Agenzie politiche

Sussidiarietà e diritto di secessione

Testo allo stato fluido

Le recenti prese di posizione del cardinale Bagnasco sulla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo in merito alla legge sulla fecondazione assistita (L. 40/ ) su cui si è anche tenuto un referendum invalidato in modo truffaldino ricorrendo all'invito al non voto, riprongono la questione della legittimità dell'ingerenza dei gruppi di pressione sul legislatore, sul governo e sui partiti politici e la tutela dei diritti delle minoranze.

Lo Stato contemporaneo appare sempre meno in grado di offrire una gestione efficente delle differenze di interessi dei gruppi di cittadini. La tutela degli individui e delle minoranze viene continuamente messa in discussione. In questa situazione si pone l'esigenza di cercare una alternativa istituzionale, che consenta una diversa formulazione del ruolo dello Stato come mediatore tra i gruppi di cittadini.

Robert Nozick ha paragonato lo Stato ad una agenzia di servizi, postulando l'esigenza che questa agenzia, che agisce in regime monopolisitico, riduca al minimo le sue competenze. È una ipotesi che va in direzione opposta alla realtà di fatto. Possiamo però supporre, applicando estesamente il principio di sussidiarietà, che tutte le competenze dello Stato siano cedute ad agenzie private che agiscono in regime di concorrenza di mercato ad eccezione della regolazione dei rapporti fra le agenzie stesse che rimarrebbe l'unica funzione dello Stato. In particolare qui mi riferisco alla funzione strettamente politica, cioè alla formazione di agenzie politiche (possiamo chiamarle così) che offrano servizi politici ai cittadini, in competizione fra loro.

Mi spiego. Oggi la politica ha un costo assai elevato, dovuto al modo in cui agisce la struttura stessa della funzione politica. È una questione strutturale, e non di singoli comportamenti degli uomini politici, se i partiti, dall'estrema sinistra all'estrema destra, si comportano in modo clientelare facendo ricadere sulla collettività i costi delle loro clientele. Mi riferisco ad esempio del clero cattolico, che per la sua posizione esercita un potere di ricatto politico ed economico sulle formazioni politiche chiamate a gestire lo Stato. In questa situazione la moralizzazione del comportamento individuale è inutile, oltre che improbabile, perchè non dipendono dal singolo deputato le modalità di funzionamento della politica.

L'idea su cui vi invito a riflettere insieme a me è questa. Se all'interno di uno Stato, una Nazione, possano coesistere gruppi di cittadini con legislazioni diverse, applicabili solo ai cittadini membri dei gruppi. Mi riferisco alla legislazione fiscale, alla legislazione influenzata da appartenenze ideologiche o religiose, alla legislazione penale etc. Non è necessario che la legge sia uguale per tutti, è necessario che la legge sia scelta liberamente dai cittadini ai quali si applica. Solo nel caso in cui vi sia un contatto tra cittadini a cui si applicano leggi diverse, come accade oggi fra i vari Stati per i cittadini che commettono reati in altre Nazioni, si pone una esigenza di mediazione. Si tratta come è facile immaginare di una mediazione che è compito delle diverse agenzie politiche.

Se i compiti di legislazione sono affidati ad agenzie politiche, che possono offrire leggi più consone alle proprie scelte ideali o ideologiche od anche solo agli interessi materiali delle persone, allo Stato non rimarrà che la gestione dei rapporti tra le agenzie limitatamente ai casi in cui le stesse agenzie non abbiano trovato autonomamente un accordo contrattuale fra loro. In questo caso l'autorità dello Stato, la sua forza, sarà la condizione per il mantenimento della pace.

Facciamo ora alcune ipotesi a modo di esempio.

Le agenzie politiche agendo in una situazione di mercato concorrenziale possono differenziare l'offerta. Una agenzia potrà offrire un sistema legislativo che prevede la pena di morte per i propri aderenti qualora commettano determinati reati ed un'altra una pena più mite. Viceversa potrà offrire la depenalizzazione della droga o un sistema di welfare o di imposizione fiscale invece che un altro. Quello che farà da bilancia sarà oltre alle scelte ideologiche personali il costo dei servizi offerti dall'agenzia.

Il costo di mantenimento delle agenzie politiche verrà sostenuto dai soli aderenti a quella singola agenzia. La decisione circa la scelta dell'agenzia politica a cui affidarsi sarà in funzione del suo costo e dei benefici che ci si attende dal tipo di legislazione prescelto.

La presenza contemporanea di legislazioni diverse tenderà a limitare, pur non impedendoli, i rapporti fra persone appartenenti a gruppi diversi.

Sul diritto a costituire entità indipendenti

Come è noto nel Medioevo sotto la spinta delle esigenze di trasformazione dei rapporti commerciali alcune città italiane si affrancarono dal controllo imperiale. Oggi, similmente, con l'avvento della globalizzazione, si assiste ad una disgregazione dell'entità statale. Gli stati nazionali in Europa non sono più in grado di svolgere la loro funzione e d'altra parte la Comunità Europea non è stata capace di sostituirsi agli Stati nazionali, sebbene nello stesso tempo ne abbia minato il ruolo e l'autorità. In questa situazione si è ripresentata e si ripresenta l'esigenza di nuovi corpi sociali intermedi che si sostituiscano nelle funzioni che non sono più svolte dallo Stato. Si presenta anche un'altra esigenza; gruppi di cittadini - minoranze che non sono tutelate - possano costituirsi in entità autonome distaccandosi dal controllo della maggioranza che governa lo Stato. Non è quindi un'eresia pensare che si vengano a costituire in uno Stato delle enclave in cui le minoranze ideologiche possano sottrarsi al governo delle maggioranze che non consentono un equo sviluppo della società nel suo complesso. Il prossimo obiettivo politico diventa quindi quello di riconoscere il diritto alla separatezza e di consentire il formarsi di entità autogovernate di persone che scelgano le proprie leggi.

Considerazioni aggiuntive

Nella maggior parte delle democrazie occidentali esiste il problema delle minoranze. Il principio maggioritario porta in sé la tentazione di considerare necessariamente buono ciò che viene deciso da una qualche forma di maggioranza più o meno validamente espressa. Nulla però giustifica questa affermazione. Si tratta di una soluzione di ripiego determinata dalla mancata volontà di applicare principi che garantiscano una maggiore efficienza democratica.

Se la classe politica italiana che ha governato per 60 anni non è in grado di garantire i diritti delle minoranze, se attraverso l'uso del principio maggioritario ha costruito un sistema autoreferenziale, che determina privilegi ed iniquità, se non è possibile attraverso il normale confronto democratico ristabilire le condizioni minime di diritto e di uguaglianza, che fare?

C'è una sola soluzione, quella di disdettare il contratto che ci lega ad essa. Ciascuno vada per la sua strada. Chi vuole questo sistema politico, questa giustizia, questi privilegi di casta e di religione, non può costringere chi vuole un altro sistema politico, un'altra giustizia, per il solo fatto che ha la maggioranza. Poiché alle minoranze non è più possibile attraversare l'oceano e fondare un nuovo paese con nuove leggi, occorre trovare degli strumenti che consentano alle minoranze, pur restando nello stesso paese, di potersi governare da sé, di non essere costrette con la forza a mantenere le caste politiche, economiche e religiose. In pratica che sia reso possibile un mercato concorrenziale delle agenzie politiche all'interno di ciascun paese, così come oggi accade per le nazioni. Considerando il mondo come una unità, se è riconosciuto a ciascuna nazione il diritto di governarsi autonomamente perché, considerando la nazione come una unità, non deve essere riconosciuto lo stesso diritto alle minoranze all'interno di ciascuna nazione?

Il problema è simile a quello che si è posto nel medioevo europeo fra autorità imperiale e città commerciali. Alla suddivisione territoriale può subentrare una suddivisione ideologica all'interno di uno stesso territorio.

Se al raggiungimento della maggiore età fosse possibile scegliere liberamente se aderire alle leggi delibrate dal Parlamento esistente o aderire alle leggi deliberate da un nuovo Parlamento, si avrebbe la possibilità di scegliere fra due sistemi legislativi (con tutto quel che ne consegue) che mantengono la loro validità su tutto il territorio della nazione (o su porzioni di territorio più estese delle nazioni). Ciascun individuo sarebbe soggetto al sistema di leggi che ha scelto e solo a quello.

Ovviamente rimane il problema dei rapporti e del coordinamento fra i vari sistemi giuridici. Ma non è un problema diverso da quello che le leggi sono chiamate a risolvere oggi nei rapporti fra gli individui, gli enti, gli Stati, etc..

Ad esempio, se l'obiezione maggiore alla pena di morte è che nessuno la sceglierebbe per sé, ne segue che se qualcuno sceglie la pena di morte per un altro deve accettarla anche per sé. Questo è il ragionamento che porta a considerare l'omicidio volontario come una esplicita accettazione della pena di morte per sé stessi. Quindi potrei scegliere un sistema di leggi nel quale il mio assassino sappia che nell'uccidermi ha accettato la pena di morte per sé stesso. Viceversa potrei scegliere un sistema di leggi nel quale il mio assassino venga rimesso in libertà dopo un certo numero di anni di detenzione o un sistema in cui venga sottoposto indefinitamente ad un controllo sociale. Come si è detto sopra, rimarrebbe il problema di determinare a quale sistema di leggi sia soggetto l'omicida che ha scelto un sistema che non prevede la pena di morte per l'omicidio che uccida una persona che ha scelto un sistema che preveda la pena di morte per l'omicidio.

Il passaggio non può che avvenire attraverso l'elaborazione di norme private che vadano gradualmente a sostituire le norme esistenti in tutti i casi in cui questo si riveli vantaggioso.

Una decisione presa a maggioranza è corretta solo quando non costringe la minoranza a un fare, ma le consente di astenersi dal fare. Ad esempio non sarebbe corretta una decisione presa a maggioranza che imponesse di sposarsi o di non sposarsi, di divorziare o di non divorziare.

L'attuale struttura sociale presume l'originaria divisione in comunità e il controllo di queste sugli individui. Le comunità originarie si sono evolute sino formare unità statali composte di gruppi e comunità, diversi per tradizioni e ideologie. Allo Stato vengono via via riservate le funzioni che erano prima attribuite alle comunità, compreso il monopolio della violenza. Ma nello Stato democratico non tutti i gruppi e le comunità che lo compongono hanno lo stesso grado di libertà e di potere decisionale. Il principio di maggioranza costituisce un alibi per il mantenimento di un sistema di discriminazione.

Per ovviare a questi inconvenienti si può ipotizzare una estensione del principio di tolleranza - adottato a partire del XVII secolo per le religioni - ad altri ambiti includendo nell'ambito del principio di tolleranza lo stesso sistema legislativo. Questo significa privare lo Stato della funzione di unico legislatore, lasciando ad esso l'unica funzione di garante del principio di tolleranza fra i diversi sistemi legislativi presenti all'interno dello stesso Stato. Si potranno avere anche sistemi legislativi uguali in territori statali diversi.

MP

Nella formazione del diritto il punto di partenza è quello dove risiede l'autorità. Qui le opinioni possono divergere, ma è indubitabile che sia il soggetto concreto a stabilire quale sia la fonte dell'autorità, sia nel caso in cui esso venga posta nello stesso soggetto sia nel caso in cui sia stabilita fuori di esso. Questa, come è noto, è la prospettiva della teoria kantiana della conoscenza. Qui verrà preso in considerazione solo il caso in cui la sovranità, sia fondata nell'individuo. La ragione ultima che ci conduce a considerare solo questa posizione risiede nella sua novità.

Un individuo deve avere la possibilità di optare per le leggi cui intende conformarsi. Un individuo deve poter esercitare il diritto di secedere personalmente dallo Stato.
La secessione personale esprime niente meno che la propria libertà individuale di scegliere quello Stato (o al limite nessuno Stato) che più ci aggrada, da soli o in associazione con altre persone.

Lo Stato nazionale è uno strumento per creare e far applicare regole di convivenza fra gli individui, ma lo Stato non è l'unica forma possibile per ottenere questo. è possibile immaginare delle agenzie multinazionali che assumano su di se molti dei compiti che oggi sono tradizionalmente affidati agli Stati. Allo Stato o ad una agenzia di secondo livello potrà essere demandato il compito di regolare i rapporti fra le agenzie.

Alcuni autori hanno espresso il timore che il sistema democratico dove si esprime il voto per testa potesse dare alla maggioranza dei poveri un potere sulla minoranza dei ricchi. Ciò non è mai accaduto. La maggioranza che esprime il potere nelle democrazie è sempre borghese.

La secessione del singolo individuo dallo Stato è tecnicamente improponibile finché lo Stato rimane l'unico interlocutore degli individui fra loro separati. Nulla vieta, però, che i singoli individui diano origine a delle aggregazioni che per via contrattuale assumano su di sé (sussidiariamente) compiti di regolazione in precedenza detenuti dallo Stato e si pongano quindi come interlocutori unici dello Stato su alcune materie. Questa è la posizione teorizzata dalla Chiesa cattolica a partire dalla fine del XIX secolo.

Seguendo questa via è possibile immaginare un progressivo ampliamento delle competenze di queste agenzie ed una altrettanto progressiva limitazione delle competenze degli Stati. Si più anche immaginare che queste agenzie rappresentative siano sovrannazionali e possano intervenire in più Stati con le stesse regole, sulla base della semplice adesione dei singoli individui. Si avrà così ad esempio un sistema legislativo, un sistema di governo, un sistema giudiziario, etc. diverso per ogni agenzia, ma unico in tutti gli Stati per ogni gruppo di individui che aderiscono a quella agenzia. Si avrà come conseguenza una concorrenza fra le varie agenzie nell'attrarre le adesioni dei singoli individui.

Bibliografia

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