Previdenza sociale ed investimenti azionari

Robert Shiller
Euforia irrazionale. Analisi dei boom di Borsa
il Mulino, Bologna, 2000

Ho trovato in Irrational Exuberance di Robert J. Shiller due paginette che trattano di piani pensionistici e previdenza sociale. Data la prospettiva dalla quale questi argomenti sono traguardati le ho ritenute meritevoli di nota.

Piani pensionistici

Per quanto riguarda i piani pensionistici mi limiterò a riportare l'opinione di Shiller sulla cautela da mantenere verso l'investimento azionario visto in funzione previdenziale ed il rammarico per la perdita di responsabilità collettiva con i nuovi piani pensionistici a contribuzione definita, che .

dall'idea di condivisione delle responsabilità nei confronti degli anziani si è passati all'idea che ognuno è responsabile del proprio benessere. Questi piani, cioè il 401 (k) e simili, sono studiati per dare alla gente comune una sicurezza economica alla fine della loro vita lavorativa, incoraggiandola a imitare le strategie di investimento da tempo adottate dalle persone più abbienti. Tuttavia, si trascura il fatto che i ricchi, grazie al livello complessivo dei loro beni, hanno meno ragioni di preoccuparsi dell'eventuale perdita di somme cospicue in un possibile calo del mercato.

Questa svolta a favore dei piani pensionistici a contribuzione definita è stata sotto molti aspetti positiva, poiché i precedenti piani a prestazione definita non erano generalmente indicizzati all'inflazione (una svista strana e difficile da spiegare all'opinione pubblica e che non incoraggia a lasciare la gestione dei propri investimenti nelle mani di esperti istituzionali) [9]. I pensionati che hanno vissuto a lungo con i piani a prestazione definita spesso hanno visto una parte sostanziale del reale valore delle loro pensioni erosa dall'inflazione.

Ma anche se la svolta a favore dei piani a contribuzione definita ha eliminato questo problema, qualcosa si è perso nella transizione, ovvero il senso di responsabilità collettiva nei confronti del tenore di vita dei pensionati.

Poiché, come ho detto altrove, la previdenza è istituita a sollievo delle finanze statali, ne consegue che ogni aumento del rischio viene traslato su di esse automaticamente. Vero è che i singoli individui sono maggiormente responsabilizzati sul proprio futuro, ma dal punto di vista dello Stato si riduce la possibilità di controllo del rischio.

La previdenza sociale

Il capitolo sulla previdenza sociale lo trascrivo quasi integralmente, perché ne condivido pienamente il contenuto.

Mentre scrivevo questo libro è stata avanzata una serie di proposte per investire almeno una parte del Social Security Trust Fund nel mercato azionario. Di fronte agli stupefacenti rendimenti del mercato, gli americani si sono chiesti perché i rendimenti dei contributi versati per la previdenza sociale sono così inferiori a quanto avrebbero potuto guadagnare se avessero investito in un piano pensionistico a contribuzione definita, e perché non è stato permesso loro di investire i propri contributi nel mercato azionario. Se lo stato decidesse di accogliere completamente tali proposte, comprometterebbe un'altra importante istituzione nazionale di condivisione dei rischi.

Il sistema di previdenza sociale può essere considerato un'assunzione parziale da parte dello stato di quella che una volta era la condivisione dei rischi nella famiglia. [..] la famiglia, come istituzione economica di condivisione dei rischi, non è affidabile. I suoi membri potrebbero morire giovani o diventare invalidi o irresponsabili all'età in cui dovrebbero aiutare gli altri. Il sistema della previdenza sociale fu istituito per contrastare tale problema. sostituendo i singoli «contratti» individuali tra i familiari con obblighi contrattuali tra le generazioni in senso ampio.

Negli Stati Uniti (come in molti altri Paesi), la previdenza sociale è finanziata mediante detrazioni dirette sulle retribuzioni: i contributi versati dalla popolazione attiva non sono investiti in beni reali, ma vengono versati immediatamente a quei pensionati che hanno bisogno dei soldi subito. In questo modo, la previdenza sociale imita il sistema familiare tradizionale, che, ugualmente, non faceva affid'amento sugli investimenti. In realtà, il sistema familiare tradizionale non contava sugli investimenti in vista della vecchiaia perché molto spesso c'erano pochi investimenti affidabili a cui ricorrere per il risparmio di lungo periodo. Ora, con l'eccessiva fiducia del pubblico nel mercato, tendiamo a pensare che tali investimenti esistano: le azioni. Di fatto, siamo più vicini alla vecchia situazione di quanto generalmente si immagini. Le azioni non sono sicure. Sebbene negli Stati Uniti, e in alcuni altri Paesi, i piccoli investitori possano investire in obbligazioni indicizzate all'inflazione, che sono investimenti totalmente sicuri, tali obbligazioni indicizzate non sono investimenti per la società nel suo insieme, poiché il loro valore netto è zero. I titoli di stato indicizzati sono sicuri soltanto per il fatto che i contribuenti garantiscono i loro pagamenti. Non esistono investimenti sicuri per l'intero Paese perché troppe cose potrebbero andare male in economia. Se l'economia prende una brutta piega e il reddito nazionale scende, la popolazione attiva si vedrà aumentare le tasse per pagare le indennità fisse che la previdenza sociale garantisce ai pensionati, e quindi vivrà un effetto amplificato del declino economico. Non ha senso proteggere un solo segmento della popolazione da una recessione dell'economia concentrandone gli effetti su un altro segmento.

Negli Stati Uniti, la creazione del sistema di previdenza sociale negli anni Trenta è spesso descritta come un colpo di fortuna per la prima generazione di beneficiari, che si trovarono a ricevere molto di più, in termini di pensione, di quanto potesse essere giustificato dai contributi da loro versati. Ma non si è trattato di un vero colpo di fortuna: consideriamo infatti il venire meno degli obblighi familiari quando si vide che questi venivano assunti dallo stato. Il guadagno inaspettato della prima generazione fu probabilmente neutfalizzato dalla riduzione del livello di cura ricevuta dai propri figli. Questi ultimi pagavano i contributi per la previdenza sociale invece di investire tempo e sforzi nella cura dei genitori. In questo modo, il sistema della previdenza sociale assumeva su di sé parte dell'accudimento che i giovani prima dedicavano ai genitori, senza cambiarne la sostanza, e con il vantaggio di una maggiore uniformità e affidabilità. A controbilanciare questo vantaggio della previdenza sociale, però, c'era la perdita del senso di equilibrio tra i bisogni delle diverse generazioni. Bisogni che sono ora discussi in termini astratti dal Congresso senza il riscontro diretto dei bisogni che sono tanto evidenti all'interno delle famiglie. Il dibattito nazionale stenta ad affrontare efficacemente i bisogni della famiglia e le capacità delle generazioni, e quindi la famiglia continua a svolgere il ruolo di principale istituzione intergenerazionale di gestione dei rischi.

Sarebbe un grave errore adottare la politica, proposta da alcuni, di sostituire l'attuale sistema di previdenza sociale con un piano pensionistico a contribuzione definita, investendo i saldi dei piani pensionistici nel mercato azionario; o con un piano che offra ai partecipanti una scelta tra categorie di investimento. Un tale piano sostituirebbe gli attuali impegni della collettività verso gli anziani con la speranza che i mercati finanziari continuino a rendere tanto come in passato. La sua adozione in un momento in cui il mercato è a un livello record in relazione ai fondamentali sarebbe un errore di proporzioni storiche. Fortunatamente, le proposte più serie hanno sollecitato solo investimenti modesti del Social Security Trust Fund nel mercato azionario. [15]

La riforma della previdenza sociale dovrebbe prevedere non l'investimento del fondo fiduciario nel mercato azionario, ma la realizzazione di un sistema più attento ai rischi economici, in modo da promuovere una migliore condivisione dei rischi tra i gruppi economici della nostra popolazione. L'ammontare dei contributi e delle indennità dovrebbe variare col passare del tempo a seconda delle relative esigenze dei lavoratori e dei pensionati. Sia i contributi che le indennità dovrebbero essere indicizzati, ma non principalmente all'Indice dei prezzi al consumo, quanto al reddito medio pro capite. Il sistema di previdenza sociale deve essere riformato per renderlo più giusto e umano, come se fosse attuato all'interno della famiglia, un sistema che ripartisca i rischi e che non faccia ricadere su nessuno una quota sproporzionata dell'onere economico. [16]

Un semplice esempio di schema di previdenza sociale intergenerazionale

Consideriarno come le formule dei contributi e delle prestazioni della previdenza sociale per quanto riguarda l'assicurazione sulla vecchiaia potrebbero essere facilmente concepite come previdenza sociale intergenerazionale, almeno in un mondo un po' più semplice di quello in cui viviamo. Supponiamo, per semplificare, che tutti gli adulti non a riposo lavorino a tempo pieno, che i pensionamenti avvengano a un'età fissa, che nessun pensionato lavori a tempo parziale e che non ci sia differenza tra le esigenze economiche di giovani e anziani. Inoltre, ipotizziamo che il solo reddito che le persone ricevono sia reddito di lavoro: ciò significa che la previdenza sociale sarà assolutamente essenziale, poiché le persone a riposo non solo non possono lavorare, ma non hanno nessun risparmio per mantenersi.

Sotto queste ipotesi, la previdenza sociale consiste nel suddividere il reddito di lavoro disponibile, procurato dai giovani, tra giovani e vecchi. La cosa naturale da fare sarebbe dividerlo equamente, con la restrizione che prestazioni e contributi devono essere proporzionali ai redditi per cui coloro che contribuiscono proporzionalmente di più ricevono proporzionalmente di più.

In questo caso, uno schema di previdenza sociale intergenerazionale semplice ed attraente si limiterebbe a specificare i contributi come una percentuale del reddito di ogni lavoratore (al netto dell'imposta e dell'assicurazione contro la disuguaglianza descritta nel capitolo II) uguale alla percentuale di persone che sono a riposo. Attualmente, negli Stati Uniti è a riposo circa l'11% della popolazione, per cui i contributi sarebbero l'11% di ogni reddito familiare al netto dell'imposta sul reddito, lasciando la parte rimanente (89%) alle famiglie, compresi i bambini. Qui, la formula della contribuzione non è determinata da fattori politici o da meccanismi arbitrari, ma piuttosto dalla demografia, e cambia automaticamente al mutare della demografia.

L'equità richiede che le prestazioni che le persone a riposo ricevono siano in relazione con i redditi che esse percepivano quando erano giovani e attive e, quindi, con l'ammontare dei contributi da esse versati allora. Una semplice formula per calcolare le pensioni sarebbe che ogni persona a riposo riceva pagamenti proporzionali alla sua retribuzione media indicizzata (il reddito che la persona a riposo guadagnava quando lavorava, calcolato sostanzialmente con lo stesso metodo seguito oggi dalla sociale negli Stati Uniti, ma senza alcun limite al reddito della previdenza sociale), dove il fattore di proporzionalità in ciascun anno è uguale al totale dei contributi pagati dai lavoratori attivi quest'anno diviso la retribuzione totale media indicizzata (negli anni in cui essi lavoravano e versavano contributi) di tutte le persone a riposo. Questo modo di allocare i benefici pensionistici fa tornare i conti, nel senso che le contribuzioni totali dei giovani sono pari al totale dei pagamenti ricevuto dalle persone a riposo. Ma i conti tornano in modo tale che coloro che hanno contribuito maggiormente al sistema ricevono prestazioni pensionistiche proporzionalmente maggiori.

Si noti la differenza fondamentale tra questo sistema e il sistema attualmente in funzione negli Stati Uniti e in altri Paesi. Le formule fisse dei sistemi attuali significano un impegno a garantire alle persone a riposo un reddito fisso qualsiasi cosa accada alla frazione della popolazione che si è ritirata dal lavoro o al reddito dei lavoratori attuali relativamente al reddito che i lavoratori oggi a riposo percepivano una volta. Questi sistemi non ripartiscono i rischi tra le generazioni. Da un punto di vista generazionale, essi trasferiscono il rischio di reddito delle persone a riposo sui lavoratori attivi e le persone a loro carico, che perciò sostengono un rischio moltiplicato: i rischi di entrambe le generazioni. Il sistema proposto, invece, suddivide il reddito disponibile tra le persone vive a quell'epoca in modo tale che tutti partecipino appropriatamente allo stato dell'economia.

Commento

I sistemi pensionistici, ed in particolare quello italiano, sono stati immaginati come strumenti di controllo della povertà e quindi hanno, nella loro missione, una funzione redistributiva. Poiché, a partire dal dopoguerra, la giurisprudenza italiana ha concepito i contributi pensionistici come imposte ne segue che ad essi andrebbe applicato, senza alcun dubbio, il criterio della progressività come per le imposte. In questa concezione della previdenza sociale la solidarietà di classe fra i lavoratori si sarebbe espressa nel fatto che i lavoratori con più contributi avrebbero sovvenzionato quelli più poveri e con minori contributi pensionistici. Questo impianto, modellato sul dettato costitizionale, è stato ben presto stravolto dalla legislazione ordinaria emanata dal Parlamento italiano senza nessun rilievo da parte dell'organo preposto al controllo legislativo: la Corte Costituzionale.

Il problema del modello previdenziale proposto da Robert Shiller rimane pur sempre l'impossibilità matematica di rendere compatibile l'equità intergenerazionale con le variazioni demografiche e le variazioni sociali che intervengono nel tempo qualora si prenda come parametro per il calcolo della pensione la contribuzione totale, reale o figurata che sia (da questo punto di vista è stato dimostrato che nel lungo periodo il sistema contributivo è equivalente a quello retributivo).

Sulla formula escogitata da Shiller, mi riferisco qui sulla descrizione sintetica che ne ha dato nel libro The New Financial Order, non avendo in questo momento a disposizione gli articoli in cui il modello è esposto più dettagliatamente, ho qualche dubbio.

La ripartizione proporzionale ai contributi delle pensioni, qualora sia applicata ad una contribuzione obbligatoria dovuta per legge, non rispetta l'equità intragenerazionale. Naturalmente è diverso il caso in cui la contribuzione sia trattata come un'assicurazione volontaria. Ma su questo Shiller appare ambiguo.

MP

Bibliografia

Robert J. Shiller
- Il nuovo ordine finanziario. Il rischio nel XXI secolo, tr. Giuseppe Barile, Il Sole 24 ore, Milano, 2003
- Social Security and Institutions for Intergenerational, Intragenerational, and International Risk Sharing, Carnegie Rochester Conference Series on Public Policy, 50, 1999, pp. 165-204
- Euforia irrazionale. Analisi dei boom di Borsa, tr. Lucia Scardapane, il Mulino, Bologna, 2000
- Irrational Exuberance, Princeton University Press, 2000