La moglie di Cesare

Fault Lines: How Hidden Fractures Still Threaten the World Economy di Raghuram G. Rajan si presenta, ad una prima lettura, come un libro sui punti di crisi del capitalismo finanziario, che l'autore denomina con un termine tettonico: linee di faglia. Ma è solo un'apparenza. Il filo rosso che attraversa e collega fra loro tutte le pagine del libro è l'influenza della politica sul mercato (e del mercato sulla politica) e le distorsioni del mercato che da questa influenza provengono.

una delle mie principali preoccupazioni nel libro scaturiva dalle distorsioni che nascono quando i governi vogliono spingere i mercati e i prezzi dei mercati in particolari direzioni.

Inizierò, quindi, da una citazione, che esemplifica bene ciò che l'autore intende dire.

Quando un dipendente del Tesoro degli Stati Uniti passa direttamente dalla gestione del più grande fondo di salvataggio della storia a lavorare per l'impresa che gestisce il più grande fondo obbligazionario del mondo, e quando un altro dipendente del Tesoro passa direttamente dall'organizzazione salvataggi nel settore finanziario a gestire una delle banche che ha bisogno di essere salvata, la fiducia publica viene messa a dura prova. Non importa quanto onorevoli siano le intenzioni degli individui in questione (e non ho dubbi che lo siano) o quanto attento il nuovo dipendente sarà a evitare conflitti di interesse: l'affare, per dirla con eleganza, puzza. [..] In tempi normali la porta girevole tra il settore privato e l'esecutivo ha consentito ai governi del mondo di attirare incredibili talenti, sottopagandoli abbondantemente. E, in tempi normali, i conflitti di interesse delle porte girevoli sono contenuti. Nei periodi di flessione, però, possono diventare enormi: le casse del governo sono completamente aperte e bastano un segno di biro o una chiavetta per spedire miliardi di dollari di denaro publico in una direzione o in un'altra. Le regole che governano le porte girevoli devono essere quindi riesaminate.

Le conclusioni di tutto il libro mi sembra possano essere riassunte in questa frase che mi sembra assolutamente degna di nota: le regole che governano le porte girevoli devono essere riesaminate.

Voi mi direte: Cosa c'entrano le porte girevoli con la crisi dei subprime? C'entrano, è questa la tesi di Rajan, e ve lo dimostro seppure molto brevemente.

Capitol ⁓ Wall Street

Tutto ha inizio negli Stati Uniti con il progressivo aumento della disuguaglianza sociale, che nessuna democrazia elettiva può sopportare a lungo senza pericoli.

La risposta politica al crescere della disuguaglianza [..] ha puntato ad espandere il credito alle famiglie, specialmente a quelle a reddito basso. [..] il credito facile è stato usato come palliativo da governi incapaci di affrontare direttamente le ansie più profonde della classe media. [..] Ma, quando il denaro facile, elargito da un governo di manica larga, viene a contatto con le ragioni del profitto di un settore finanziario sofisticato, competitivo e amorale, il risultato è che si crea una profonda linea di faglia.

Sia Clinton che Bush avevano ragione a preoccuparsi che la crescita stesse lasciando indietro ampi segmenti della popolazione e la loro soluzione - estendere la proprietà delle abitazioni - era un obiettivo ragionevole nel breve termine. Ma il problema, con l'uso del potere governativo, è raramente questione di intenzioni; è piuttosto che il divario tra l'intenzione e il risultato è spesso grande, di solito perché le organizzazioni e le persone impiegate dal governo per raggiungere i suoi propositi non li condividono.

I governi democratici non sono programmati per pensare ad azioni che abbiano costi a breve termine ma benefici nel lungo periodo, il modello tipico di qualsiasi investimento.

La finanza per parte sua ha sottostimato il rischio, supponendo che il rischio di coda sarebbe stato assunto in ultima istanza dagli enti publici e quindi dal contribuente.

Il problema dell'assunzione del rischio di coda è particolarmente grave nel sistema finanziario moderno, dove i banchieri stabiliscono una terribile pressione a produrre risultati adeguati ai rischi.

Il principio fondamentale della moderna dottrina finanziaria è che gli investitori sono per natura avversi al rischio, pertanto, in cambio di un'assunzione maggiore di rischi richiedono rendimenti più elevati.

Che cosa deve fare un comune operatore finanziario per raggiungere risultati migliori della media? la risposta è assumersi un rischio di coda, ovvero di un evento che ha buone probabilità di non verificarsi ma è molto rischioso. Se ha fortuna la sua performance sarà migliore della media se è sfortunato fallirà. Se però il governo, l'autorità publica lascia intendere di assumersi alcuni rischi che dovrebbero essere in capo agli investitori privati ecco che il mercato è falsato.

È difficile sostenere che i detentori di debito non si rendessero conto dei rischi, soprattutto quando i mercati dei contratti a premi (equity option) iniziarono a segnalare una possibile insorgenza di problemi. La spiegazione più ovvia di quell'esposizione al rischio continuata è che i detentori del debito non pensassero di dover affrontare le perdite perché il governo sarebbe intervenuto.

E di fatto il governo degli Stati Uniti intervenne.

In sostanza il problema è stato che gli attori publici e privati hanno agito ciascuno perseguendo fini propri, senza altro coordinamento fra loro che non fosse il proprio particolare interesse: il denaro.

Un fattore potrebbe ridurre le possibilità di avverarsi della possibilità che i governi intervengano più direttamente sui mercati, è che la recente crisi sembra aver screditato il governo tanto quanto ha screditato il settore finanziario. Durante la Grande depressione la situazione era diversa [..] allora i banchieri furono apertamente puniti. Leggi come il Glass-Steagall Act tarparono loro le ali e molti subirono perdite personali al crollo delle rispettive banche, o quando le inchieste li esposero allo scherno del publico se non del carcere.
Oggi al contrario, ampi settori del publico osservano come le grandi banche e i grandi governi continuino a essere gestiti dalla stessa élite che ha portato il Paese alla crisi attraverso politiche incaute, per poi spendere il denaro publico e salvare gli istituti in un modo o nell'altro. Così mentre i banchieri sono ritornati a ricevere enormi bonus, il contribuente è lasciato a saldare il conto del collasso economico. Molti cittadini, inoltre, sono senza lavoro, o corrono il rischio di essere sfrattati dalle loro case. Che nessun banchiere sia finito in carcere, nonostante abbia provocato tanta sofferenza; che ora le grandi banche detengano quote del settore finanziario ancora più grandi, dopo aver beneficiato di un salvataggio governativo; e che gli sforzi di vincolarle, come la legge Dodd-Frank, siano stati ridotti dalle lobby all'ombra di se stessi sono tutti fattori che suggeriscono l'esistenza di un sistema capitalistico clientelare dove l'élite, che sieda al governo o nelle grandi imprese del settore privato, fa i suoi interessi.

La conclusione, seppure provvisoria, del ragionamento proposto da Rajan può essere questa: Se si vuole salvare il capitalismo, l'onestà del governo, così come l'onestà della moglie di Cesare, deve essere al di sopra di ogni sospetto e non deve poter essere messa in dubbio da nessuna opinione publica. Ne segue che:

il settore finanziario ha bisogno di sapere che dovrà sostenere le piene conseguenze delle sue azioni, il che significa che sarà il settore finanziario, e non il contribuente, a sostenere le perdite che genererà.

Ma non illudiamoci troppo...

MP

Bibliografia

Raghuram Govind Rajan
- Terremoti finanziari. Come le fratture nascoste minacciano l'economia globale, tr. Maria Lorenza Chiesara, Einaudi, Torino, 2012