Risposta al professor Fumagalli
sul reddito di cittadinanza

Alcuni anni or sono ho avuto modo di dialogare con Andrea Fumagalli, forse il primo sostenitore del reddito universale di base (UBI) in Italia, sulla formulazione della mia proposta. Trascrivo qui, senza modifiche e senza commenti, le domande più interessanti con le relative risposte di allora.

La prima domanda riguarda l'entità complessiva della spesa prevista e quindi, di conseguenza, la sostenibilità della proposta.

D1. Il reddito minimo viene erogato a tutti e a tutte gli abitanti dal primo mese di nascita a livello individuale, quindi 60 milioni di persone. E' stata fatta una stima della cifra necessaria?
R1. Il costo figurato è di 60 miliardi ogni 1000 euro erogati. Sui primi 1000 euro la nuova copertura necessaria è (a mio avviso) tra 5 e 10 miliardi, cioè esistono da 5 a 10 milioni di cittadini che ricevono meno di 1000 euro dallo Stato, gli altri in vario modo ricevono di più e quindi...
Sopra i 5000 euro la nuova copertura è superiore a 40 miliardi ogni mille euro erogati. Vuol dire che più di 40 milioni di cittadini ricevono meno di 5000 euro dallo Stato e quindi....
Si deve anche tener conto che almeno il 20% degli importi erogati rientrano rapidamente come entrate fiscali. Inizialmente poi la maggiore spesa indotta sarebbe certamente di stimolo all'economia e non sottovaluterei nemmeno il valore dell'innovazione tecnologica implicata dalla tessera ricaricabile.

La seconda domanda riguarda la scelta del metodo per determinare l'entità dell'erogazione.

D2. L'ammontare del reddito iminimo individuale è calcolata sulla base del vincolo delle risorse disponibile come ricavate dai commi 2 e ssg. oppure prima viene calcolato un livello arbitrario e poi si cercano di reperire i fondi necessari?
R2. Se il ragionamento esposto è sensato, cioè se esiste una progressività del costo dell'operazione, è logico prevedere che l'importo non venga fissato in astratto, ma sia determinato di anno in anno in base alle risorse disponibili, partendo da cifre anche molto basse (1000 o 2000 euro) per affermare correttamente il principio.

La terza è, indirettamente, una domanda sul salario minimo.

D3. Poichè in Italia non esiste un salario minimo, non vi è il rischio di un effetto di sostituzione tra Ubi e salario?
R3. Si. Probabilmente esiste un effetto di sostituzione tra UBI e salario, ma questo, a mio avviso, non è negativo. Se è inevitabile prevedere (a causa del mercato globale) una progressiva (ed in parte già avvenuta) riduzione del costo del lavoro meno qualificato, ne segue che UBI rendendo sostenibile il lavoro marginale (quello il cui costo non copre il valore prodotto) diventa una necessità strutturale del sistema trasferendo parte del costo del lavoro sulla rendita e sul consumo attraverso la fiscalità, in modo più efficente di quanto non avviene oggi con le pensioni di invalidita e gli altri strumenti del welfare all'italiana. Comunque gli effetti sul salario e l'occupazione non sono del tutto prevedibili senza sperimentazione.
MP