Conservatorismo

Il pensiero conservatore

Karl Mannheim
Conservatorismo: nascita e sviluppo del pensiero conservatore,
Laterza, Bari, 1989

Konservatismus. Ein Beitrag zur Soziologie des Wissens è la tesi di abilitazione discussa a Heidelberg nel 1925 da Karl Mannheim e publicata in forma ridotta nel 1927 sull'Archiv für Sozialwissenschaft und Sozialpolitik con il titolo Das konervative Denken.

Mannheim si interessa essenzialmente all'emergere dell'ideologia conservatrice nelle figure di Justus Möser (1720-1794), Adam Heinrich Müller (1779-1829), Friedrich Karl von Savigny (1779-1861) Gustav Hugo (1764-1844), Friedrich Julius Stahl (1802-1861), Friedrich A. Ludwig v.d. Marwitz (1777-1837)

La proprietà autentica

Difficilmente si possono mostrare l'oggetto e le peculiarità dell'esperienza concreta delle cose propria dei conservatori in modo più efficace che nel loro atteggiamento nei confronti della proprietà, in contrasto con quello borghese moderno. Di ciò è un documento istruttivo un saggio di Möser, il quale per così dire fissa fenomenologicamente la scomparsa di un determinato rapporto con la proprietà, che contrappone al concetto moderno di essa, ai suoi tempi già affermatosi in luogo di quello più antico.

Nel saggio Von dem echten Eigentum (La proprietà autentica) egli mostra che la «proprietà autentica» di un tempo era legata al proprietario in modo affatto diverso da quella moderna. Una volta c'era una relazione particolare, vivente, reciproca, tra proprietà e proprietario. La vecchia, autentica proprietà conferiva al proprietario determinati privilegi, consentendogli per esempio di avere «voce» negli affari di stato, il diritto di caccia, l'appartenenza alla giuria. Dunque era strettamente legata all'onore personale del proprietario ed in questo senso inalienabile. Se infatti il proprietario alienava il suo possesso, il diritto di caccia per esempio non poteva essere ceduto, e ciò era un segno permanente che il nuovo proprietario non era quello «autentico».

Prassi contro teoria

Qui nasce anche il concetto di ciò che egli chiama prassi, l'elogio sempre ripetuto della prassi di contro alla teoria (un elemento che, su tutt'altro piano, è presente anche presso i romantici). Möser scrisse un saggio polemico contro Kant, rimasto incompiuto, con il titolo Über Theorie und Praxis (Su teoria e prassi), la cui proposizione centrale suona: «Dai dati di fatto reali si conclude spesso più correttamente che da premesse troppo elevate». Viene qui condotta una lotta contro il pensiero costruttivo che muove da «premesse troppo elevate», in nome d'un pensiero intuitivo, che si attiene alle circostanze date: «La prassi, che aderisce alle circostanze individuali (!) e le sa utilizzare, deve comprendere la realtà assai meglio della teoria, che con i suoi alti voli è costretta a trascurarne qualcuna ».*

L'elemento cetuale.

J. Möser è figlio di un Patrizio di Osnabrück; il padre era consigliere nella cancelleria e in seguito come avvocato era giunto de facto, accanto ai consigli privati della nobiltà, a governare egli stesso il paese per un certo tempo. Möser nutriva per la nobiltà quel tanto di simpatia che era necessaria per la sua posizione. Egli è un sostenitore dello stato cetuale, anche se colloca l'età dell'oro nell'epoca dell'antica libertà e della proprietà comune. Ma proprio perché Möser non difende tanto la nobiltà, quanto piuttosto il mondo cetuale nel suo complesso, fondato gerarchicamente e perciò si interessa in modo particolare al modo di pensare degli antichi ceti contadini [..]

Il conservatorismo moderno si distingue dal tradizionalismo.

Il «conservatorismo moderno» si distingue dal «tradizionalismo tout-court» perché esso è funzione di una determinata situazione storico-sociologica. Mentre il «tradizionalismo in generale» è un'attitudine generale dell'animo, che si annuncia nei vari individui nell'attaccamento alla tradizione e nella paura del nuovo, nello sviluppo moderno una tale intenzione fondamentale acquista una funzione particolare per il divenire del processo nel suo insieme. Qualcosa, che prima era in qualche modo attivo in tutti gli uomini, diviene il connettivo per correnti determinate all'interno del processo complessivo.

la causa fondamentale dell'emergere del conservatorismo moderno, e la ragione della sua unità nelle diverse nazioni (al contrano del semplice tradizionalismo) risiede nel fatto che il mondo moderno è diventato dinamico; che tale dinamica emerge sulla base di una differenziazione sociale; che tale differenziazione porta con sé anche i contenuti del cosmo spirituale e che queste intenzioni fondamentali degli strati sociali trainanti diventano il nucleo agglomerativo, ma anche il centro creatore de le contrapposte visioni del mondo (e dei corrispondenti stili di pensiero). In una parola: una trasformazione del tradizionalismo in conservatorismo (nel senso sopra indicato) può avvenire solo in una società divisa in classi. Solo dove erano soddisfatte queste condizioni, ad ogni stadio del processo, solo dove lo sviluppo sociale e spirituale ricevette la struttura sopra indicata, potè emergere il fenomeno che denominiamo "conservatorismo".

Dogmatica del conservatorismo

Robert Nisbet
Conservatorismo: sogno e realtà
Rubettino Editore, Soveria Mannelli, 2012

Forse non tutti sono d'accordo nel considerare il conservatorismo un'ideologia e neppure nell'attribuire alle ideologie una dogmatica, ma ciò semplifica molto le cose. Per questo seguirò la traccia indicata da Nisbet, sebbene sia schematica e non descriva le sfumature proprie della realtà sociale.

Le ideologie, come le teologie, hanno una loro dogmatica, insieme più o meno organico di credenze e valori con una certa influenza sulla condotta di vita dei loro fedeli. Sia le ideologie che le teologie dipendono sostanzialmente dal ruolo che l'individuo svolge in un dato sistema di autorità secolare o divina. Una certa tradizione di pensiero politico vuole che le tre ideologie moderne del socialismo, del liberalismo e del conservatorismo siano generalmente trattate nei termini dell'individuo-Stato, ossia della legittima e auspicata relazione che viene a stabilirsi tra il singolo individuo e lo Stato. Una prospettiva più utile aggiungerebbe alla relazione individuo-Stato un terzo fattore, rappresentato dalla struttura dei gruppi e delle associazioni intermedie rispetto alle due entità polari.

Ovvero, alla tripartizione ideologica: socialismo, liberalismo, conservatorismo, si può far corrispondere la tripartizione sociale: Stato (comunità), individuo, entità intermedie.

I valori propri di una dogmatica conservatrice sono: tradizione, pregiudizio, gerarchia e proprietà. A questi si oppongono le figure della dogmatica sia liberale che socialista: progresso, ragione, uguaglianza e vita.

Storia e tradizione

Nella visione politica conservatrice si rivela di fondamentale importanza la funzione della storia come «esperienza». È sulla fede nell'esperienza e nel pensiero deduttivo in materia di relazioni umane che si fonda la fede conservatrice nella storia. Forse l'osservazione più famosa nelle Riflessioni di Burke è quella riguardante il rifiuto della fede illuministica nel contratto, inteso non meramente come il contratto sociale con cui Hobbes, Locke, Pufendorf e altri filosofi politici avevano legittimato lo Stato moderno, ma nel senso rivoluzionario con cui Rousseau ha utilizzato tale termine, e che è il presupposto costante della sovranità. La società è davvero un contratto, come egli scrisse, valido per tutto, per la scienza, per le arti, per ogni virtù e ogni perfezione, un contratto che non vincola solo i vivi, ma i vivi, i morti e coloro non ancora nati, perché ogni contratto che sta alla base di una particolare società altro non è che una clausola di quel contratto più grande che lega dalle origini e in eterno la società [7].

Pregiudizio e ragione

Uno degli attacchi più spietati di Burke alla Rivoluzione consiste nella significativa trattazione del pregiudizio:

In questo secolo illuminato io non esito a confessare che noi inglesi siamo generalmente uomini legati ai sentimenti più naturali, uomini che invece di disfarsi di tutti i vecchi pregiudizi preferiscono coltivarli e persino, a nostra maggiore vergogna, aggiungerò che li coltiviamo proprio in quanto pregiudizi, tanto più cari quanto più lunga e più remota ne è stata l'esistenza 21.

Il pregiudizio è, per Burke, un modo di conoscere, concepire e sentire contrastante nettamente con i modi di pensare, affermatisi durante l'Illuminismo francese e, ancor di più, durante la Rivoluzione, che premiano la pura ragione con lo stesso metodo deduttivo della geometria e che danno luce alla verità individuale contro di ciò che è iscritto nella tradizione e nell'esperienza. I rivoluzionari arrivarono a dichiarare che una cosa «contro natura e contraria alla ragione» dovesse essere bandita per sempre dalla politica. Ma - ribatté Burke sull'esempio di Gian Battista Vico, che ne parlò un secolo prima - il modo geometrico di ragionare è tra quelli più limitanti nelle attività degli uomini. Per alimentarsi e crescere, gli esseri umani hanno bisogno di altri ragionamenti, sentimenti, emozioni e lunghe esperienze di vita, oltre che della logica pura. Il pregiudizio ha una sua saggezza, che precede l'intelletto. Il pregiudizio è di facile applicazione nei casi di estremo pericolo; immerge la mente in uno stabile fluire di ragione e virtù che condiziona immediatamente le risoluzioni umane, evitando all'individuo momenti di penosa indecisione e di irresolubile scetticismo [22].

Il pregiudizio è, per Burke, la personificazione, nella mente individuale, dell'autorità e della saggezza situate nella tradizione, esattamente il tipo di saggezza che ai teorici del diritto naturale e ai philosophes piaceva presentare come mera «superstizione».

Autorità e potere

Autorità e proprietà sono due concetti basilari della filosofia conservatrice.

La storia moderna, per Burke e altri conservatori, potrebbe essere letta come un inarrestabile declino della sintesi medievale-feudale di autorità e libertà. Nella legge medievale la libertà si identificava nel diritto di una corporazione alla sua autonomia reale. L'intero panorama della storia occidentale potrebbe essere visto come la disintegrazione di questa concezione corporativa della società in un'altra visione, tutta imperniata sulle masse di individui. Alla base della filosofia della storia di Tocqueville è l'importanza sempre crescente dell'individuo e dello Stato, entrambi banditi, nel Medioevo, per far posto a un nuovo tipo di legame sociale. L'autorità, nel Medioevo, si manifestava come una catena simile alla «catena degli esseri» che dominava nella teologia medievale. Libertà e autorità erano gli elementi imprescindibili di una catena di gruppi e associazioni che legava l'individuo alla famiglia, alla parrocchia, alla chiesa, allo Stato e infine a Dio. Questo senso di autorità come catena o gerarchia giocò un ruolo decisivo nella concezione conservatrice della società.

La visione di Burke dell'autorità statale è lucidamente evidenziata nella sua opera Pensieri sulla scarsità, scritta nel 1795 su commissione di William Pitt, l'allora primo ministro inglese. Pitt si era rivolto a Burke perché potesse consigliargli l'approccio che il governo avrebbe dovuto tenere nel caso di un cataclisma provocato da una forte carestia. Quale organizzazione di potere avrebbe dovuto prevalere? La risposta di Burke fu esaustiva. L'organizzazione sarebbe dovuta rimanere la stessa sia nelle situazioni di normalità che in quelle di eccezionalità:

Lo Stato deve limitarsi a ciò che riguarda lo Stato e le creazioni dello Stato, ossia l'assetto esteriore della sua religione, della sua magistratura, delle sue entrate, della sua forza militare per mare e per terra, le corporazioni che devono ai suoi decreti la loro esistenza; in una parola, a ogni cosa che è veramente e propriamente pubblica, alla pace pubblica, alla sicurezza pubblica, all'ordine pubblico, alla proprietà pubblica [36].

Ma non deve assolutamente preoccuparsi, rileva Burke, dei problemi e delle necessità della sfera privata degli individui. Da questa visione non si evince la benché minima differenza tra Burke e il suo amico Adam Smith. Infatti, in La ricchezza delle nazioni, Smith afferma che il governo può attuare legittimamente l'educazione, compiere altre azioni necessarie al benessere pubblico e non raccomandabili all'iniziativa privata [37]. Burke, però, tace su eventuali ampliamenti della responsabilità del governo nei confronti dei suoi cittadini. Malgrado l'opinione di alcuni conservatori, secondo cui quello di Burke era un percorso diverso da quello di Smith, non c'è alcuna sostanziale differenza tra i due pensatori in fatto di funzioni governative. Non a caso era immensa l'ammirazione di Burke sia per l'opera di Smith appena menzionata che per un precedente lavoro dello stesso autore, Teoria dei sentimenti morali, che Burke aveva recensito con un elogio quasi stravagante nel suo Registro annuale [38]

La struttura feudale-conservatrice dell'autorità politica risulta abbastanza solida anche nei Pensieri sulla scarsità. Qui, a proposito dei poteri del governo statale, Burke scrive:

Quando essi scendono dallo Stato a una provincia, da una provincia a un municipio, da un municipio a una casa privata, avanzano in caduta libera. Non possono giungere fino ad assolvere il compito più basso; e, proporzionalmente a quanto cercano di farlo, certamente mancheranno nel più alto. Dovrebbero conoscere i differenti ambiti delle cose; ciò che pertiene alle leggi e ciò che solo il costume può regolare. A queste cose i grandi politici possono dare un orientamento, non una legge [39].

Libertà e uguaglianza

Non c'è principio più importante, nella dottrina conservatrice, dell'assoluta inconciliabilità tra libertà e uguaglianza per via delle loro opposte finalità. Il fine ultimo della libertà è la protezione dell'individuo e della «proprietà familiare» nell'uso vasto che si fa di quest'ultima espressione e che include sia la vita materiale che quella immateriale. Il fine ultimo dell'uguaglianza è, invece, la redistribuzione dei beni materiali e immateriali di una comunità che vengono fruiti in modo non equo. Essendo le forze individuali della mente e del corpo naturalmente diverse, ogni tentativo di compensare, attraverso la legge e il governo, questa diversità può solo danneggiare le libertà dei soggetti coinvolti, specialmente di quelli più forti e brillanti. È questa, in sintesi, la posizione che gli autori conservatori, da Burke in avanti, hanno sempre e puntualmente assunto sul rapporto tra libertà e uguaglianza.

Proprietà e vita

«Per l'uomo civilizzato — scriveva Paul Elmer More [78] nel 1915 il diritto alla proprietà è più importante del diritto alla vita». Del resto proseguiva More — la vita è una cosa primitiva e il fondamento biologico di ogni valore è ciò che noi custodiamo con maggiore cura. Tutto ciò che ci rende più importanti delle bestie ha a che fare con la proprietà: dal cibo che con esse condividiamo ai prodotti più raffinati dell'immaginazione umana [79].

Queste parole, si badi, furono profferite come denuncia diretta nei confronti di John D. Rockefeller; ma non del ruolo avuto da Rockefeller nel cosiddetto massacro di Ludlow, in Colorado [80], dove i minatori vennero uccisi nella miniera di proprietà della famiglia Rockefeller in seguito al loro rifiuto di disperdersi su ordine della polizia; no, quell'episodio non c'entra. L'affermazione di More secondo la quale la proprietà è più vitale della stessa vita gli venne stimolata da ciò che egli stesso avvertiva come difesa esitante, incerta e ambigua delle azioni di Rockefeller a protezione della proprietà privata.

In una lettera del 1793 Burke scriveva:

Il disprezzo e la ribellione nei confronti della proprietà privata, in quanto principio stabile, e la relativa pretesa di vantaggi per lo Stato (il quale vive solo per la sua conservazione), portarono a tutti gli altri mali che rovinarono la Francia e spinsero l'intera Europa sull'orlo del baratro [81]

Qui Burke non considera che lo Stato esiste principalmente in funzione di garanzia della proprietà in generale.

Religione e moralità

Per quanto riguarda la religione non sembra che il conservatorismo vada al di là di un sostegno formale alla religione che rappresenta l'istituzione tradizionale di ciascun luogo.

Michael Oakeshott ha mirabilmente ridato forza alla concezione burkeana e conservatrice della relazione tra il governo e la moralità individuale, con queste parole:

Pertanto, governare è un'attività specifica e limitata l. Il governo non si occupa di persone concrete ma di attività, e se ne occupa soltanto in virtù della propensione che hanno a collidere l'un l'altra. Non si occupa di ciò che è giusto o sbagliato dal punto di vista morale, non è concepito per rendere gli uomini più buoni o migliori; non è indispensabile a causa della «naturale depravazione del genere umano», ma lo è, semplicemente, sulla base della loro propensione corrente ad essere stravaganti [135]

Conservatorismo compassionevole

Espressione nata negli Stati Uniti tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta del 20° sec. all’interno della riflessione sviluppatasi nel Partito repubblicano sui temi del welfare. Definita per la prima volta nel 1977 da un teorico della politica, Doug Wead, e adottata negli anni successivi per indicare il nuovo approccio del Partito alle questioni sociali, cercava di attenuare l’immagine di indifferenza ai problemi della povertà e della marginalità, da lungo tempo caratteristica del Partito repubblicano, senza rinunciare al suo tradizionale orientamento a favore del mondo degli affari e a un’opzione ideale fortemente individualista e antistatalista. Il c. c. ha assunto il carattere di una dottrina verso la fine degli anni Novanta con le opere di M. Olasky (Renewing american compassion: how compassion for the needy can turn ordinary citizens into heroes, 1996; The american leadership tradition: moral vision from Washington to Clinton, 1999) e con gli interventi di M. Magnet, i quali teorizzavano un approccio radicalmente liberista alla gestione del welfare, che doveva essere affidato in misura prevalente all’iniziativa dei singoli e a fornitori privati, in un sistema di contratti relativamente poco regolamentato e basato su logiche di mercato.

Marvin Olasky, autore di The Tragedy of American Compassion, è considerato l'inventore dell'espressione "conservatorismo compassionevole": come molti altri conservatori, egli considera immorali i programmi sociali, poiché danno alla gente cose che non si è guadagnata, rendendola dipendente dal governo e privandola della disciplina. La vera compassione, così afferma, è una forma severa di amore che eliminerebbe i programmi sociali governativi e obbligherebbe i poveri a uscire allo scoperto e a rimboccarsi le maniche. Solo la carità direttamente personale, che richiede di lavorare a coloro che possono farlo e che implica un deciso sostegno spirituale, ha qualche speranza di successo.

il conservatorismo compassionevole è un fenomeno linguistico

i programmi sono come i gironi infernali, quando non corrispondi alle aspettative sei espulso dal programma. Ma c'è sempre un programma "privato" disponibile nel girone sottostante. Si formano le caste, fino agli intoccabili

[passo notevole, esemplificativo della soggiacente morale sadomasochista che è in atto in questi programmi]

Le regole severe sono il terzo segreto del successo di Interfaith. Le donne non possono ricevere visite maschili. Quelle sospettate di far uso di droghe sono sottoposte ad esami e se risultano positive sono estromesse dal programma. Lo staff fa controlli casuali [quindi su tutti] e chiunque risulti positiva è fuori. Le residenti debbono faticare sodo per ottenere un lavoro e per mantenerlo. Chiunque per due giorni consecutivi non cerca lavoro esce dal programma. [Olasky, p. 38]

MP

Bibliografia

Romain Huret
- La fin de l'État providence?, Vingtième Siècle. Revue d'histoire, 2008:1 (n° 97) cairn.info
Karl Mannheim
- Morfologia del pensiero conservatore, sta in Carlo Mongardini, Maria Luisa Maniscalco (a cura di), Il pensiero conservatore: interpretazioni, giustificazioni e critiche, Franco Angeli, 1999, pp. 127-156
- Conservatorismo: nascita e sviluppo del pensiero conservatore, tr. Gianluca Sadun Bordoni, Laterza, 1989
Robert Nisbet
- Conservatorismo: sogno e realtà, a cura di Spartaco Pupo, Rubettino Editore, Soveria Mannelli, 2012
Marvin Olasky
- Conservatorismo compassionevole, tr. Lorenzo Guietti, Rubettino, Soveria Mannelli, 2005
- Compassionate conservatorism: What it Is, What it Does, and How it Can Transform America, The Free Press, a Division of Simon & Schuster Inc. 2000