Garanzie costituzionali e diritti acquisiti

La notizia è questa: Il presidente della Consulta, Alessandro Criscuolo, ha dichiarato di ritienere inopportuno un preventivo parere di costituzionalità da parte della Corte Costituzionale sulle leggi emanate dal Parlamento. Cito dal sito di Repubblica, che ha l'articolo più chiaro su questo passaggio della conferenza stampa.

Durante la conferenza stampa tenuta al termine della relazione sull'attività annuale della Corte, Criscuolo ha osservato: Il giudizio preventivo affida alla Corte Costituzionale un compito che non le spetta perchè la Corte giudica sulle leggi approvate e sarebbe una sorta di consulenza preventiva alle camere che forse non è opportuna. Il presidente della Consulta fa riferimento all'introduzione, per la prima volta in Costituzione, del ricorso preventivo sulle leggi elettorali alla Corte Costituzionale su richiesta di un quarto dei componenti della Camera. Tra le norme provvisorie contenute nel ddl c'è anche la possibilità di ricorso preventivo, già in questa legislatura, per le leggi elettorali (Italicum) che verranno approvate dal Parlamento. Il ricorso motivato deve essere presentato entro dieci giorni dall'entrata in vigore da almeno un quarto dei componenti della Camera dei deputati o un terzo dei componenti del Senato della Repubblica.

Nel suo intervento, Criscuolo ha poi spiegato che poichè il ddl Boschi, che contiene il giudizio preventivo sulla legge elettorale, è una riforma costituzionale, se verrà approvata la Corte la applicherà. Poi aggiunge: La legge non è ancora entrata in vigore ma posso dire che un controllo preventivo tradisce quello che è il ruolo della Corte. Un vaglio preventivo, ancorchè circoscritto alle leggi elettorali, forse richiederebbe una riflessione ulteriore che non mi risulta sia stato fatta.

Come è noto, in Italia - contrariamente a quanto accade in altri paesi, la Francia ad esempio - non è previsto dalla Costituzione il vaglio preventivo delle leggi da parte della Corte Costituzionale.

Questo fatto comporta, come inevitabile conseguenza, l'esistenza di leggi emanate dal Parlamento in modo formalmente valido, che, in quanto tali, dispiegano i loro effetti e solo in seguito ad un lungo iter giudiziario vengono dichiarate incostituzionali.

In questo modo la Costituzione giustifica l'esistenza di fatto di leggi incostituzionali e quindi formalmente nulle, ma giuridicamente applicabili, ed i cui effetti, in molti casi, non possono essere sanati in alcun modo.

È un paradosso logico. La Costituzione da una parte prevede la nullità delle leggi contrarie alla Costituzione, mentre dall'altra ammette che il Parlamento possa promulgare, al di fuori di ogni controllo, anche leggi incostituzionali i cui effetti non possono essere annullati.

Non mi riferisco tanto al fatto che l'attuale Parlamento sia stato eletto con una legge elettorale incostituzionale e, tuttavia, le leggi da esso emanate mantengano i loro effetti e neppure al fatto che, detto Parlamento, non sia stato sciolto immediatamente dopo la pronuncia della Consulta, ma alla inevitabilità di questi fatti in assenza di un vaglio preliminare da parte di un organo preposto. Naturalmente il controllo non elimina la possibilità dell'emanazione di leggi incostituzionali.

Esiste poi il caso in cui una legge introduca nell'ordinamento delle norme che producono delle disparità di trattamento dei cittadini e quindi contrarie all'art. 3 Cost. Con l'attuale farraginoso sistema di garanzia costituzionale dopo la dichiarazione di incostituzionalità della norma, che avviene generalmente dopo un lungo lasso di tempo dall'emanazione della legge, si pone il problema del trattamento del pregresso e quindi dei diritti acquisiti. Ovvero, ponendo la questione sotto forma interrogativa, sono acquisibili, legalmente, dei diritti che ledono la norma costituzionale? La risposta della Corte Costituzionale, in questi decenni, è stata costantemente affermativa. È questa una risposta costituzionalmente corretta? Ne dubito.

MP