Tra Wilt Chamberlain e Pareto

Gerald Allan Cohen
Per l'eguaglianza e la giustizia
L'Asino d'oro, Roma, 2016

Premesso che ogni discussione su eguaglianza, libertà e utilità verrebbe immediatamente a cadere se fosse consentito a ciascun individuo di scegliere il sistema legislativo al quale aderire.

Se si ammette che il lavoratore in condizioni di bisogno acconsenta a lavorare al salario più basso offerto dal mercato, non si vede perché il talentuoso non dovrebbe acconsentire a prestare la sua opera ad un prezzo stabilito arbitrariamente, seppure superiore al prezzo del mercato?

Il conflitto fra eguaglianza e utilità.

Di tutti i conflitti tra valori che il capitalismo presenta, il principale è quello tra eguaglianza e utilità. La sua retorica afferma di perseguire entrambi, ma in concreto esso sacrifica l'eguaglianza in nome dell'utilità: si appoggia sull'ingiustizia per produrre la felicità umana. [..] Il convincimento rawlsiano che l'ineguaglianza sia giusta quando e nella misura in cui essa porti beni a tutti è un modo di risolvere il problema che mi sembra nascondere il conflitto che cerca di risolvere.

Considero più convincente la risposta data a questo conflitto da Henry Sidgwick (con 'questo argomento' Sidgwick intende, semplificando, la questione dell'incentivo [..]

Ritengo che questo argomento sia decisivo dal punto di vista politico, come difesa di un ordine sociale che permette grandi diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza per il consumo. Ma quando sento dire che questo è un argomento conclusivo da un punto di vista etico, rammento la risposta data da Lord Melbourne a un amico che aveva consultato, quando era premier, a proposito del conferimento di un posto vacante per l'Ordine della Giarrettiera. L'amico gli chiese: Perché non lo prendi tu stesso? Nessuno ne ha più diritto. Forse, ma, rispose Lord Melbourne, non vedo cosa ci possa guadagnare nel corrompere me stesso. La risposta è cinica nella forma, ma contiene una lezione per chi creda in una moralità superiore a quella riconosciuta da Lord Melbourne. Perché, quando abbiamo deciso che trattare l'opulenza come un normale fatto sociale è indispensabile per dispiegare l'intero potenziale umano, rimane comunque la questione etica per ciascun individuo, se essa sia per lui imprescindibile se, per il proprio dovere, egli richiede di farsi corrompere al fine di acquisire una maggiore quota di ricchezza e di benessere rispetto a quella dell'uomo comune. E, se qualcuno risponde in modo affermativo, allora deve ammettere di appartenere a quel genere di persona che George Eliot descrive come individui i cui nobili ideali non sono richiesti per spiegare il loro agire.

L'estrapolazione, deduttivamente fondata, dall'incentivo a lavorare - rappresentato dalla ricerca dell'ineguaglianza - di una distribuzione Pareto-superiore è empiricamente fallace. Non esiste una distribuzione Pareto-superiore a quella della assoluta uguaglianza per gli individui più penalizzati dalla sorte.

L'argomento logico di Rawls è empiricamente infondato e rappresenta semplicemente una affabulazione pseudorazionale, volta a indurre l'altro in errore circa il suo proprio interesse, del tipo denuciato da Alain.

il sostegno della disuguaglianza suggerito da John Rawls ed elaborato da Brian Barry [..] si è spesso rivelato seducente anche per persone di idee egualitarie. [..] Nel suo Theories of Justice Brian barry dedica una quindicina di pagine a una ricostruzione simpatetica dell'argomento rawlsiano [..] Egli lo espone in due stadi. Nel primo [..] Rawls stabilisce che l'eguaglianza sia, prima facie, l'unico fondamento giusto di una distribuzione. Al secondo stadio [..] viene introdotto un argomento per muoversi da una distribuzione uguale a una distribuzione [ineguale] regolata dal principio di differenza, ossia verso un'ineguale distribuzione Pareto-superiore nella quale tutti gli individui - e quindi, in particolare, i più penalizzati in quella distribuzione - si trovano in una condizione migliore di quella in cui erano nello stato di iniziale eguaglianza.

Come Barry riconosce, l'argomento a due stadi - che chiamerò l'argomento di Pareto - non è l'argomento ufficiale di Rawls a sostegno della disuguaglianza ammessa dal principio di differenza, dal momento che l'argomento di Pareto non prevede l'artificio della posizione originaria. [..] Il punto di partenza non è il principio di Pareto, bensì l'ideale di eguaglianza delle opportunità, e al primo stadio dell'argomento vi sono essenzialmente due idee. La prima è che la vera eguaglianza delle opportunità viene raggiunta solo quando sono eliminati tutti i fattori di diseguaglianza moralmente arbitrari [..] La seconda idea [..] è che non esistano fattori di diseguaglianza che non siano arbitrari [..] Di conseguenza, secondo Barry, la vera uguaglianza delle opportunità equivale all'eguaglianza dei risultati, che viene dunque considerata prima facie giusta [Barry, p. 226]

al secondo stadio dell'argomento, che afferma che l'ineguaglianza è senz'altro giusta quando e perché ha la conseguenza specifica di rendere migliore la condizione di tutti, inclusi - naturalmente - coloro che ne ricavano i benefici minori, i più svantaggiati nella nuova distribuzione [..] Le due idee di fondo nel secondo stadio sono [..] che è irrazionale insistere sull'eguaglianza quando essa rappresenta una condizione Pareto-inferiore (perché qualcuno - e i più svantaggiati in particolare - dovrebbe preferire l'eguaglianza rispetto a un'ineguaglianza dove tutti stanno meglio?); in secondo luogo, che talvolta - anzi, tipicamente - l'eguaglianza è Pareto-inferiore.

Il nucleo della mia obiezione all'argomento è che un'adesione coerente al fondamento logico del primo passaggio mette in discussione il secondo: argomenterò che chiunque consideri [..] un'eguaglianza iniziale come giusta prima facie, non abbia motivo di credere che il miglioramento paretiano che si raccomanda sia al servizio della giustizia, anche se tale miglioramento dovrebbe essere accettato per altre ragioni. [9]

Anche se personalmente condivido la prima parte dell'argomento di Pareto, mentre non concordo con la seconda, per proseguire nella mia obiezione non ho bisogno di abbracciare né rifiutare alcuna delle due. La mia critica è che esse non sono coerenti l'una con l'altra [..]

Rawls presenta un argomento per partire dall'eguaglianza [.. che] mette in discussione il successivo argomento per abbandonare l'eguaglianza stessa.

Cohen applica un'obiezione della stessa natura all'argomentazione di Wilt Chamberlain di Robert Nozick

La distribuzione D1 di Nozick soddisfa un principio di eguaglianza [ASU, Basic Books, 1974, p. 160] scelto da un suo immaginario oppositore: D1, pertanto, è ex hypothesi (vale a dire, ex hypothesi dell'oppositore di Nozick) giusta. Nell'argomento di Pareto D1 non è giusta ex hypothesi ma prima facie: la sua giustizia è affermata da chi propone l'argomento, qualsiasi significato possa assumere la specificazione prima facie. Quindi vi è una differenza significativa tra i due argomenti. Ma vi sono anche delle analogie. Ad esempio, in entrambi i casi bisogna approvare D2 perché viene raggiunta, si ritiene, per mezzo di incontestabili movimenti da D1 [..] si suppone che D2 [..] abbia ereditato, o preservi, la giustizia di D1.

Trattandosi in entrambi i casi di esempi basati su argomentazioni logiche, sfugge il salto logico determinato dal concetto di giustizia.

Si potrebbe pensare che la grande differenza tra i due argomenti sia che in Nozick la trasformazione di D1 in D2 è originata da considerazioni di libertà e/o giustizia, [46] mentre l'argomento rawlsiano non si appella ad altro che al principio di Pareto per spostarsi da D1 a D2. [..] questo è l'aspetto esteriore [..] Nozick introduce una giustificazione paretiana dello spostamento in D2 quando dichiara che Wilt e i suoi tifosi scelgono di effettuare quella transazione - e quindi di ottenere un guadagno da essa - e che non viene svantaggiato alcun terzo, che potrebbe quindi opporsi alla transazione solo per [..] invidia. E la persona svantaggiata di Rawls, esiterebbe allo stesso modo ad accettare quelle differenze solo se fosse scoraggiato dalla semplice conoscenza o dalla percezione del fatto che altri si troverebbero in una posizione migliore; e ho assunto che le parti decidano come se non fossero motivate da invidia. [48]

obiezione a Nozick (e a Rawls)

i principi che portano a D1 impediscono lo spostamento a D2. [..] Non si può iniziare dall'eguaglianza perché tutte le diseguaglianze hanno un'origine moralmente arbitraria, e quindi sono ingiuste, e poi considerare un miglioramento paretiano differenziante come assolutamente scevro di ingiustizia

Nel suo Equality, Moral Incentives, and the Market Joseph Carens [..] descrive una società nella quale una sorta di mercato capitalistico tradizionale organizza la vita economica, ma il sistema di tassazione elimina il risultato differenziante del mercato ridistribuendo il reddito fino a una totale uguaglianza. [..] le persone riconoscono un obbligo di servire gli altri, e pertanto si sottomettono a una tassazione che ha come effetto una distribuzione completamente egualitaria del reddito. [..] I guadagni prima delle imposte valgono come i soldi del Monopoli [.. e] le persone si dilettano in questo gioco perché credono nell'eguaglianza.

2. La giustizia Sociale e gli Altri Valori Anche supponendo che abbia analizzato correttamente la giustizia sociale, non ne segue che chiunque debba sostenerla o propagandar- la. Ho semplicemente cercato di spiegare lo sfondo teoretico presuppo- sto dalle persone che sostengono istituzioni come l'istruzione universa- le gratuita. Ci sono, tuttavia, due ragioni per cui è naturale sostenere l'idea della giustizia sociale. Una considera la comunità come se fosse semplice- mente un gruppo di individui, l'altra prende in considerazione le istitu- Zioni sociali e, in particolare, di governo. In una società senza struttura o con una struttura debole, sembra plausibile assumere, con Hobbes» che le persone siano in generale più o meno uguali per quanto riguar- da i loro poteri fisici e mentali. Dunque è naturale (nel senso che con- sente la transizione più agevole possibile dal fatto alla norma) basa- re gli assetti sociali sull'idea che ciascun membro della società abbia una pretesa all'uguale vantaggio. A non sarà soddisfatto di pretendere meno di B, rispetto al quale è più o meno uguale per quanto riguarda la forza fisica e mentale. A sua volta B non sarà soddisfatto di pretende- re meno di A. A avrà paura che, a meno di non concedere l'uguaglianza a B, B Io attaccherà, e viceversa. La formula dell'uguale pretesa è quel- la che ha maggiori probabilità di realizzare la pace sociale. Ma in pra- tica, l'uguaglianza umana è lontana dall'essere esatta; le ineguaglianze tra le persone sono spesso molto più notevoli delle somiglianze34. Inol- tre, le ineguaglianze naturali, in generale, non sono abbastanza grandi da invalidare la formula delle pretese all'uguale vantaggio, che è quella che con più probabilità otterrà l'accettazione generale. L'ideale di giustizia 210 L'argomento a sostegno dell'uguaglianza naturale approssimativa ha dunque un peso, ma non è irresistibile. Viene rafforzato quando pren- diamo in considerazione la struttura delle società politiche moderne come gli Stati sovrani. Attraverso le risorse che essi controllano e la giurisdizione che rivendicano sui cittadini, tali società si trovano nei loro confronti in un posizione simile a quella dei genitori con i figli, e di conseguenza i cittadini si trovano tra loro in una posizione simi- le a quella dei membri di una famiglia. Chiunque sia colpito da questo parallelo ha una buona ragione per condividere il principio della giusti- zia sociale. Hayek, rendendosi conto che il parallelo ha un certo fascino, sostie- ne che c'è una differenza fondamentale tra la posizione dei genito- ri e quella dello Stato. I nostri compatrioti non sono come i membri della nostra famiglia. Infatti, in un piccolo gruppo come la famiglia, i cui membri si conoscono personalmente, ognuno può avere davve- ro un dovere di cooperare con gli altri e di aiutare chi ha bisogno. Ma «la situazione è totalmente differente nella Società Grande o Qui le persone non conoscono le conseguenze delle proprie azioni. Nel processo dello scambio di mercato, che è un tratto della Società Aper- ta, alcuni vincono e altri perdono, ma nessuno pianifica che i perden- ti perderanno. Essi perdono perché le regole sono quelle che sono e perché essi giocano come fanno con le risorse che si ritrovano. Non perdono perché qualcuno li ha trattati in modo iniquo lunfairl. Secon- do Hayek, solo le azioni possono essere giuste ljustl o ingiuste lunjustl. Quindi, nella misura in cui i partecipanti al mercato economico si con- formano alle regole, i perdenti non possono lamentarsi dell'ingiustizia. Un'ingiustizia anonima non è un'ingiustizia. La mano invisibile è sem- pre onesta luprightl. Come avrebbe potuto metterla Rousseau, le marchi est toujours droit. Prima ho argomentato contro l'idea che solo le azioni possano esse- re giuste o ingiuste)6. Anche se venisse accettata la posizione di Hayek su questo punto, non ne seguirebbe che un'azione che producesse risul- tati cattivi ma inattesi non possa far nascere un dovere di raddrizzare la Giustizia sociale 211 situazione (a duty to put the matter right) o almeno di aiutare. Suppo- niamo che io guidi la mia auto con tutta la cautela dovuta (due care) e sfortunatamente ti investa. Non sono tenuto a chiamare un'ambulanza e la polizia, a tenerti al riparo finché arriva aiuto, e a mettere un segnale sulla strada? Le auto private sono un'invenzione eccellente, e la diffu- sione della proprietà delle automobili dà un grande contributo all'idea- le dell'uguale vantaggio. Ma chi guida sa che, nonostante la cautela, le auto causano incidenti. Di conseguenza, i guidatori hanno un dovere morale, e in alcuni paesi anche giuridico, di assicurarsi che quelli che hanno investito ricevano soccorso. Perché lo stesso non sarebbe vero per le vittime di imprese private e del mercato? Il mercato è un'isti- tuzione eccellente e, per molti scopi economici, più efficiente di ogni altra alternativa. L'economia di mercato, come la proprietà delle auto- mobili, promuove l'ideale dell'uguale vantaggio. Ma ha anche le sue vittime. La ragione per cui essa ha vittime è che, nonostante i prezzi di mer- cato siano prima facie equi (fair), l'esito di un gran numero di opera- Zioni che, prese singolarmente, sono eque, non è necessariamente equo. L'equità non è additiva in questo modo ingenuo. Chi crede che lo sia commette lo stesso tipo di errore che fanno Kelsen e Nozick quando suppongono che il diritto (rightl al potere legislativo o alla proprietà sia determinato semplicemente dal pedigree37. Non c'è ragione di supporre che il risultato di diecimila transazioni di mercato eque sarà esso stesso equo. Alcune persone sono sin dall'inizio male equipaggiate per que- sto tipo di competizione. Esse iniziano da una posizione di svantaggio. Altre scivolano in una posizione di svantaggio perché sono sfortunate nella successione delle interazioni a cui prendono parte. Altre semplice- mente hanno una cattiva prestazione. La loro cattiva prestazione giusti- fica in parte l'allontanamento dall'ideale dell'uguale vantaggio, ma non tanto quanto ne soffrono attualmente. Per quanto equa fosse la com- petizione quando è iniziata, il suo esito deve essere valutato di tanto in tanto per controllare se essa si è trasformata nel frattempo in una parti- ta di calcio in cui alcuni hanno le scarpe e altri giocano scalzi. L'ideale di giustizia Senza dubbio lo Stato nazione non è una comunità strettamente intrecciata come una famiglia o un piccolo gruppo. L'obbligazione di ciascun cittadino verso ognuno degli altri è diluita in confronto a ciò che egli deve Iowesl ai membri della sua famiglia. Ma la somma totale delle obbligazioni sociali dovute da o a ciascun individuo può aumen- tare. Il carattere modesto dei legami individuali tra cittadini è compen- sato dalla loro molteplicità. È composto dal fatto che lo Stato sovrano, che rappresenta il corpo dei cittadini, ha finito per pretendere una giu- risdizione virtualmente illimitata sui propri soggetti, e una quota delle loro risorse commisurata alle sue pretese. Hayek, che come me critica questo sviluppo, parla di una «concezione positivista della sovranità e della concezione dello Stato onnipotente che a essa si accompagna»38 In parte a causa di queste pretese, ma in parte anche perché accettano un'obbligazione di diffondere i vantaggi in modo più uguale tra i citta- dini, le moderne società industriali prendono da un terzo alla metà del prodotto nazionale lordo sotto forma di tasse e imposte. Sarebbe una strana concezione della giustizia quella che esentasse coloro che pren- dono una così grossa quota della ricchezza delle persone dal dovere di ridistribuirne una parte in modo equo (equitablyl. Le istituzioni dello Stato che, in nome della comunità, pretendono diritti (rightsl simili a quelli di un genitore sui cittadini, non dovrebbero essere soggetti alle stesse obbligazioni a cui sono sottoposti i genitori? Coloro che con- trollano in larga misura le opportunità a disposizione dei cittadini non dovrebbero avere il dovere di assicurarsi che ciascuno sia attrezzato per trarre vantaggio da esse? Fare altrimenti è sia rifiutare la reciprocità dei benefici (benefitsl e degli oneri (burdens), sia trattare alcuni come se a priori valessero meno degli altri.

MP

Bibliografia

Gerald Allan Cohen
- Per l'eguaglianza e la giustizia, tr. Luca Clara, L'Asino d'oro, Roma, 2016 [Rescuing Justice and Equality, Harvard, 2008]
- ,
- Robert Nozick and Wilt Chamberlain: How Patterns Preserve Liberty, in «Erkenntnis», vol. XI (1977), pp. 5-23 [Ristampato in J. Arthur e W H. Shaw (eds), Justice and Economie Distribution, Englewood Cliffs, Prentice-Hall, 1978, pp. 246-261 e poi, con alcune modifiche, in C.A. Cohen, Self-Ownership, Freedom and Equality, Maison des Sciences de l'Homme e Cambridge University Press, Cambridge 1995, pp. 19-37. Traduzione dall'inglese di Corrado Del Bò]
- Capitalismo, libertà e proletariato, in I. Carter, M. Ricciardi (a cura di), L'idea di libertà, Feltrinelli, 1996
Steven Pressman
- Justice and History: the big problem of Wilt Chamberlain, Economic Issues, Vol. 18, Part 1, 2013; URL