Economia della crisi o crisi dell'economia?

Mauro Gallegati
Acrescita. Per una nuova economia
Einaudi, Torino, 2016

Questo pamphlet [perché di un pamphlet si tratta] è costruito attorno a due argomenti: la crisi dell'economia e la crisi della teoria economica.

La crisi economica ha infatti prodotto una crisi nella macroeconomia. Non tanto - continua Gallegati - perché la teoria macroeconomica non è stata in grado di prevedere l'avvento della crisi quanto per l'entità della crisi, che ha messo in dubbio la possibilità di concepire la ricerca dell'equilibrio come obiettivo della macroeconomia. Ma, non solo:

Gli economisti mainstream utilizzano si tecniche matematiche avanzate, ma quelle sbagliate. Ad esempio modellare l'intera economia come se fosse un agente rappresentativo, o medio, moltiplicato per il numero di individui presenti nell'intero sistema economico. E sostenere, magari, che questa operazione consente di microfondare la macroeconomia, cioè di spiegare l'andamento dell'economia aggregata sulla base del comportamento di un singolo agente. Tali microfondazioni possono essere confutate con la semplice logica matematica del teorema Sonnenschein-Mantel-Debreu (SMD) che afferma l'impossibilità di derivare in modo univoco e inequivocabile il comportamento macroeconomico dal comportamento degli individui. Ossia, anche se ipotizziamo che il singolo agente persegua il proprio tornaconto non è affatto detto che l'economia nel complesso lo emuli e lo raggiunga. Il teorema dimostra perché l'economia neoclassica, pur nelle sue varie declinazioni, non può produrre un equilibrio unico e stabile.

Ciò determina la necessità di ripensare lo stesso paradigma dell'equilibrio del mercato - la mano invisibile - intorno al quale si è venuta costruendo la scienza economica negli ultimi due secoli.

Da qui la necessità di sviluppare un nuovo paradigma dell'economico, in grado di considerare gli ruolo degli atomi che pensano e apprendono.

A mio parere la rifondazione dell'economia necessita di un fondamentale passaggio: dall'homo economicus all'agente sociale che apprende dalla propria e dall'altrui esperienza. Si tratta quindi di abbandonare non solo il metodo della fisica riduzionista e meccanicista, ma di andare oltre la fisica stessa riconoscendo che gli agenti economici sono atomi che pensano e apprendono.

Lo strumento operativo di questa nuova scienza economica sarebbero, secondo Gallegati, i modelli ad agenti (Agent Based Model, ABM) che consentono di operare secondo una nuova definizione di equilibrio.

Mentre nei modelli economici tradizionali, ad agente rappresentativo, l'equilibrio è uno stato in cui la domanda (individuale e aggregata) uguaglia l'offerta, negli ABM la nozione di equilibrio è statistica, cioè l'equilibrio aggregato è compatibile con lo squilibrio individuale. L'equilibrio statistico non richiede che ogni singolo elemento sia in equilibrio, ma piuttosto che le distribuzioni siano stabili, vale a dire in uno stato di equilibrio a livello macroscopico mantenuto da movimenti a livello microscopico in direzioni opposte (Feller, 1957, 3a ed. 1968, p. 356)

Qui termina la prima parte del pamphlet, quella dedicata alla crisi dell'economia come scienza. A dire la verità, mi sembra che la rivoluzione auspicata dal Gallegati si riduca semplicemente al passaggio dall'economia fondata sulla meccanica ad un'economia che ha per modello la fisica quantistica, ipotesi sulla quale, nonostante ogni possibile obiezione, sostanzialmente concordo, tenendo ben presente che se così è si rimane pur sempre nell'orbita del paradigma della scienza fisica.

Meno consequenziale mi sembra, invece, la seconda parte del libro dedicata all'economia della crisi. Le proposte per risolvere la crisi, nella logica presupposta nella struttura del ragionamento proposto da Gallegati, dovrebbero essere naturale conseguenza del nuovo paradigma, ma così non sembra essere. Ovvero, se così fosse, non si comprederebbe perché sia necessario un nuovo paradigma per giustificare delle proposte che non differiscono sostanzialmente da quelle fornite dal precedente e criticato paradigma e che si rivelano di fatto irrealistiche.

In termini economici non esiste, una correlazione diretta, di tipo meccanico, tra un'azione, e quindi anche qualsiasi azione proposta seguendo leggi economiche, ed il suo effetto.

Per comodità elenco i titoli degli otto punti analizzati da Gallegati:

  1. Riqualificare la spesa publica
  2. Recuperare l'evasione fiscale
  3. Azzerare gli oneri finanziari
  4. Ristrutturare il debito publico
  5. Andare oltre i parametri finanziari adottati dall'UE
  6. Inventare lavori sostenibili
  7. Redistribuire i redditi e le risorse
  8. Prevedere le crisi

Mi sembra che di questi otto punti solo l'ultimo, l'ottavo, rientri a pieno titolo nel campo della macroeconomia e della scienza economica più in generale e mi sembra anche che gli strumenti di cui essa è dotata, almeno fino ad oggi, ABM compresi, non siano ancora in grado di assolvere in nessun modo questo compito. Tutte le altre proposte di cui Gallegati parla non riguardano l'economia, ma la scienza politica ed il Legislatore.

C'è comunque un tema che attraversa tutti gli otto punti ed è trasversale sia all'economia che alla politica, ed è quello dell'uguaglianza, almeno formale, degli atomi dell'universo economico-politico. Porre questa uguaglianza come vincolo dei modelli macroeconomici può contribuire a creare un nuovo paradigma.

Se poi uno crede al Grande Cocomero saranno pure affari suoi. Basta che non pretenda di governare la nostra vita, magari flessibilizzandoci.

MP

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