Uguaglianza

Eugenio Somaini
Uguaglianza. Teorie, politiche, problemi
Donzelli, 2002
Il graduale sviluppo dell'uguaglianza è un fatto provvidenziale; e ne ha i caratteri essenziali: è universale, duraturo, si sottrae ogni giorno alla potenza dell'uomo, tutti gli avvenimenti, come anche tutti gli uomini, ne hanno favorito lo sviluppo. Sarebbe quindi saggio credere che un movimento sociale che ha così lontane origini possa essere arrestato da una generazione? C'è forse qualcuno che può pensare che la democrazia, dopo aver distrutto il feudalesimo e aver vinto i Re, indietreggerà poi davanti ai borghesi e ai ricchi? È possibile che si arresti proprio ora che è divenuta tanto forte e i suoi avversari tanto deboli?

Con questa citazione, che esprime un senso di precarietà, si apre il libro Uguaglianza di Eugenio Somaini. Rispetto all'uguaglianza, malgrado i grandi risultati raggiunti, sia in termini politici che sociali, oggi è prevalente un senso di delusione.

Le critiche prendono di mira non solo la pesantezza e la rigidità delle istituzioni e le inefficienze che esse determinano, ma anche quelli che potremmo chiamare i "fallimenti ugualitari", e cioè il fatto che la rimozione di alcune ineguaglianze e l'eliminazione di una serie di privilegi hanno determinato altre ineguaglianze e altri privilegi. [..] Si pensi ad esempio alla ricorrente contrapposizione tra insider, che godono delle protezioni dei sistemi di welfare e della rappresentanza sindacale, e outsider, che si muovono al di fuori della sfera d'azione di queste istituzioni e le cui condizioni diventano in qualche modo peggiori come conseguenza degli stessi fattori che migliorano quelle degli insider.

L'estensione dei temi affrontati non consentono una disamina, neppure sommaria, dell'opera nel suo insieme. Mi soffermerò invece su alcuni argomenti particolari correlati all'idea di uguaglianza.

Il caso della schiavitù volontaria

La condizione di disuguaglianza, anche se accettata volontariamente, appare in conflitto con l'idea di libertà.

Possiamo distinguere tre gradi fondamentali di subordinazione di un soggetto ad un altro: la dipendenza volontaria, revocabile a discrezione dell'interessato, una dipendenza assunta autonomamente, ma che diventa (almeno temporaneamente) irrevocabile, e legalmente azionabile, una volta che si sia instaurato il rapporto e fintanto che esso duri, e una dipendenza irrevocabile originariamente imposta con la forza. Nel primo caso non si può parlare di schiavitù, ma di dipendenza volontaria, nel secondo caso di schiavitù volontaria e nel terzo di schiavitù imposta.

Sono numerosi i casi in cui appare giustificata, almeno teoricamente, una limitazione della libertà in nome della libertà. Gli argomenti a favore della schiavitù volontaria (del secondo tipo) sono sostanzialmente basati sull'ipotesi che la scelta sia fra due situazioni "omogenee" in cui la condizione di schiavitù volontaria sia migliore della condizione di non schiavitù. La formulazione di queste condizioni può, peraltro, essere ambigua e "cavillosa".

Un argomento a favore della liceità della schiavitù volontaria [..] potrebbe essere del seguente tenore: tutti concordano sul fatto che sia legittimo per un individuo privarsi della libertà per avere salva la vita [..] ; molti di costoro ritengono anche che un soggetto abbia diritto di porre fine alla sua esistenza se ritenga che morire sia meglio che continuare a vivere nelle condizioni che gli si prospettano. [..] Si potrebbe quindi sostenere che, se si ritiene legittimo sia il rinunciare alla libertà per salvare la vita, sia il rinunciare alla vita quando si ritenga la morte una prospettiva migliore della sua continuazione, diventa difficile proibire di rinunciare alla libertà, se il farlo consentirebbe di realizzare una situazione che l'interessato ritenga tutto sommato migliore.

La schiavitù volontaria senza un apparato normativo è impossibile.

un soggetto non può mettersi da solo in uno stato di schiavitù, ma ha bisogno per farlo di un sostegno normativo e di una sanzione sociale e quindi del concorso degli altri soggetti, concorso che questi ultimi non sono tenuti a dargli

Diritto di separazione di minoranze diffuse

Nei regimi democratici in cui le leggi sono espressione delle maggioranze l'attuazione dell'uguaglianza ha come condizione la tutela delle minoranze. Quando una minoranza più o meno estesa di individui chiede l'esercizio di un diritto, che non lede diritti altrui, ma viene negato dalle leggi approvate dalla maggioranza può adire al diritto di secessione. Attualmente questo diritto viene riconosciuto esclusivamente a gruppi territorialmente maggioritari. Si pone invece come problema la tutela delle minoranze diffuse.

I diritti di separazione derivati possono essere esercitati solo da minoranze formate da gruppi (etnici, culturali, religiosi, ecc.) sufficientemente numerosi e territorialmente consentrati e non offrono una valida tutela nel caso di minoranze diffuse.

La tutela dei singoli individui presuppone la possibilità di secessione di piccoli gruppi all'interno degli Stati.

I criteri di democraticità, in tutte le loro versioni, salvo quella dell'unanimità, fanno sempre riferimento all'espressione di volontà collettive: anche nelle loro forme più garantiste essi tutelano i diritti e gli interessi delle minoranze e non quelle dei singoli individui.

Fra le ragioni che giustificano secondo Allen Buchanan il diritto alla secessione meritano di essere sottolineate le motivazioni di tipo redistributivo.

Buchanan ha proposto tre ragioni fondamentali che possono legittimare una secessione: a) la violazione dei diritti individuali o collettivi delle minoranze b) il fatto che la mancata separazione metta seriamente a rischio la preservazione dell'identità culturale dei gruppi interessati c) l'esistenza di forme di ingiusta discriminazione ai danni degli stessi da parte dei meccanismi redistributivi dello Stato unitario.
L'alternativa tra il riconoscimento di un diritto unilaterale di secessione (secondo il criterio della democraticità di primo grado) e uno subordinato al consenso delle regioni residdue (criterio della democraticità di secondo grado) fa riferimento in sostanza alla presenza di diritti collettivi contrastanti. [..] Una strategia promettente per la valutazione di diritti collettivi in conflitto potrebbe essere quella di considerarli come trasformazione o combinazione di diritti individuali sottostanti. [..] A favore si potrebbe sostenere che il diritto in questione (di separazione) può essere inteso come un'espressione collettiva del diritto individuale di emigrare (universalmente riconosciuto). A tale argomentazione si potrebbe ribattere che [..] modifica i diritti e le condizioni anche di chi preferirebbe conservare la vecchia cittadinanza. [ma questo avviene in ogni decisione a maggioranza]

Reddito minimo garantito vs poll tax

Premesso che le risorse necessarie al finanziamento di un reddito minimo garantito (RMG) non dovrebbero essere cercate nella tassazione del lavoro, e quindi genericamente del reddito, ma più correttamente nella tassazione del consumo e quindi del possesso, si pone comunque la distinzione tra imposta progressiva e flat tax. Correttamente, per Somaini, un'imposta che non alteri i livelli relativi di reddito dei gruppi più ricchi rappresenta più un pregio che un difetto. Da un punto di vista matematico RMG si comporta come una costante ed è perciò matematicamente compatibile con forme di tassazione proporzionale (flat tax).

Se accorpiamo con la proposta di un'imposta a tasso uniforme (flat tax il RMG agisce meno significativamente di quanto non facciano altre politiche (che prevedano per esempio forme di imposizione progressiva) sulle fasce più alte della distribuzione del reddito, lasciando sostanzialmente invariati i livelli relativi di reddito dei gruppi più ricchi (una proprietà quest'ultima che a nostro avviso rappresenta più un pregio che un difetto, ma che non incontra il favore di molti sostenitori di posizioni egualitarie)

RMG serve ad assicurare i consumi necessari alla vita nuda, in questo senso si può affermare che è una funzione del consumo, e quindi non può essere raffrontato al lavoro. Allo stesso modo RMG è in relazione all'uguaglianza solo indirettamente, in quanto la conservazione della vita nuda è condizione preliminare e necessaria dell'uguaglianza.

Da un punto di vista formale (e anche sostanziale) il RMG è del tutto analogo all'attribuzione a tutti di un credito di imposta (o imposta negativa) di uguale ammontare

Un sistema sociale basato sulla tassazione del reddito induce a considerazioni erronee sui rapporti tra RMG e lavoro.

Ad ogni sistema di tassazione del reddito può essere mossa la critica di discriminare a favore delle attività, come quelle del tempo libero, che non generano reddito e ai danni di quelle che ne generano, da questo punto di vista il RMG è particolarmente criticabile in quanto farebbe del tempo libero un'attività non solo esente da tasse, ma addirittura sussidiata.

Nello stesso errore viene indotto Rawls quando oppone motivazioni etiche ad un sistema sociale che comprenda qualche forma di RMG. Il maximin dal punto di vista matematico è una variabile relativa, funzione di valori esterni al sistema. I concetti, difficilmente definibili, di tempo libero e disoccupazione volontaria determinando le condizioni per l'applicazione del maximin nella realtà concreta ne vanificano di fatto il significato.

L'opposizione di Rawls al RMG è esplicita, radicale e motivata da considerazioni puramente etiche (e non dagli effetti indesiderabili che esso potrebbe avere sull'attività economica): per giustificarla egli si è spinto fino a ridefinire un concetto centrale della sua impostazione come quello dei beni primari, in modo da escludere tutti coloro che, pur essendo in grado di lavorare, si rifiutino di farlo, dalla possibilità di beneficiare non solo di un RMG, ma anche di tutte le misure redistributive previste dal principio del maximin.

La soluzione che egli ha adottato consiste nell'includere il tempo libero tra le dotazioni di beni primari, sulla base delle quali viene individuato il gruppo dei soggetti più svantaggiati, e nell'attribuire a un tempo libero di entità pari alla durata di una normale giornata lavorativa un valore uguale alla dotazione complessiva di beni primari dei soggetti più svantaggiati. Una volta fatta questa ipotesi ai disoccupati volontari verrebbe ipso facto attribuita una quantità di beni primari tale da escluderli necessariamente dal gruppo più svantaggiato e da togliere loro qualsiasi diritto a forme di sostegno basate sul principio del maximin.

Ovviamente in un sistema sociale libero non si potrebbe negare a coloro che vengono esclusi da qualsiasi forma di sostegno basato sul principio del maximin il diritto di cercarsi un altro sistema sociale e un altro tipo di lavoro. Il mondo di Rawls appare come un falansterio concentrazionario fondato sul lavoro, dove il riconoscimento del diritto all'esistenza è condizionato all'obbligo di lavorare che assume la forma di una tassa di cittadinanza. Quando gli inglesi giunsero nelle regioni dell'Africa dove era possibile vivere senza alcun obbligo di lavorare imposero una tassa minima di cittadinanza (poll-tax). In questo modo tutti furono costretti a lavorare per procurarsi il denaro necessario per pagare la tassa.

L'opposizione di Rawls ad ogni forma di sostegno incondizionato è da ricondurre al fatto [..] che la società è un'impresa cooperativa per il reciproco vantaggio.

Ecco perché si può considerare Rawls un autore che esprime una visione del mondo di destra.

MP

Bibliografia

Eugenio Somaini
- Uguaglianza. Teorie, politiche, problemi, Donzelli, Roma, 2002