Delitto e castigo: un'analisi economica

Glosse a Gary Becker

Il 3 maggio 2014 è morto a 83 anni l'economista Gary S. Becker. Nelle sue opere Becker si è occupato di argomenti alquanto bizzarri per un economista: matrimonio, divorzio, fecondità, delitti, castighi remunerazione dei tutori della legge ed altre amenità.

Ciò non giustifica il fatto che la copia del libro presente nella biblioteca della facoltà di Economia di Genova non sia mai stata sfogliata. A dire il vero gli argomenti presentati non sono particolarmente attraenti per uno studente che voglia guadagnarsi da vivere con una laurea in economia in Italia. Nondimeno, e a dispetto della loro banalità, possono essere interessanti per chi sia irresistibilmente attratto dalle astrazioni.

L'opera di Gary Becker ha implicitamente dimostrato come la correttezza delle condizioni a cui è sottoposto il calcolo sono altrettanto essenziali della correttezza del calcolo stesso. In realtà il calcolo è solo una conseguenza delle assunzioni fatte.

In una società capitalista, fondata sul primato dell'economia, la sanzione economica del crimine (la multa) è da considerarsi la più razionale. Viceversa in una società feudale, fondata sul primato delle funzioni simboliche, la sanzione economica non ha nessun effetto sul crimine, mentre ne ha la sanzione di ordine simbolico.

Da un punto di vista strettamente economico il reato può essere considerato come una transazione (non consensuale) che trasferisce qualcosa dalla vittima al reo. L'equità vuole e quindi la giustizia consisterebbe in una transazione reciproca alla precedente (anche questa non consensuale) di ordine opposto che trasferisca qualcosa dal reo alla vittima.

Si può immaginare che esista una equivalenza tra guadagno del reo e perdita della vittima. Ma questa equivalenza viene a mancare quando intervengano delle spese private di prevenzione o di repressione, considerato il fatto che le spese publiche sono comunque espressione di spese private.

Sono in dubbio se considerare il carcere una sanzione di ordine simbolico, ma certamente non è una sanzione di ordine economico, se non perché impedisce al reo un lavoro ed una remunerazione. Ma non impedisce di gestire un'impresa!

Per essere equa ed avere effetto dissuasivo la sanzione economica deve essere proporzionale al reddito del reo e deve essere stabilita in misura tale da annullare ogni possibile guadagno ottenibile dal compimento del crimine.

Fra le sanzioni che spesso prese in considerazione va considerata la riprovazione sociale.

Si danno dei crimini - come l'omicidio - ai quali la sanzione economica non può essere applicata in quanto non è in grado di ristabilire l'equilibrio economico della transazione e quindi non è compatibile con il delitto.

Si tende nel caso di omicidio, anche volontario, a non considerare la vittima meritevole di risarcimento. Solo il taglione considera la vendetta come equo risarcimento della vittima di omicidio ed è oggettivamente difficile non considerare il taglione come l'unica reale forma di risarcimento praticabile nel caso di omicidio volontario.

Per ottenere una condizione di equità della sanzione occorre che il reo e la vittima siano a conoscenza e concordino preventivamente sull'applicazione delle condizioni che regolano questo tipo di transazioni non consensuali (i reati). Questo è un principio di giustizia procedurale ineliminabile.

Se il lettore è inorridito all'idea di un "approccio economico" al comportamento illegale si ricordi che due importanti contributi criminologici dei secoli XVIII e XIX, quelli di Beccaria e di Bentham, applicavano esplicitamente il calcolo economico. Purtroppo questo approccio è caduto in disgrazia negli ultimi cento anni. Il mio deve essere visto come un tentativo di resurrezione, modernizzazione e, si spera miglioramento, di questi studi pionieristici. [Becker, 1998, p. 170]
Le multe forniscono una compensazione alle vittime e le multe ottime le compensano pienamente, al margine, e ristabiliscono lo status quo precedente, cosicché le vittime non stanno peggio di come sarebbero state nel caso in cui i crimini non fossero stati commessi. * Non solo gli altri tipi di pene non riescono a compensare le vittime, ma richiedono loro, inoltre, di sostenere il costo per porre in atto le pene. Non è dunque sorprendente la rabbia e la paura sentite nei confronti degli ex galeotti che di fatto non hanno pagato il loro debito alla società, siano risultate in punizioni addizionali, incluse restrizioni legali sui loro diritti politici e civili e restrinzioni di fatto sulla loro accettabilità sociale. [Becker, 1998, p. 161-162]
Uno degli argomenti contro le multe è che sono immorali perché permettono, in effetti, di comprare il diritto di commettere un crimine nello stesso modo in cui si compra il pane o altri beni. Una multa può essere vista come il prezzo di un crimine, ma questo è vero anche di altre forme di punizione. [Becker, 1998, p. 162]
Praticamente tutte le teorie concordano sul fatto che qualora aumentasse la probabilità che ceteris paribus il numero dei reati diminuirebbe qualora aumentasse la probabilità che ogni singolo avesse di essere catturato e condannato una volta processato. [Becker, 1998, p. 149]
Il costo totale delle pene è il costo per i criminali più il costo o meno il guadagno per gli altri. Le multe producono un guadagno ai secondi che eguaglia il costo di chi le pa ga, eccetto il costo di raccolta, cosicché il costo sociale delle multe è circa zero, come si addice ad un trasferimento. Il costo sociale della libertà vigilata, della carcerazione e di altre pene, comunque è generalmente maggiore per la società che per i criminali, perché i primi sono anche danneggiati. [Becker, 1998, p. 153]
...il costo sociale sarebbe minimizzato fissando la pena ad un livello sufficientemente alto da eliminare completamente il crimine... [Becker, 1998, p. 159]
Se la somma è fissa, la punizione pecuniaria è altamente iniqua... Le multe sono state determinate senza tener conto del profitto che il criminale ha tratto dal crimine, del suo grado di malvagità o della ricchezza del criminale... Le pene pecuniarie dovrebbero sempre essere calcolate in base alla fortuna del criminale. Bisognerebbe fissare non il valore assoluto, ma il valore relativo della multa: per un certo reato, una certa parte della fortuna del reo... [Bentham, cap. IX]
il benessere sociale è maggiore se si usano multe ovunque possibile [rispetto agli altri tipi di pena: libertà vigilata, carcerazione, etc.] [Becker, 1998, p. 161]

il discorso sulla tipologia delle pene rispetto alla tipologia dei reati è più complesso di come sia presentato da Becker che affronta il tema in modo generale e non tecnico. Le multe come nota Bentham sono sensibili al reddito sia del colpevole che del danneggiato nel caso in cui vi sia una vittima, dall'altra parte sono sensibili solo al reddito del colpevole e alla entità del danno (che può essere morale o reale) quando sia colpita una istituzione sociale.

Se sia equo o meno punire con la prigione il reo che non possiede risorse sufficienti per pagare appieno la multa dipende naturalmente dal confronto fra la lunghezza della pena carceraria e l'ammontare della multa. Dato che la prigione è più costosa per la società che non le multe, la perdita di benessere derivante dai reati sarebbe ridotta da una politica di indulgenza verso persone incarcerate solo perché non sono in grado di pagare le multe. Di conseguenza, l'imprigionamento dei "debitori" per un periodo di tempo ottimale non sarebbe ingiusto verso di loro, perché l'equivalente monetario del periodo di imprigionamento sarebbe inferiore a quello della multa ottima (uguale, a sua volta, al danno causato oppure al debito)
Sembra però che la ragione di scambio fra multa e imprigionamento implicita nelle sentenze generalmente erogate attribuisca un valore piuttosto basso al tempo passato in prigione. Negli Stati Uniti molti degli statuti permettono di erogare multe e pene carcerarie che assegnano un valore molto basso al tempo passato in prigione. Per esempio nello Stato di New York, taluni reati minori sono punibili con la prigione fino a un anno oppure con una multa non superiore a mille dollari, [..] alla luce di questa mia analisi questi statuti permettono ai tribunali di infliggere pene carcerarie che sono eccessive in relazione all'alternativa pecuniaria, il che potrebbe spiegare perché si consideri ingiusto imprigionare anziché multare un reo povero, che è spesso obbligato a "scegliere" di andare in prigione. [Becker, 1998, p. 164]

in conclusione

le politiche ottimali contro la criminalità sono parte del problema più generale dell'allocazione delle risorse. [Becker, 1998, p. 170]

corruzione e salario

Il livello di controllo operato dalle vittime sarebbe ottimale se questi individui ricevessero un risarcimento pari al danno subito, senza contare i costi sostenuti per far applicare la legge, diviso per la probabilità che la loro azione abbia successo. Se tale somma fosse riscossa sotto forma di multe contro i trasgressori, cosicché ci fosse un effettivo risarcimento delle vittime, allora in guadagno da parte delle vittimi sarebbe della stessa entità della punizione subita dai trasgressori e di conseguenza tali tutori privati della legge non potrebbero essere corrotti.
Ovviamente, nella maggior parte dei casi, non sarebbero le vittime in prima persona a far rispettare la legge, ma i loro avvocati, investigatori privati ed altre imprese specializzate nella raccolta di prove e nella presentazione di casi. La libera concorrenza fra queste imprese assicurerebbe il rispetto della legge al minimo costo. [Becker, 1998, p. 337]
MP

Bibliografia

Gary Stanley Becker
- Crime and Punishment: An Economic Approach, in "Journal of Political Economy", vol. 76, 1968, pp.169-217 University of Chicago Press
- Delitto e castigo: un'analisi economica, tr. parziale di Chiara Osbat, in L'approccio economico al comportamento umano, il Mulino, Bologna, 1998
- Law Enforcement, Malfeasance, and Compensation of Enforcers, (con G.J Stigler), in "Journal of Legal Studies", III, 1974, pp. 1-18
- Remunerazione dei tutori della legge e corruzione, tr. di Anna Pettini, in L'approccio economico al comportamento umano, il Mulino, Bologna, 1998