Teoria dello stato predatore

Oggi i lavoratori sono una categoria sempre più complessa. La definizione stessa di lavoratore si è trasformata radicalmente e l'idea di società non passa più attraverso il lavoro.


La coercizione, la soluzione hobbesiana al problema del contratto sociale, sta alla base della politica fiscale. [..] Nonostante la coercizione e la sorveglianza gli individui si comportano opportunisticamente. Nessun governante elimina totalmente la non conformità.

La coercizione induce la conformità facendo leva su motivazioni basate sull'autointeresse. [..] una percentuale di comportamenti [..] possono essere spiegati soltanto in base a motivazioni extra-razionali [..]

Secondo North

l'ideologia consiste nell'insieme delle credenze individuali e dei valori che modificano il comportamento. Il suo impatto può essere misurato in base al costo che gli individui sono disposti a pagare per non comportarsi come free rider.

La teoria di North solleva il problema del modo in cui i governanti possono stabilire o trarre vantaggio da istituzioni che abbassano i costi della conformità, basata sul dovere civico o su convinzioni normative, per i contribuenti.

La mia ipotesi è che i governanti possono aumentare il livello di conformità dimostrando che un determinato sistema fiscale è equo.

Tuttavia se gli individui non ottengono i benefici pattuiti o se si accorgono di essere stati ingannati, tenteranno di non rispettare il contratto.

La conformità quasi-volontaria può operare sia congiuntamente sia in alternativa alla coercizione.

I governanti offrono ai contribuenti beni publici e privati. In alcuni casi ciò può configurarsi come uno scambio diretto in cui il free riding non costituisce un problema. La vendita di cariche in cambio di entrate fiscali è un esempio, così come le rendite legate alla protezione. Tuttavia, esistono anche molti casi in cui è un determinato gruppo a pagare, mentre un altro ottiene benefici. Questa situazione è spesso alla base della protesta contro il fisco nelle democrazie industriali avanzate.

Se non percepisce un beneficio, un attore razionale non ha alcun motivo di prendere neppure in considerazione la possibilità di assumere i costi delle imposte. La guerra o la minaccia della guerra, le crisi economiche, la povertà su larga scala, i disastri naturali sono alcuni degli eventi che richiedono comportamenti cooperativi. Nel corso della storia i governanti hanno usato, o addirittura creato artificialmente, eventi del genere per aumentare il gettito fiscale [..] Un argomento molto comune nella politica contemporanea è costituito dalla promessa di un miglioramento delle condizioni economiche realizzabile mediante grandiosi e costosi programmi.

Il fallimento dei programmi keynesiani per prevenire la recessione hanno alimentato la rivolta fiscale e il free riding.

Nel 1799 William Pitt il Giovane istituì l'imposta sul reddito per finanziare le spese per la conduzione della guerra contro la Francia. La tesi della Levi è che fu possibile introdurre l'imposta perché si creò una conformità quasi-volontaria che rese possibile il prelievo fiscale senza la coercizione diretta.

Nel 1894 il Regno Unito introdusse una tassa progressiva sul reddito per pagare le corazzate. Per questo motivo la tassa progressiva è razionale, perché l'armamento bellico protegge essenzialmente coloro che hanno maggiormente da perdere in caso di guerra.

Nel 1799 l'introduzione della prima imposta sul reddito in Gran Bretagna fu possibile prima di tutto perché il governo riuscì a convincere la cittadinanza che l'imposta era necessaria per finanziare una guerra popolare anche se costosa. [..] Ciò non significa che la conformità quasi-volontaria non si fondasse anche sulla coercizione. L'importanza della coercizione, tuttavia, non stava nel suo impiego diretto ma nel calcolo compiuto da ogni contribuente, in base al quale o tutti avrebbero pagato oppure sarebbero incorsi in una sanzione certa.


Alcune metacitazioni.

Affinché gli individui possano costituire un gruppo ed appropriarsi dei beni altrui, sono necessarie, secondo Pareto, alcune condizioni: 1) i membri del gruppo non devono essere troppo dispersi e devono essere facilmente riconoscibili; 2) dato che è sempre stato insegnato che non bisogna appropriarsi dei beni altrui, occorre trovare una via indiretta per farlo e una ragione che lo giustifichi. Riguardo a ciò, non ci sono mai stati grossi problemi, poiché qualunque espressione vaga, astratta e che faccia appello al sentimento è sempre bastata agli uomini per giustificare ogni tipo di azione, quando si tratta di perseguire i propri interessi. Del resto, vi sono periodi storici in cui la spoliazione viene giustificata e talvolta accresciuta da chi l'ha subita, usando termini come, 67 'sensibilità' e 'solidarietà'. Ciò è stato anche rilevato da Olson: L'opinione diffusa, comune a tutte le scienze sociali, secondo cui i gruppi tendono a promuovere i loro interessi è di conseguenza ingiustificata, per lo meno quando si basa, come di solito accade, sull'assunzione (talora implicita) che i gruppi agiscano nel proprio interesse perché cosi fanno gli individui. E aggiunge: Vi è paradossalmente la possibilità logica che gruppi composti da individui altruisti o da individui irrazionali agiscano talvolta nel proprio comune interesse. Come cercheremo di dimostrare più avanti adducendo dei dati empirici questa possibilità logica non ha tuttavia, di solito, una grande rilevanza pratica. La tradizionale opinione secondo cui gruppi di individui dotati di interessi comumi tendono a promuovere tali interessi comuni sembra quindi avere scarso o nessun fondamento. 68
Questo fenomeno era già stato ampiamente trattato nel Cours e, cent'anni dopo, Margaret Levi non fa che confermarlo: il risultato principale di questo libro consiste nell'aver sottolineato l'importanza della conformità quasi-volontaria nel vincolare le politiche fiscali dello stato. 69 Pareto pone ancora l'accento su una circostanza curiosa: molto spesso gli uomini spendono più energie per appropriarsi dei beni altrui, di quante non ne usino per difendere i propri. Proprio come fa notare T. Schelling (Arms and Influence, 1966), citato da Olson: Uno dei deplorevoli principi della produttività umana è che è più facile distruggere che creare. [..] Il potere di danneggiare — di distruggere le cose che qualcuno ama, di infliggere dolore e sofferenza — è un tipo di potere vantaggioso, non facile da usare ma spesso impiegato. Nella malavita esso è la base per ricatti, estorsioni e rapimenti; nel mondo commerciale per boicottaggi, scioperi e serrate è alla base delle punizioni umane cosi come di quelle corporali che la società usa per scoraggiare il crimine e la delinquenza [..]. E spesso alla base della disciplina civile e militare; e le divinità lo usano per ottenere obbedicnza. 70 La spoliazione non incontra dunque una grande resistenza. Ciò che finisce talvolta per arrestarla è la distruzione di ricchezza, che avviene come conseguenza e che può portare alla rovina del paese. Ancora, M. Levi è più paretiana di Pareto: In base a queste assunzioni e alle mie definizioni precedenti, ipotizzo che i governanti siano predatori, nel senso che cercano di reperire la massima quantità possibile di entrate da una data popolazione. Ciò non implica, precisa, che siano necessariamente dediti allo sfruttamento, dato che essi possono utilizzare tali entrate per riempirsi le tasche o per accrescere il proprio potere; possono perseguire fini sociali o personali; possono voler promuovere un'ideologia o essere altruisti. In generale, "i modelli della teoria della scelta razionale non fanno alcuna assunzione relativa ai fini, e i governanti possono essere motivati da una molteplicità di scopi diversi. Quali che siano i loro fini, occorrono risorse finanziarie per conseguirli. E per mezzo dello stato e delle sue entrate che i governanti realizzano i loro fini personali e sociali. 71


Un giudizio piuttosto critico sul libro della Levi.

In conclusion, I come away from this book intrigued by the contention that fairness helps to explain the history of state revenue extraction but disappointed in the somewhat muddled way in which the ideas are presented and the lack of evidence for the importance of fairness.

MP

Bibliografia

Margaret Levi
- Teoria dello stato predatore, tr. Nicola Iacobone, Milano, Edizioni di Comunità, 1997
- Why We Need New Theory of Government, Perspectives on Politics, 2006, n. 1, pp 5-19