo Ernesto Rossi, sarebbe sufficiente a coprire le esigenze di minimo vitale per tutti coloro che ne faranno richiesta.

7.05 Qui non interessa discutere la fattibilità o meno di un tale progetto, né in parte né nel suo complesso. Teniamo presente che Abolire la miseria viene scritto in prigionia nel 1942 e quindi risente dello spirito del tempo. Come per le altre teorie qui raccolte è utile invece coglierne gli elementi vitali.

7.06Un primo motivo di interesse, non strettamente economico, è indicato da Ernesto Rossi: L'esercito del lavoro ha soprattutto una giustificazione etica, come scuola di responsabilità e dignità civica di integrazione sociale

7.07 Inoltre Rispetto all'imposta proporzionale o progressiva il sistema - proposto da Ernesto Rossi - ha i vantaggi della capitalizzazione; non penalizza i profitti dell'impresa privata e quindi non scoraggia affatto la produzione. Può eventualmente utilizzare delle forze di lavoro (e anche delle risorse materiali) che andrebbero sprecate. Quanto al rendimento che si potrà ottenere da un lavoro militarizzato, rispetto al lavoro esercitato privatamente è difficile pronunziarsi a priori.

7.08 Anche in presenza di un sistema tipo NIT o UBI, lo Stato potrebbe continuare fornire beni e servizi prodotti direttamente dall'ente publico... continua...

8 - Economia della cultura

8.01Come è noto in Atene gli spettacoli teatrali, e le feste religiose venivano finanziate dai cittadini più ricchi, che in questo modo potevano manifestare la loro ricchezza e nello stesso tempo venivano tassati a favore popolo minuto. In seguito le cose sono cambiate.

8.02 Il 15 dicembre 1901 si tenne a Milano, indetto dalla prima Giunta Comunale formata da radicali e socialisti, un referendum sulla oppurtunità di rinnovare la sovvenzione comunale al teatro della Scala. Nel commentare i risultati del referendum - su 18.905 votanti, 7214 si erano pronunciati per la conservazione della sovvenzione e 11.460 per la sua abolizione - l'anonimo articolista del Corriere della Sera rileva che: il carattere spiccato della votazione di ieri fu questo: il numero di votanti in genere, e dei contrari in ispecie, andava crescendo dalle sezioni centrali alla periferia. Il suburbio, che ospita gran parte dell'immigrazione operaia, ha portato il maggior divario dei voti contrari.
La Giunta comunale, visti i risultati della consultazione popolare, decise di limitare lo stanziamento portandolo da 150.000 a 60.000 lire annue. In conseguenza di ciò nel 1906, dopo otto anni di gestione, il consorzio capeggiato dal duca Guido Visconti di Modrone, presidente della Banca Lombarda e proprietario di stabilimenti tessili, ci aveva rimesso ben 394.000 lire. Si noti che se il Comune di Milano avesse concesso il sussidio la gestione sarebbe risultata attiva. Anche se si può immaginare che con uno stanziamento maggiore le spese sarebbero state anch'esse sicuramente maggiori.

8.03 Anche a Genova esiste un teatro lirico, la città è governata ormai da lungo tempo da una giunta composta da comunisti e socialisti e c'è anche il disavanzo di bilancio del teatro, però la storia è un pò diversa: nessuno ha mai pensato di chiedere ai cittadini la loro opinione e nella gestione del teatro è ampiamente coinvolto il Comune di Genova anziché i privati.

8.04 La situazione del Carlo Felice nelle parole dell'Assessore alla cultura del Comune di Genova Ranieri è questa: Il Carlo Felice costa 27 milioni all'anno, 15 arrivano dal Ministero - dal 2011 solo 10 - tre milioni entrano con la vendita dei biglietti, mentre Comune e Regione contribuiscono con 3,5 milioni Regione e 2,5 milioni Comune. Poi ci sono gli Sponsor privati che però sono vincolati all'accordo fra Consiglio di Amministrazione e sindacati che ci metterebbero 1,1 milioni all'anno. A questo conto bisogna aggiungere il buco di bilancio vicino ai 16 milioni di euro, il blocco dei prestiti delle banche e l'utilizzo di tutto il contributo governativo del 2010 nella prima parte dell'anno.

8.05 In verità la situazione non è sempre stata così drammatica, come racconta Alessandro Levrero in Carlo Felice, un'impresa genovese. Quando le recite si svolgevano al teatro Margherita il contributo dello Stato copriva totalmente il costo del personale; i contributi degli enti locali (Comune, Provincia, Regione) e gli incassi coprivano il costo della produzione (cachet e allestimenti). I disavanzi che si accumulavano erano determinati esclusivamente dal fatto che lo Stato e spesso anche gli enti locali versavano i contributi con moltissimo ritardo e quindi il teatro era costretto a ricorrere ai prefinanziamenti bancari, con tassi in quei periodi fra il 13% e il 20%; il bilancio era così gravato da interessi passivi per somme rilevantissime. (forse qualcuno era d'accordo con le banche... no comment!)

8.06Con il 1987, dice Levrero, a seguito dell'accordo aziendale firmato nel 1986 in previsione del trasfermimento nel nuovo teatro: iniziarono quelli che potremmo definire i problemi strutturali del teatro lirico genovese. [...] Il costo del personale ebbe un incremento di circa 3 miliardi. A fronte di tale maggiore esborso, non vi fu alcuna contropartita che ne consentisse la copertura. Anzi si ebbe una diminuzione nel numero degli spettacoli e la chiusura dei Balletti di Nervi. Non si tratta del "morbo di Baumol". Mi fermo qui e non faccio ulteriori considerazioni.

8.07 Ancora un esempio, degli effetti del finanziamento fuori mercato degli spettacoli culturali, questa volta si tratta del celebre Salzburger Festspiele: I contribuenti austriaci sono gravati dei sussidi mentre i vantaggi sono goduti dalla direzione, dal personale e da parte degli spettatori. La redistribuzione non è deliberata (dal punto di vista del contribuente) ma piuttosto la conseguenza involontaria del comportamento.

8.08 Ritorniamo invece al problema teorico rappresentato dal finanziamento publico della cultura, che per molti aspetti deve essere considerato una forma di welfare, affidandoci alle parole dell'economista inglese Alan Peacock: Il problema fondamentale è in che modo i benefici degli spettacoli dal vivo possano diffondersi in modo che i poveri di oggi e di domani [...] non siano chiamati a sostenere i ricchi di oggi e i figli dei ricchi domani.

8.09 Mi sembra che Peacock voglia sostenere che sono i cittadini più poveri, quelli che ovviamente non vanno a teatro perché non hanno il vestito adatto, a sostenere il costo degli spettacoli publici (chiaramente non solo il teatro).

8.10 Peacock propone due soluzioni al problema: quella di breve periodo richiede che il finanziamento smetta di sostenere i produttori di attività culturali e passi a sostenere gli individui e quella di lungo periodo consiste nell'elaborare un mezzo per modificare le funzioni di preferenza delle generazioni future.... Sulla prima credo possiamo essere tutti d'accordo, si tratta di distribuire dei vouchers, di cui parleremo nel prossimo capitolo. Sulla seconda avrei qualche dubbio, modificare, anche con le migliori intenzioni, le preferenze di qualcuno è un'operazione che può avere degli effetti indesiderati sulla libertà.

9 - Vouchers

9.01Le innovazioni tecnologiche, dai computers a internet, dai microcip ai badge, permettono di raccogliere, gestire e conservare, in modo semplice e poco costoso, grandi quantità di dati, consentendo di immaginare strumenti diversi dal denaro e dai beni materiali come unità di scambio. Il voucher (bonus) è uno di questi.

9.02I vouchers sono titoli che danno diritto a ricevere determinati beni o servizi da alcuni erogatori predeterminati. Il soggetto che possiede il voucher lo consegna all'erogatore in pagamento della prestazione; l'erogatore presenta all'ente che ha emesso il voucher ricevuto in pagamento e ne ottiene il rimborso in denaro.

9.03La struttura dell'erogazione semplice è: A riceve da B. La struttura dell'imposta negativa sul reddito e del reddito minimo universale è: A riceve da C una somma pagata da B. Quella del bonus è più complessa: A sceglie D, indicato da C, per una prestazione pagata da B attraverso C a D e di cui usufruisce A. È facilmente immaginabile che questa non sia l'unica struttura possibile di scambio complesso.

9.04 Data una certa situazione, deve esistere una ragione intrinseca alla struttura, che renda preferibile l'uso dei vouchers rispetto all'uso di una struttura più semplice di elargizione, se nonostante i maggiori oneri di transazione essi possono essere utilizzati con profitto.

9.05 La segmentazione dello scambio è la ragione d'esistenza dei vouchers. Il primo essenziale vantaggio è la possibilità di controllo, in più punti, dello scambio.

9.06 Il voucher non appartiene al mercato regolato dal denaro, ma al mercato dei beni (alla Ernesto Rossi); ovvero è il mezzo per rendere fungibile il mercato del secondo settore.

9.06 In teoria il voucher può essere universalistico o legato ad una determinata condizione. In pratica, dati i suoi costi amministrativi, il voucher viene utilizzato nelle situazioni in cui è necessario imporre delle condizioni per l'erogazione e diventa quindi "discriminante". Potremmo definire voucher qualsiasi erogazione discriminante.

9.07 Nella situazione italiana può accadere che una persona riceva un sussidio, un buono casa, una pensione, agevolazioni tariffarie varie, accessi scontati agli spettacoli ed altre condizioni discriminanti solo perché appartiene ad una certa categoria o ha le conoscenze giuste, mentre altri nelle stesse o in peggiori condizioni non ricevono nulla.

9.08 Risulta quindi naturale un ragionamento di questo tipo: tutti i versamenti effettuati da parte di agenzie statali ai cittadini sotto forma di vouchers dovrebbero essere considerati prestiti, che potranno essere richiesti in restituzione in tutti i casi in cui le condizioni economiche del contribuente lo consentano. Viceversa, per equità, tutti i versamenti di imposte effettuati nell'arco della vita dal contribuente potrebbero essere considerati come garanzia per il rilascio di vouchers aggiuntivi.

10 - Conclusioni

10.01 Quanto alle motivazioni, è stato osservato - Titmuss - che il progresso nello sviluppo del welfare è avvenuto prevalentemente in conseguenza di crisi sociali, come le guerre, e viceversa tende a regredire ogni qualvolta la sensazione di sicurezza della classe benestante aumenti. Colui che possiede delle proprietà e di conseguenza un certo stato di benessere sarà propenso ad una più ampia redistribuzione della ricchezza quando, come nel caso di una guerra, il suo titolo di possesso viene messo in discussione ed ha bisogno per proteggerlo della carne viva dei poveri. Viceversa il proprietario che non teme di perdere il proprio titolo di proprietà non sarà portato di sua spontanea volontà a fare concessioni e lascerà volentieri che dei poveri, in questo caso inutili per lui, si occupino le chiese e le congregazioni di carità.

10.02 Il fatto che le politiche di welfare si presentino durante le guerre è chiaramente la persistenza della vita all'interno di una politica della morte, che può anche essere interpretata come forma di immunizzazione, ma che è essenzialmente espressione di una volontà hobbesiana.

10.03Un primo risultato di questo lavoro è la constatazione dell'esistenza di una pluralità di strumenti utili per costruire un welfare realmente hobbesiano, che ponga come primo obiettivo l'individuo, la persona umana nella sua singolarità, con la sua libertà di scelta e di gestione della propria vita, senza dannosi moralismi.

10.04 Da cui segue la convinzione che non sia possibile creare un sistema di welfare istituzionale efficace che si regga su di una gamba sola. Ne occorre più d'una e devono essere fatte per camminare insieme.

10.05 Le conclusioni, come si vede, rimandano ad un lavoro ancora da svolgere. Spero di poterlo continuare in seguito. Ciò mi porta a considerare con tristezza come nei paesi anglosassoni esista una tradizione che porta a finanziare la ricerca anche attraverso le donazioni private e come in Francia esista una istituzione secolare, creata per volere di un re - Francesco I - il Collège de France, mentre in Italia si finanziano con denaro publico e privato solo le prediche dal pulpito...

MP

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