Il wikistato e la tecnologia sociale

Paul Mason
Postcapitalismo. Una guida al nostro futuro
il Saggiatore, 2015

Libro interessante nonostante la parte progettuale rimanga debole, sebbene molto fantasiosa.

molte persone non riscono a cogliere il significato autentico della parola «austerità». Austerità non vuol dire sette anni di tagli alla spesa, come in Gran Bretagna, e nemmeno la catastrofe sociale inflitta alla Grecia. Tidjane Thiam, l'amministratore delegato della Prudential, ha esposto chiaramente il vero significato della parola austerità al forum di Davos del 2012. I sindacati sono il «nemico dei giovani», ha detto, e il salario minimo è «una macchina per distruggere posti di lavoro». I diritti dei lavoratori e salari decorosi sono d'ostacolo al rilancio del capitalismo e — dice senza imbarazzo questo finanziere milionario — devono sparire. [4]

È questo il vero progetto dell'austerità: spingere i salari e il tenore di vita dell'Occidente verso il basso per decenni, finché non arriveranno a coincidere con quelli in ascesa dei ceti medi di Cina e India.

O viceversa...


Quando nel 2008 il sistema finanziario globale colò a picco, ci volle poco per scoprire la causa immediata: i debiti nascosti dentro prodotti finanziari dai prezzi distorti, noti come veicoli di investimento strutturati (structured investment vehicles, Siv); la rete di società offshore non regolamentate, nota come «sistema bancario ombra» [2]


Non esiste linea divisoria più netta, nella storia economica, del 17 ottobre 1973. Mentre i loro eserciti erano in guerra contro Israele, la maggioranza dei paesi arabi esportatori di petrolio impose un embargo petrolifero agli Stati Uniti e tagliò la produzione. Il prezzo del greggio quadruplicò, e lo shock che ne seguì spinse in recessione le economie più importanti. Il Pil americano registrò una contrazione del 6,5 per cento fra il gennaio del 1974 e il marzo del 1975, [23] quello britannico del 3,4 per cento. Perfino il Giappone, che dalla fine della guerra aveva viaggiato a tassi di crescita medi di quasi 10 per cento, subì per breve tempo una contrazione della crescita. [24] La peculiarità della crisi fu che nei paesi più colpiti il calo della crescita coincise con un'inflazione elevata: nel 1975, l'aumento dei prezzi toccò il 20 per cento in Gran Bretagna e l'11 negli Stati Uniti. La parola «stagflazione» divenne d'uso corrente. Era evidente anche all'epoca, però, che lo shock petrolifero fosse stato soltanto la miccia.


Shakespeare contro Marx

Se potessimo vedere i drammi storici di Shakespeare in sequenza, iniziando dal Re Giovanni e finendo con l'Enrico VIII, la prima impressione sarebbe quella di una serie drammatica di Netflix senza una vera e propria trama: omicidi, guerre e disordini, tutto nell'ambito di una contesa, apparentemente senza senso, fra re e duchi. Ma una volta capito che cos'è un «modo di produzione», tutto comincia ad acquisire un senso: stiamo assistendo al collasso del feudalesimo e alla comparsa del primo capitalismo.

Il modo di produzione è uno dei concetti più brillanti dell'economia marxista. Ha influenzato moltissimi storici e ha informato la nostra visione del passato. La domanda da cui muove è questa: su che cosa si basa il sistema economico dominante?

Il feudalesimo era un sistema fondato sui doveri: i contadini dovevano cedere parte del loro raccolto al proprietario terriero e svolgere il servizio militare per lui; a sua volta, il proprietario terriero doveva pagare le tasse al re e fornire, su sua richiesta, un esercito. Nell'Inghilterra dei drammi storici shakespeariani, però, la principale molla di quel sistema si era bloccata. Al tempo in cui il vero Riccardo III massacrava i suoi rivali, la rete di potere basata sui doveri era stata inquinata dal denaro: le rendite si pagavano in denaro, l'esenzione dal servizio militare si pagava in denaro, le guerre si combattevano con l'aiuto di una rete internazionale di banche che si estendeva da Firenze ad Amsterdam. I re e i duchi di Shakespeare si ammazzavano a vicenda perché il denaro aveva reso precario tutto il sistema di potere basato sui doveri.

Shakespeare riuscì a cogliere l'essenza di tutto ciò ben prima che le parole «feudalesimo» e «capitalismo» fossero inventate. La differenza sostanziale fra i suoi drammi storici e le sue commedie e tragedie è che queste ultime dipingono la società in cui viveva il suo pubblico, ci catapultano in un mondo di banchieri, mercanti, imprese, soldati mercenari e repubbliche. Il tipico scenario di queste opere è una ricca città mercantile, non un castello. Il tipico protagonista è un borghese che si è fatto da solo, grazie al suo coraggio (Otello), alla filosofia umanistica (Prospero) o alla conoscenza della legge (Porzia nel Mercante di Venezia).

Shakespeare non aveva la più pallida idea di dove ci avrebbe condotti tutto ciò. Ma si accorgeva dell'effetto di questo nuovo tipo di economia sul carattere degli uomini: ci rendeva più forti grazie al sapere, ma ci lasciava in preda all'avidità, alle passioni, all'insicurezza e al potere della follia come mai prima di allora. Ci sarebbe voluto un altro secolo e mezzo prima che il capitalismo mercantile, basato su commercio, conquiste e schiavitù, spianasse la strada al capitalismo industriale.

Se interrogate Shakespeare attraverso i suoi testi, e gli chiedete: «Quali sono le differenze tra il passato e la tua epoca?», la risposta implicita sarebbe: «Le idee e i comportamenti». Gli esseri umani si attribuiscono reciprocamente più valore, l'amore è più importante dei doveri familiari e vale la pena di morire per valori come la verità, il rigore scientifico e la giustizia molto più che per la gerarchia e per l'onore.

Shakespeare è un testimone eccellente della fase in cui un modo di produzione comincia a vacillare e un altro inizia a emergere. Ma abbiamo bisogno anche di Marx. In una visione materialistica della storia, la differenza tra il feudalesimo e il primo capitalismo non si limita solo a idee e comportamenti. Le trasformazioni del sistema sociale ed economico sono fondamentali: e alla radice di queste trasformazioni ci sono le nuove tecnologie.

Per Marx, un modo di produzione descrive un insieme di relazioni economiche, leggi e tradizioni sociali che costituiscono la «normalità» di fondo di una società. Nel feudalesimo, i concetti di potere del nobile e dovere pervadevano ogni cosa. Nel capitalismo, le forze omologhe sono mercato, proprietà privata e salario. Per comprendere un modo di produzione, un'altra domanda illuminante è: «Che cosa si riproduce in maniera spontanea?». Nel feudalesimo erano le nozioni di fedeltà e dovere; nel capitalismo, il mercato.

Ed è qui che il concetto di modo di produzione diventa impegnativo: i cambiamenti sono di portata tale che non possiamo mai comparare situazioni analoghe. Dunque, quando pensiamo al sistema economico che rimpiazzerà il capitalismo, non dobbiamo aspettarci che sarà incentrato su qualcosa di puramente economico come il mercato, e nemmeno su qualcosa di chiaramente coercitivo come il potere feudale.


L'elemento che sta erodendo il capitalismo, a malapena razionalizzato dal pensiero economico dominante, è l'informazione. Le tecnologie informatiche, con le loro ripercussioni su tutte le altre forme di tecnologia, dalla genetica alla sanità, all'agricoltura, al cinema, sono l'equivalente della macchina da stampa e del metodo scientifico.

L'equivalente moderno della lunga stagnazione del tardo feudalesimo è lo stallo del quinto ciclo di Kondrat'ev, nel corso del quale, invece di eliminare rapidamente il lavoro attraverso l'automazione, siamo ridotti a creare «lavori del cazzo» mal retribuiti, e in cui molte economie sono in stagnazione.

MP

Bibliografia

Paul Mason
- Postcapitalismo. Una guida al nostro futuro, tr. Fabio Galimberti, il Saggiatore, Milano, 2015
- La fine dell'età dell'ingordigia, Bruno Mondadori, Milano 2009