Elezioni comunali a Genova - 2017

Concludo idealmente questa pagina con alcune citazioni dal commento di Luca Borzani publicato sulle pagine genovesi de la Repubblica.

[..] per fare una opposizione diversa bisogna sciogliere dei nodi e mettere in campo idee forti per Genova. E i nodi sono capire le ragioni delle sconfitte di un decennio, riuscire fare una valutazione condivisa dell'operato della Giunta Doria e del ruolo svolto dal PD nell'amministrazione e in Consiglio, interrogarsi sull'assenza di leadership, di competenze, di giovani. Chiedersi degli effetti disastrosi portati dal familismo, dal personalismo arrogante, da una gestione sempre più affaticata della cosa pubblica. Paradossalmente questa è la parte più facile. Quella più difficile è innescare una riflessione che porti a un nuovo progetto di città, capace di traguardare i prossimi anni, a uscire dall'autoreferenzialità, a ritrovare voce nei quartieri. Più difficile perché impone di tornare a produrre idee, conoscere il territorio, misurarsi con i processi di innovazione ma anche con le diseguaglianze sociali crescenti. Quale occasione sarebbe migliore di questa Festa dell'Unità per provarci? Questa sarebbe davvero una svolta. Importante non solo per il PD ma per la città. Difficile però che accada. O anche che qualcuno ci tenti. Le scommesse sono aperte.

Domenica venticinque giugno 2017 - Ai ballottaggi un solo risultato lascia qualche speranza di cambiamento: l'elezione di Federico Pizzarotti a Parma.


Domenica undici giugno 2017 - Anche se nessun candidato ha raggiunto la maggioranza dei voti - si andrà al ballottaggio tra Gianni Crivello per il centro sinistra e Marco Bucci per il centro destra per la scelta del sindaco - le elezioni comunali a Genova possono essere archiviate. L'esito del voto, con un'affluenza del 48,39% , che dovrebbe preoccupare i partiti tradizionali, rispecchia la situazione di stallo della società italiana. Dopo queste elezioni possiamo essere quasi certi che il movimento di Beppe Grillo non sfonderà e sembra destinato ad esaurirsi in un tempo più o meno lungo.

Il suicidio politico del Movimento cinque stelle

La notizia di oggi 17 marzo è di quelle che possono cambiare la storia di una nazione. A Genova il M5S si è giocato il governo del paese e, forse, a Beppe Grillo non dispiace.

L'idea che, a Genova, Beppe Grillo non volesse scontrarsi con il Pd l'avevo da tempo e quello che è accaduto con le comunarie me lo ha confermato.

Siamo tutti testimoni di una recita alla quale gli aspiranti leader nazionali e locali sono obbligati a credere per contratto. Decide uno solo, con l’aiuto di una piccola azienda milanese. Ma la democrazia eterodiretta di Genova rivela anche assenza di coraggio. La vittoria di Cassimatis nella consultazione interna era l’unico modo per tenere unito M5S. La sua scomunica certifica l’implosione. Non è detto che a Grillo dispiaccia. Dall’alto della sua Xanadu sulla collina di Sant’Ilario, ha una bella vista sul declino della sua città. A Roma non poteva esimersi. A Torino ha pescato il jolly. A Genova sarebbero lacrime, sangue e promesse di statalizzare tutto, impossibili da mantenere. Questa volta la responsabilità di un eventuale fallimento sarebbe diretta, se non altro per una questione di domicilio.

«Con i 5 Stelle è finita, certo. Sono stata diffamata senza alcun riscontro. Ci vediamo in tribunale. Il mio attivismo continua. Vado avanti. Cercherò di dare voce a chi la sta perdendo, magari cominciando da queste amministrative».

Soprattutto mi stupisce l’evidente autolesionismo, apparentemente inspiegabile, delle scelte di chi “puote ciò che si vuole”: la Cassimatis, proprio per la sua personale storia politica, era la migliore scelta per riassorbire in sede elettorale le recenti fuoriuscite dal Movimento che hanno dato vita a “Effetto Genova” ed “Effetto Liguria”.

Paolo Becchi e Paolo Flores d’Arcais entrambi con passate simpatie per il movimento sembrano disillusi. Becchi su Libero, è sconcertato: Per fortuna si vota a Genova per il sindaco della città e per una candidatura forte del cosiddetto centrodestra, considerata la debolezza del centrosinistra, si aprirono possibilità inaspettate. Ma al di là di Genova il fatto inquietante è che il nostro Paese rischia di finire governato da un partito che agisce nel totale disprezzo delle più elementari regole democratiche. Ci dovremo fidare tutti del Capo e nessuna opposizione sarà possibile. Paolo Flores d’Arcais, su Micromega, A questo punto sarebbe il caso che il M5S ufficializzasse nel suo non-statuto che i candidati li sceglie Grillo, e così per ogni altra nomina. Non sarebbe la tanto strombazzata democrazia-diretta-web, sarebbe almeno un’oncia di onestà. In un numero precedente di MicroMega mi ero domandato fino a quando si sarebbe potuto votare ancora M5S: con rammarico, perché altri voti non di regime non se ne vedono. La misura era dunque già colma. L’ukase defenestratorio di Genova costituisce la goccia che fa traboccare il vaso: nemmeno il M5S è più votabile.

Rimane la domanda alla quale dovremo prima o poi dare una risposta: Che fare?

Le contraddizioni evidenziate dal comportamento di Beppe Grillo di fronte all'elezione di un candidato a lui sgradito sono espressione di un problema reale. La contendibilità dei partiti da parte di persone che non condividono i principi del partito che intendono scalare (come è stato il caso di Tony Blair e Matteo Renzi) pone un problema reale, ma la reazione di Grillo non è una risposta convincente.


Genova [..] il mercatino in darsena, a chi passa, appare quasi sempre desolatamente chiuso: una palafitta blu, costata un milione e 400 mila euro (1,2 milioni dal Fondo europeo per la pesca e 200 mila euro da fondi comunali) piena di banchi vuoti. [..]


Il Secolo XIX di oggi dà la notizia che la Regione Liguria sta concludendo l'acquisto del palazzo ex Italia Navigazioni di proprietà Unipolsai. Per l'acquisto è stata deliberata una cifra di 30 milioni. Non è una buona notizia.

Per Toti l’operazione sta in piedi: «Secondo le nostre stime gli oneri per il mutuo saranno sicuramente più bassi di quanto ci costa attualmente l’affitto». Il mandato ai tecnici della Regione è esattamente questo: approfittando dei tassi di interesse bancari al momento ai minimi storici, la giunta vuole siglare un prestito. Con oneri, su base annua, inferiori alle spese sostenute per la sede di De Ferrari «Da 1 euro in meno va bene - esemplifica Toti - ovvio che tenteremo di chiudere con un margine maggiore. Sia per quanto riguarda l’acquisto sia per il prestito».

Attenzione ai dettagli: la spesa pura per l’affitto, corrisposto a Unipolsai (al momento c’è un accordo fino al 2020), è di 1.204.084,08 euro. A questi vanno sommate le spese di gestione (riscaldamento, elettricità, gas ecc) e quelle di amministrazione: si arriva a una cifra che oscilla, a seconda degli anni, tra il milione e 500 e il milione e 700 mila euro. Quindi, il termine di paragone per gli oneri del mutuo, di durata ventennale o al massimo venticinquennale, dovrebbe essere la prima cifra, visto che le spese “vive”, in caso di acquisto, resterebbero a carico dell’ente.

Riprendo dal Fatto Quotidiano il resoconto della conferenza stampa nella quale Federico Pizzarotti annuncia l'uscita o sarebbe meglio dire prende atto di essere stato cacciato dal Movimento Cinque Stelle. Ho scelto di riportare per esteso l'articolo del FQ perchè nonostante l'eccesso grafico di strong è ben scritto, ma soprattutto perché la notizia potrebbe avere qualche riflesso sulla presentazione delle liste genovesi. Così almeno mi auguro.

Personalmente penso che Pizzarotti sia stato un buon sindaco ed i cittadini di Parma dovrebbero riconoscerglielo confermandolo per un secondo mandato. Governare una città con 700 milioni di debiti ereditati dalle precedenti amministrazioni di destra e di sinistra senza troppe iniquità è già un ottimo risultato.

Il M5s non è più lui, dice Pizzarotti. Doveva aprire il Parlamento e si chiude nelle stanze, aggiunge. Vuole governare, ma non si prende la responsabilità, perché non vuole dialogare con nessuno. E poi è cambiato, guardate “Di Maio: i lobbisti sono diventati di moda”. E ha morali diverse caso per caso, a partire da Roma dove (quasi) tutto è concesso: “Se avessi nominato io uno con la tessera del Pd o un ex impiegato di Iren, non so cosa sarebbe successo”. Il Movimento Cinque Stelle, insomma, “giustifica l’ingiustificabile”, perfino “avere un capo politico” che “è una sconfitta”. Un Movimento sostenuto da “talebani”, consumato da “arrivisti ignoranti che non sanno cosa vuol dire amministrare”.

Sembrava fuori da mesi, forse da anni, e invece il sindaco di Parma Federico Pizzarotti lascia solo oggi il Movimento Cinque Stelle. [..] Il sindaco di Parma lascia il Movimento che lo ha spinto alla vittoria alle Comunali del 2012 e che lui, d’altra parte, ha spinto alla conquista della prima grande città, quando Roma e Torino erano ancora l’ultima delle fantasie. Lascia il Movimento che, direbbe lui, ha cercato di cambiare da dentro, senza riuscirci, dopo 3 anni: “Ho preso questa decisione con grande sofferenza”. E invece è mancata sempre la “coscienza critica”. Anzi, sente di aver subito ingiustizie, ritorsioni. Perfino norme ad personam, come nell’ultima proposta di regolamento che gli attivisti del M5s potranno votare sul blog fino a fine mese. “Non ci sono norme ad personam” puntualizza Fico. Eppure Pizzarotti è rimasto appeso al nulla per oltre 4 mesi: fino a oggi è rimasto “sospeso” dal Movimento senza che ci fosse una decisione sul suo destino, dopo le contestazioni dei vertici sulla mancata trasparenza per l’inchiesta sul teatro cittadino (peraltro archiviata) e dopo le sue controdeduzioni. “Si dovrebbero vergognare come M5S per non aver saputo prendere una decisione. Avrebbero potuto anche espellermi, sarebbe stato più dignitoso”. Così uscire e sbattere la porta diventa una liberazione: l’ho fatto, dice, per me, per i cittadini, perché ho sempre anteposto la città agli interessi dei Cinquestelle. “E credo di aver fatto un favore anche al garante che così può non decidere un’altra volta”.

Gli altri partiti non c’entrano, non parlatene nemmeno, ripete una, due, tre volte. Non c’entra il Pd, non c’entra Civati, non c’entra l’Italia dei Valori, non c’entra una lista civica. C’entra il M5s e il fatto che si sia sempre sentito “un uomo libero, da uomo libero non posso che uscire da questo Movimento 5 Stelle, da quello che è diventato oggi e che non è più quello che era quando è nato”. I 18 consiglieri che sostengono la giunta rinnovano l’appoggio al sindaco di Parma, anche se l’unico a uscire dai Cinquestelle è proprio il primo cittadino. “La conferenza stampa è stata condivisa con consiglieri e attivisti” aggiunge il capogruppo del M5s Marco Bosi. Questi restano nel Movimento, ma il sostegno al sindaco significa che “c’è una pesante critica alla gestione” dei Cinquestelle. 

Un incontro di Grillo sembra un progetto remoto, visto quello che dice Pizzarotti: demolisce tutto ciò che è il Movimento oggi. “Penso agli errori di Di Maio: i lobbisti sono diventati di moda”. Il direttorio? “Chi l’ha scelto, chi l’ha votato, se è stato proposto dicendo: questi sono i migliori?”. E la collega Raggi? “Se avessi nominato io uno con la tessera del Pd o un ex impiegato di Iren, non so cosa sarebbe successo. Noi siamo stati crocifissi per molto meno”. In definitiva, “io non posso riconoscermi in questo Movimento 5 Stelle. Siamo passati dal ‘votiamo anche le leggi degli altri se sono buone’ a ‘non votiamo le leggi degli altri a oltranza’. Nel M5s o si è bianchi o si è neri, abbiamo imparato a fare opposizione e basta. Ma ci siamo dimenticati che prima ci sono le persone. Il M5S ha perso la sua umanità. Si diceva nessuno resti indietro e ora abbandoniamo le persone in base a una decisione del garante”. Da quasi due anni, racconta, spiega di non aver più paura. Dice proprio così: paura. “Paura di dire quello che si pensa. Invece questa paura serpeggia tra tante persone, ad esempio parlamentari che ti chiedono come va e dopo hanno paura di farsi una foto insieme“.

Uno scontro che si fa frontale, una volta di più: “In questi giorni – ha detto ancora il sindaco di Parma – si sta discutendo una nuova revisione del regolamento interno. che non si sa chi lo abbia proposto, né chi lo abbia scritto, né come si possa modificare. Una volta discutevamo in rete come elaborare le proposte tutti insieme, oggi si richiedono 3000 firme cartacee degli iscritti. Ma quali sono gli iscritti?. Come nella più triste tradizione italiana, il regolamento prevede una norma ad personam, visto che sono l’unico sospeso del Movimento in Italia. E perché, mi chiedo, si prevede una sospensione da 12 a 24 mesi? Cosa significa che, dopo i lavori forzati, uno si è ravveduto ed è tornato sulla retta via?”.

Pizzarotti sostiene di aver “pagato per aver messo la mia città davanti al M5s e questo lo rifarei mille volte”. E quindi, “voglio rappresentare quello che avremmo potuto essere”, perché “manca una rete di amministratori, ma non si vuole imparare dalla propria storia”, “nonostante i risultati che abbiamo raggiunto nell’amministrazione nessuno nel Movimento 5 Stelle vuole usare la nostra esperienza. Non siamo riusciti a fare rete, il Movimento questo concetto se l’è dimenticato”. E’ mancata la “coscienza critica”, ripete, e quando l’ha esercitata lui è stato “visto come un disturbatore”. E così tutti gli altri con cui si dovrebbe dialogare: “Vogliamo governare e poi non si dialoga con nessuno. Questo non vuol dire governare. Amministrare vuol dire dialogo con altri, prendersi delle responsabilità”. E questo ha un effetto sulla base: “Quanti ne abbiamo persi in questi anni? Nel tempo sono stati abbandonati dai cosiddetti talebani, persone oltranziste che giustificano tutto e il contrario di tutto solo in base a un processo sul blog“.

E Parma? A un secondo mandato “sarebbe irreale non pensarci, però essendo soprattutto una scelta personale, io ho anche un altro lavoro, lo facciamo se ci sono le condizioni. Ma è chiaro che sarebbe auspicabile una continuità, anche per alcuni cantieri e alcuni progetti”. Nessuna lista civica, almeno per ora. “Il cappello sulla mia testa è difficile metterlo – conclude – è prematuro qualsiasi discorso e mantengo la mia autonomia”. Qui, in Emilia, e fuori, in Itaia. “E’ evidente che in Italia ci sono dei problemi, è evidente che il 50% degli elettori non vota, è evidente che ci siano delle necessità e che serva qualcuno per poterle affrontare, ma questa è tutta un’altra storia. Non c’è nessuna lista civica, non c’è nessun partito a livello nazionale né ho mai lavorato per un partito a livello nazionale perché ho sempre lavorato per il mio Comune”.


La notizia della rinuncia di Luca Borzani alla candidatura a sindaco di Genova è una notizia. Il nome di Borzani è l'unico che avrebbe potuto compattare tutta l'area di centro-sinistra. A certe condizioni lo avrei votato. Il fatto che sia l'unico nome spendibile e che abbia rinunciato la dice lunga sullo stato di salute del Pd genovese.

Il segretario Pd genovese Alessandro Terrile e anche i partiti di sinistra avrebbero evitato volentieri il ricorso alle primarie. Non è un segreto: Luca Borzani, presidente di Palazzo Ducale ed ex assessore alla Cultura con il sindaco Pericu, era stato tirato in ballo come figura in grado di saldare il Pd, il mondo della cultura e le formazioni di sinistra. Ma, dopo troppe sollecitazioni nel corso degli ultimi mesi, con una lettera (che leggete qui a lato) ha smentito di essere interessato oggi né di avere intenzione di candidarsi in futuro.


Inizio questa cronaca con una citazione dall'intervista di Marco Imarisio a Marco Doria sul Corriere della Sera. Marco Doria è stato forse il miglior sindaco da quando esiste il centrosinista a Genova, cioè dall'epoca di Fulvio Cerofolini. Ma lo è stato per quello che ha impedito di fare ai suoi alleati del Partito Democratico e per questo non ha nessuna possibilità di rielezione.

«In fondo io sono anche il prodotto della famosa foto di Vasto. Ricorda? Pier Luigi Bersani, Nichi Vendola, Antonio Di Pietro. È cambiato tutto da allora. L’Italia dei valori non esiste più o quasi, Sel si è trasformata, mentre oggi il Pd è un partito alle prese con una discussione interna che ha tratti aspri e non esclude gli attacchi frontali. Quel centrosinistra si è dissolto. A livello politico è normale che mi senta isolato, e non da oggi»

Genova e l’intera Liguria sono materiale da maneggiare con cura, quando si parla di elezioni. E non solo per via dell’emergenza lavorativa senza uguali al Nord e di un afflusso di migranti che in alcuni quartieri risveglia pulsioni lepeniste-salviniane. L’ormai riconosciuta vocazione suicida del centrosinistra locale costituisce una variabile capace di produrre qualunque risultato, come dimostrato dalle Regionali del 2015, vinte dal centrodestra di Giuseppe Toti per grazia ricevuta. Nel 2017 il capoluogo di regione sarà la città più importante chiamata al voto delle amministrative e in tanti si stanno portando avanti con il lavoro. Ormai privo da mesi di una vera maggioranza che sostenga la sua giunta, Doria non ha ancora deciso se ricandidarsi, ma la decisione non dipende più solo da lui. In un Pd spaccato come una mela dove a volte sembra che una fazione sia più interessata alla sconfitta dei rivali interni che a vincere, la parte più renziana non perde occasione per accusarlo di inadeguatezza mentre quella che fa riferimento alla ex ditta bersaniana sta cercando un compromesso onorevole per tutti. Roma, nel senso del partito nazionale, ha ben altri referendum per la testa. E così ogni giorno ha la sua pena per il sindaco. L’ultimo in ordine di tempo ad attaccarlo è stato l’ex presidente della Regione Claudio Burlando. «Non sa governare» ha detto in tono perentorio alla festa dell’Unità.

Lista Pigreco

Per situare la mia posizione dirò che sono stato il presentatore, insieme a Paolo Bertolotti, della Lista Pigreco.

Risultati delle Elezioni comunali a Genova 27-28 maggio 2007

Abitanti:610.307 - Elettori: 523.900 - Affluenza: 61,7%
Marta Vincenzi 158.432 51,2 L'Ulivo
Rifondazione Comunista
Italia dei Valori
Comunisti italiani
Verdi
La Nuova Stagione
Socialisti Uniti
Pensionati Bertone
Udeur Popolari

88.765
15.601
9.263
6.432
5.782
4.646
3.739
2.205
1.195

34,4
6,0
3,6
2,5
2,2
1,8
1,4
0,9
0,5

Enrico Musso 142.066 45,9 Forza Italia
Lista Biasotti
Alleanza Nazionale
Lega Nord
Udc
Partito Pensionati

58.277
18.834
16.168
9.372
8.220
1.991

22,6
7,3
6,3
3,6
3,2
0,8

Massimo Chiesa 1.845 0,6 L'italia di Mezzo
1.648
0,6
Maurizio Parodi 1.736 0,6 Partito Comunista Lavoratori
1.440
0,6
Michelangelo Trombetta 1.403 0,5 Lista Pigreco
1.241
0,5
Angelo Riccobaldi 1.099 0,4 Forza Nuova
1.042
0,4
Federica Sattanino 872 0,3 M.I.L.
791
0,3
Alessandro Casareto 759 0,2 Dem.Cr.Per Autonomie
697
0,3
Giuseppe Alongi 564 0,2 Pri-Altri
557
0,2
Stefano Budria 477 0,2 Città Partecipata
372
0,1

Rassegna stampa

La rassegna stampa relativa alla Lista Pigreco in occasione delle elezioni del 27-28 maggio 2007 a Genova si compone di soli quattro articoli, publicati da tre dei quattro quotidiani genovesi. Non ho ancora reperito i trafiletti publicati sul Corriere Mercantile. Sostanzialmente questa è stata l'informazione che gli elettori genovesi hanno ricevuto, attraverso la stampa, sul Movimento di Partecipazione. Ogni commento sulla funzione della stampa nella democrazia rappresentativa mi pare superfluo.


Giovanni Mari
«Il sindaco? Va eletto a sorte tra chi ha i titoli»
La sfida di Beppe Grillo
Il Secolo XIX, 17/11/2006

Il comico fa gli auguri alla lista civica "Pigreco", il terzo polo alle Comunali, che coinvolge chi si era mobilitato con il suo blog
Beppe Grillo parla malvolentieri delle cose genovesi, perché sa che nessuno riesce mai a essere profeta in patria. Sull'elezione del nuovo sindaco non si sbilancia, salvo lanciare la sua ultima sfida: «Eleggiamolo a sorte tra chi ha i giusti requisiti».
In qualche modo, però, oggi si sente in obbligo di farlo, visto che dai suoi meet up - gli eventi nati attorno alle sue provocazioni via blog - è nato un gruppo di persone che hanno deciso di correre alle prossime elezioni comunali. Come indipendenti, autonomi rispetto a destra e sinistra; come terzo polo sotto il simbolo del "pigreco": si presentano alla Sala America il 26. Tra i promotori della lista civica, c'è infatti quel Michelangelo Trombetta che aveva organizzato la mobilitazione degli "Onorevoli Wanted" in città seguendo le istruzioni del comico-tribuno contro quei parlamentari inquisiti o condannati diventati deputati o senatori.
Beppe Grillo, qualcuno dei suoi fan si è dunque deciso a candidarsi. Che ne pensa? Li sostiene?
«Bè, intanto credo sia una bella cosa. Insomma, questa gente che è uscita allo scoperto dopo l'esperienza dei meet up. Qualcuno che dal basso che desidera cambiare le cose».
Giusto candidarsi, quindi?
«Queste sono persone che hanno capito come vanno le cose, è giusto che seguano le loro strade. Se se la sentono è giusto che lo facciano. Faccio i miei auguri. Io continuo a fare il mio mestiere, niente più».
Non si espone.
«Il sistema è precostituito, pronto anche a sostenere e a reggere iniziative del genere. Insomma, dove crede che possa andare, in questo ordine di cose, un sindaco che non scende a patti? Alla fine il sindaco non conta più di tanto. E per nulla è ciò che dovrebbe essere, un nostro dipendente cococo salariato dai cittadini».
In qualche modo bisogna però eleggerlo, un sindaco...
«Serve un manager, capace di far funzionare la macchina e di prendere le migliori decisioni per la città».
Sembra facile. Sa bene che non lo è. Infatti a sinistra tutti stanno litigando e a destra manca ancora l'idea sulle candidature.
«Sa cosa bisognerebbe fare?». Dica.
«Dobbiamo cercare una persona che giuri di starci cinque anni e poi di tornare al suo lavoro. E che risponda a precisi requisiti».
Ecco, quale identikit?
«Deve avere tra i 30 e i 50 anni. Deve aver lavorato e deve avere una laurea oltre che a un buon livello di cultura generale. E soprattutto deve avere una fedina penale immacolata (sembra una cosa banale, ma non ce l'ha quasi nessuno immacolata)».
Quindi?
«Quindi noi arriviamo a una rosa, fatta di - non so - 200, 300, 500 persone che possono essere potenziali sindaco e assessori. Su questa rosa possiamo estrarre a sorte».
Chi?
«Il sindaco».
Suvvia...
«Guardi che il sindaco deve essere al suo servizio, non al loro».
Quindi un terzo polo come quello di "pigreco" serve.
«Ripeto, in bocca al lupo. Ma io resto sulle mie. Non voterò».


(redazione)
Pigreco non fa calcoli, ma punta a Tursi
il Giornale, 23 maggio 2007

Chi l'avrebbe mai detto? Michelangelo Trombetta, 56 anni, impiegato di banca, candidato del Movimento di Partecipazione Pi Greco, è un cantautore. Già, proprio così, accanto al politico c'è il musicista, con addirittura un cd dal titolo «Frammenti» e una canzone dedicata ad un bar di Santa Margherita. «Mi piace la musica, ed è una passione che coltivo da tantissimi anni - spiega Trombetta -. Compongo le mie canzoni con la chitarra e poi le arrangio con l'aiuto di altri strumenti». Eccolo, il candidato della lista Pi Greco, composta da 47 persone quasi tutte neofite della politica, che ha l'intento di raccogliere in maniera trasversale il malcontento della gente, e che non si pone, come dice lo stesso Trombetta, «n´ a sinistra, n´ a destra, n´ al centro, ma che è pronta a restituire la politica ai cittadini». Da qui il nome Pi Greco, perch´ proprio con questa lettera iniziava la parola Polis, che tradotto significa «città». «È un omaggio e un ricordo della vecchia Polis ateniese - spiega Trombetta -, nella quale i cittadini erano i sovrani. Noi vogliamo che le decisioni vengano prese dal popolo, che deve poter decidere direttamente come spendere le risorse che crea. È importante che il mandato di rappresentanza possa essere revocato, così come i rappresentanti non devono godere di privilegi di nessun tipo. Anche i referendum devono poter essere indetti con più frequenza, perch´ è uno degli strumenti con cui i cittadini possono decidere». Ha le idee chiare Michelangelo Trombetta, che persegue il progetto di democrazia partecipativa della Lista Pi Greco, nata nel lontano 1992. Il Movimento ufficiale verrà costituito solo nel 2002 in occasione delle elezioni di Lumarzo. «Ci sono tante cose da risolvere in città - aggiunge Trombetta - e proprio partendo dal piccolo si possono fare passi avanti, ad esempio sistemando e rimettendo servizi igienici nei vari quartieri, o rimuovendo le centinaia di carcasse che restano per troppo tempo abbandonate ovunque, o ancora attraverso la pulizia di certe zone di Genova, dimenticate dagli enti locali, per non parlare del verde pubblico dei nostri giardini che versa nel più completo degrado». Chissà se, con tante idee e proposte, al candidato - cantautore non venga l'ispirazione per una nuova canzone?


Donatella Alfonso
Debutta Pigreco sotto esame il caso Lumarzo
La Repubblica Genova, 15 febbraio 200

Nome completo è "Movimento di partecipazione-Lista Pigreco" «perché P sta per partecipazione e perché è stata la polis greca la prima realtà partecipativa. E poi è un simbolo facile che si ricorda bene» spiega Paolo Bertolotti che ne è il segretario, oltre che l' ideatore. Partono da Lumarzo, dove hanno tre consiglieri comunali eletti nel 2004 (Bertolotti e altri due) e un rappresentante nella comunità montana (sempre Bertolotti) e puntano dritti su palazzo Tursi: stamani presenteranno il loro sistema di primarie per decidere il candidato sindaco che partecipi alla sfida con Marta Vincenzi ed Enrico Musso. Beppe Grillo è un loro fan e sostenitore, tanto che sul suo blog si parla diffusamente del "caso Lumarzo", ma loro precisano che, pur annoverando tra le loro file non pochi blogger di www. beppegrillo. it, non sono la lista di Beppe Grillo. Infine: non sono di destra né di sinistra, ma non vogliono fare i qualunquisti: semplicemente, come spiega Bertolotti, artigiano con la passione della politica vissuta da soggetto e non da oggetto, «un programma politico serio non può stare sulle nuvole, bisogna affiancare alla democrazia delegata altri sistemi già in uso altrove, dal bilancio partecipato di Porto Alegre alla possibilità californiana di revoca degli eletti al sistema svizzero dei referendum». Niente deleghe in bianco, è lo slogan: possiamo anche eleggere chi ci convince di più, da una parte o dall' altra, ma vogliamo fargli le pulci ogni giorno del mandato, essere chiamati a dire la nostra ogni volta che sia possibile: specialmente sui temi caldi. E non a caso è proprio la vicenda dell' inceneritore di Scarpino quella che Bertolotti prende a paradigma, così come ha fatto decine di volte lo stesso Grillo. Il Movimento partecipativo nasce nel 2002, si irrobustisce un po' con appuntamenti culturali, poi l' esperienza di Lumarzo nel 2004; e ora, Genova. Qualche centinaio di tesserati, nessun nome "noto", il faccione di grillo sempre sullo sfondo. «Ci siamo incontrarti perché diciamo molte cose di quelle che dice questo straordinario personaggio, non il primo in Italia capace di questa autonomia di giudizio: come lui ci sono stati Gaber e Pasolini» dice Bertolotti. Chiaro che il comico-guru non si impegnerà con Pigreco, ma sicuramente gli ha fatto gli auguri e li segue. Così come dimostra al scelta di indire primarie per il "sindaco-dipendente dei cittadini", come Grillo spesso segnala; il ragionamento che si presenterà ai potenziali candidati (chiamati fin da ora a sostenere la campagna elettorale a proprie spese) e agli altrettanto potenziali elettori è: dire la nostra, il più possibile. Se non su tutto, almeno quasi.


Raffaele Niri
Tra il garofano e il ministro De Ferrari come Hyde Park
La Repubblica, Genova, 29 aprile 2007

L' angolazione scelta è quella di Palmiro Togliatti. Spalle a Palazzo Ducale, volto corrucciato rivolto alla fontana. Nella foto di Giorgio Bergami - uno dei pezzi forti della sua splendida mostra nel Sottoporticato - Togliatti sta parlando a cinquantamila persone. Nella foto scattata ieri mattina dal nostro Andrea Leoni, Raffaele Giuliano, portavoce dell' associazione Dog (i cani non c' entrano, è l' acronimo di "Disoccupati organizzati Genova") sta parlando a nove persone. Tre, però, sono sudamericani dall' italiano incerto ("scusa, perché succede questa cosa che signore urla?") e chissà quanto hanno afferrato del duro attacco alle Istituzioni che il portavoce di Dog ha sferrato, con un impianto di amplificazione degno dei Deep Purple, qualche minuto prima di mezzogiorno. Sabato politico, sabato di grandi ritorni, sabato di prime volte. Tornano i comizi a De Ferrari e il primo ad approfittarne è lo sconosciuto Giuliano, sconosciuto almeno fino a quando non ha tappezzato col suo volto tutto il centro. Tornano i socialisti, tutti assieme ed è bello vedere scherzare insieme chi ieri stava in Forza Italia con chi non si è mai mosso dalla sinistra, gente che ieri l' altro stava tutta assieme a Posta Vecchia o, meglio, nella corrente del senatore Franco Fossa. Tornano i socialisti tutti insieme e, nell' attesa di qualche auspicabile strapuntino (se la gente torna a votare socialista, fanno un assessore con Marta e uno con Repetto) occupano - per la foto ricordo - la scalinata a fianco del Moody. Il ministro della Giustizia occupa per alcune ore, con le sue innumerevoli guardie del corpo, quello che fu Palazzo di Giustizia (prima degli inutili discorsi di Bush e degli altri giottisti, nel Salone del Maggior Consiglio qualche vecchio cronista ricorda l' inutile, disperata difesa di Lorenzo Bozano) e anche Salvatore Ottavio Cosma, che gli altri segretari del centrosinistra genovese già chiamano affettuosamente "falce e mastella", per ricordarne il passato remoto comunista e il presente centrissimo, può sentirsi - appunto - centrale. Mastella sconvolge la città più di un Centro sociale: inventa conferenze stampa ogni mezz' ora, prima e dopo l' incontro con Adriano Sansa, prima e dopo la benedizione reciproca con Angelo Bagnasco, persino nel tragitto verso Palazzo Ducale. Così gli otto agenti dell' Antiterrorismo con tanto di cani che avevano bonificato la Sala del Camino ("caso mai ci fosse una bomba") perdono inutilmente del gran tempo, come pure i cronisti che attendevano il ministro e l' educato Pippo Rossetti, chiamato dai cugini dell' Udeur a portare il saluto della Margherita. Poi il ministro vola dall' altra parte del Palazzo per il congresso-lampo del suo partito: saluta il buon Vittorio Traverso, parla poco Roberta Gasco, parla Cosma che prova a tornare da capolista a Palazzo Tursi, chiude Mastella e, grazie a tutti, il congresso è finito, votate e fate votare Uduer. Più o meno lo stesso tempo ci aveva messo, al mattino, il leader dei disoccupati Raffaele Giuliano ad arringare - in pieno stile speaker' s corner dell' Hyde Park - i suoi nove fans. Scusi, non ho capito: è un discorso di destra o di sinistra? "Apolitico" risponde il portavoce del portavoce. Che - mentre Giuliano attacca "gli Enti locali che non fanno abbastanza per i disoccupati" - ammette che "sì, il nostro leader sarà candidato: a Genova-ovest, con la lista Pigreco". Del resto, proprio negli stessi minuti, arrivano da Piccapietra i candidati socialisti, che sono la metà di mille. I posti effettivamente a disposizione nel migliore dei casi sono due, uno in Comune e uno in Provincia, ma le radici del vecchio Psi si vedono e non ce n' è uno tra gli ottantasei (cinquanta a Tursi, trentasei a Palazzo Spinola) che non ritenga che quel posto (eventuale) toccherà a lui. Con ogni probabilità ce la faranno Arcangelo Merella e Elio Ugolini e poi si tratterà di vedere come funzionerà il gioco delle eventuali rinunce. Come nell' Udeur ce la farà (se ce la farà) Cosma. E tutti gli altri? L' importante è crederci: ancora quattro sabati di politica, e poi (quasi) tutti al mare.


Movimento di Partecipazione

Storia del Movimento

Il Movimento di Partecipazione nasce a Genova nel marzo del 2002 su iniziativa di: Loris Arena, Paolo Bertolotti, Carlo Bruzzone, Giansandro Rosasco, Maurizio Ciampi, Alberto Semplici, Luca Valente.

Già nel 1994 Paolo Bertolotti e Carlo Bruzzone riflettendo sulla situazione politico-istituzionale del nostro Paese, si trovarono d'accordo nel denunciare la crisi del sistema politico italiano, coinvolgendo la stessa logica rappresentativa propria dei regimi Liberal Democratici.

Il principio della delega come fondamento legittimatorio della democrazia, il conseguente distacco tra la società civile e la classe politica (tra Paese "reale" e Paese " legale") e l'insufficiente partecipazione attiva dei cittadini alla vita politica della Comunità, divennero i punti salienti di questa riflessione critica.

La questione fondamentale diventò quella di ipotizzare soluzioni praticabili attraverso cui realizzare un maggior coinvolgimento dei cittadini al processo decisionale. Il concetto di democrazia partecipativa riassume quest'esigenza.

Il raggio d'azione iniziale fu individuato in Genova e Provincia. Nel gennaio del 2001 si fondò il " Movimento Ligure Democratico di Partecipazione" la cui prima iniziativa consistette nell'organizzare un paio d'incontri, a Genova (9/2/2001) e a Chiavari (17/2/2001).

Tra le iniziative culturali del movimento si può annoverare la conferenza del 15 giugno 2002, tenuta dal prof. Luciano Gallino e riguardante il concetto d'impresa responsabile in Adriano Olivetti.

Nel 2005 abbiamo individuato nelle elezioni comunali che si sarebbero tenute a Genova nel 2007 un momento di verifica dell'azione del Movimento. Lo sforzo sostenuto e la scarsa risposta elettorale hanno determinato lo scioglimento del Movimento.

MP