Commento all'articolo 3 della Costituzione italiana

L’articolo 3 della Costituzione italiana recita:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese

L'art. 3 stabilisce la contorta formulazione che il Costituente italiano nel 1947 ha ritenuto dare del principio di uguaglianza sancito nell'articolo primo della Déclaration des droits de l’homme et du citoyen del 1789:

Les hommes naissent et demeurent libres et égaux en droits. Les distinctions sociales ne peuvent être fondées que sur l’utilité commune.

che ha un chiaro antecedente nella Dichiarazione di Indipendenza Americana del 1776

We hold these Truths to be self-evident, that all Men are created equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these are Life, Liberty, and the pursuit of Happiness

La documentazione dei lavori dell'Assemblea Costituente - sempre interessante nel mostrare la genesi della legislazione nel suo farsi concreto - è disponibile sul sito nascitacostituzione.it di Fabrizio Calzaretti. [consultato il 27 giugno 2013]

Da un punto di vista formale sembra che l'interpretazione dell'art. 3 della Costituzione italiana data in questi anni dalla Corte Costituzionale sia stata corretta e coerente.

[l'eguaglianza] è principio generale che condiziona tutto l'ordinamento nella sua obbiettiva struttura
[l'eguaglianza] è canone di coerenza [..] nelle norme di diritto
il principio di eguaglianza è violato anche quando la legge, senza un ragionevole motivo, faccia un trattamento diverso ai cittadini che si trovino in eguali situazioni
l'art. 3 Cost. vieta disparità di trattamento di situazioni simili e discriminazioni irragionevoli
[il principio risulta violato] quando di fronte a situazioni obbiettivamente omogenee, si ha una disciplina giuridica differenziata determinando discriminazioni arbitrarie ed ingiustificate
la valutazione della rilevanza delle diversità di situazioni in cui si trovano i soggetti dei rapporti da regolare non può non essere riservata alla discrezionalità del legislatore
si ha violazione dell'art. 3 della Costituzione quando situazioni sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso, mentre non si manifesta tale constrasto quando alla diversità di disciplina corrispondano situazioni non sostanzialmente identiche
il principio di eguaglianza comporta che a una categoria di persone, definita secondo caratteristiche identiche o ragionevolmente omogenee in relazione al fine obiettivo a cui è indirizzata la disciplina normativa considerata, deve essere imputato un trattamento giuridico identico od omogeneo, ragionevomente commisurato alle caratteristiche essenziali in ragione delle quali è stata definita quella determinata categoria di persone.
l'adozione di un trattamento giuridico uniforme può essere causa di una discriminazione indiretta

Si deve comunque rilevare che, in senso generale, l'art 3 della Costituzione italiana pone dei problemi interpretativi per la poca chiarezza dei termini utilizzati e per la difficoltà di stabilire concretamente il concetto di uguaglianza che in esso viene affermato.

La reciprocità tra legge ed uguaglianza implicherebbe che alla legge, e quindi al legislatore, non sia consentito determinare discriminazioni fra i cittadini e se ciò accade la legge debba ritenersi nulla e inapplicabile.

Non sempre, però, la presenza di una discriminazione si mostra chiaramente nella, sovente complessa e bizantina, formulazione delle leggi italiane.

Si possono fare molti esempi di leggi che non tengono in alcun conto l'art. 3 della Costituzione e il fondamentale principio di uguaglianza dei cittadini a cui esso rimanda.

Un esempio molto banale è rappresentato dai bonus fiscali che hanno il fine di incentivale le ristrutturazioni edilizie, l'acquisto di automobili, di elettrodomestici o altro. Tutte queste leggi violano il principio di uguaglianza e quindi l'art. 3 della Costituzione italiana favorendo una categoria di cittadini, quella che paradossalmente ha più disponibilità economica, contravvenendo anche al principio redistributivo.

Altro esempio. Il principio che stabilisce uguale sanzione amministrativa per uguale infrazione ha nel caso di sanzioni esclusivamente pecuniarie un diverso valore. Nel caso più usuale si considera l'uguaglianza dell'infrazione. Stessa infrazione identica sanzione. Ma in questo modo si viola il principio di uguaglianza della pena, poiché la pena irrogata non corrisponde ad uguale sacrificio, nel caso di due persone con redditi diversi è evidente che la stessa sanzione pecuniaria avrà un diverso significato a seconda del reddito. La sanzione pecuniaria per avere uguale peso dovrebbe essere commisurata alla ricchezza personale posseduta dal trasgressore: come avviene in paesi a democrazia più evoluta come Svizzera e Finlandia.

Un terzo esempio. Nel calcolo delle pensioni oggi basate per legge sui redditi degli ultimi anni di lavoro si ha un ingiustificato vantaggio per alcune categorie di lavoratori. Se il contratto previdenziale fosse stabilito liberamente tra privati senza la coercizione della legge nulla osta che vi siano differenze di trattamento dovute al mercato. Ma, quando è lo Stato ad imporre il contratto nei termini di una legge questa non può essere discriminatoria. Ne segue che il calcolo delle pensioni non può favorire alcune categorie di lavoratori, le più fortunate, senza un motivo ragionevole.

segue...

MP

Bibliografia

Mariagrazia Militello
- [2010] Principio di uguaglianza e di non discriminazione tra Costituzione italiana e Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (artt. 3 Cost.; art. 20 e art. 21 Carta di Nizza), Università degli Studi di Catania Facoltà di Giurisprudenza, WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona” .INT - 77/2010